C'è solo una cosa peggiore di un arbitro brasiliano che accoltella un giocatore in campo e viene squartato dalla folla inferocita. Si tratta del perbenismo ipocrita della gente che a novemila chilometri di distanza viene a conoscenza della notizia e imbracciando la tastiera mitraglia sentenze.
C’è solo una cosa peggiore di un arbitro brasiliano che accoltella un giocatore in campo e viene squartato dalla folla inferocita. Si tratta del perbenismo ipocrita della gente che a novemila chilometri di distanza viene a conoscenza della notizia e imbracciando la tastiera mitraglia sentenze contro i “selvaggi”.
La specie del Sentenziante Domenicale non è certo in via d’estinzione. Al contrario, il web sta favorendo lo sviluppo esponenziale di questi esemplari, che una volta vivevano confinati nelle riserve naturali dei Bar Sport. Adesso l’areale dei sentenzianti è costituito da social network, box a fondo pagina riservati a commentare le notizie divulgate dalle grandi testate giornalistiche e forum. Sono subito riconoscibili per gli attacchi gratuiti all’oggetto della loro filippica e per il linguaggio, che è classificabile tra lo sgrammaticato (k per ch, genocidio di maiuscole e punteggiatura) e l’offensivo. Il loro più alto obiettivo è ricevere l’approvazione dei simili, riassunta in un “mi piace” o in un commento altrettanto scurrile. Si trovano dappertutto accanto a noi, camuffati in una perfetta posa da mancato opinionista televisivo e pronti ad attaccare con le loro argomentazioni imparate a memoria, alla maniera del Giovin Signore di Parini.
I più pericolosi si scatenano in occasione di un fatto di cronaca nera, meglio se si tratta di un immigrato stupratore o di un’autobomba in Medio Oriente, e il loro numero preferito è la caccia all’untore. E così da sabato scorso, quando sul web hanno cominciato a circolare le prime immagini dell’arbitro ventenne decapitato, gli arti spezzati e il corpo tumefatto, hanno cominciato a fiorire boccioli di ipocrisia pura in frasi del tipo “Io non sono come loro” e “Non sono degni di organizzare i Mondiali”, come se le vittime della faida fossero Messi e Webb, non due ragazzi che si trovavano su quel campo in vesti diverse, ma con l’unico scopo di dimenticare almeno per novanta minuti la povertà dei bairros dello stato di Maranhao.
Sono le sentenze del sabato sera, solo che al posto dei Bee Gees e di John Travolta ci sono piccoli Sgarbi seduti su poltroncine virtuali, ognuno protagonista di un talk show ad personam. Alcuni illuminati arrivano a proporre di vietare alla nazionale italiana di partire per il Brasile l’anno prossimo, “per motivi di sicurezza”. Perché in Italia naturalmente non avvengono cose del genere. Tutto ordinario, nel paese in cui si grida al linciaggio se un extracomunitario ruba per fame e poi si costruisce un caso mediatico intorno a Zio Michele e la Cugina Sabrina, con pianti in diretta televisiva e un certo Vespa che ronza gongolante di fronte al suo bel plastico.
Perché se ciò che è successo in Brasile è l’atto di un popolo ignorante e analfabeta (altra perla di Saggezza Sentenziante), allora in Italia dovremmo vergognarci e calare le bandiere a mezz’asta ogni volta che sentiamo parlare di Stefano Cucchi, Filippo Raciti e della macelleria messicana alla Diaz. Tutti gli episodi di una violenza così primitiva e irrazionale hanno come unica causa la disperazione del vivere, e di quello non sono colpevoli gli esecutori dell’omicidio, per quanto essi siano da condannare senza pietà. I mandanti dello spargimento di sangue sono altri. Provate a guardare in televisione o sul web tutti coloro che in Italia, Brasile e ogni altra parte del mondo arricchiscono il banchetto del potere con le carni della povera gente. Inveite pure contro di loro, cari sentenzianti. Guadagnerete meno “mi piace”, ma almeno avrete imparato a guardare oltre le apparenze.
Samuel Boscarello
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