Siamo stufi delle solite domande: "Mi dici che cos'hai? Perché non parli mai con me? Perché non ti sfoghi?". Non capiscono che noi soffriamo, non sanno interpretare il nostro disagio.
del 29 gennaio 2009
Siamo i ragazzi della 3a C della Scuola Media di Arzachena, un paese in provincia di Olbia-Tempio. Abbiamo 13 anni e siamo vostri lettori. Viviamo nel pieno dell’adolescenza, con i nostri soliti problemi. Spesso gli adulti dicono che la nostra è un’età felice e spensierata, ma non sempre è la realtà. Infatti, non tutti i ragazzi sono contenti di questo periodo della loro vita.
Uno dei problemi più comuni tra noi adolescenti è il rapporto con i genitori. Tutti noi vorremmo far conoscere agli adulti i problemi e le ansie che ogni giorno dobbiamo affrontare, ma non sempre abbiamo il coraggio di farlo. Anche se è un nostro diritto andare a scuola, gli adulti dovrebbero capire quanto ci fa star male non avere sempre successo scolastico.
 
Noi ragazzi dovremmo essere liberi, i genitori invece ci impongono restrizioni. E, talvolta, ci opprimono. Su alcune nostre esperienze si accendono tante discussioni con loro. Ci fanno sempre le stesse domande: <<Mi dici che cosa hai? Perché non parli mai con me? Perché non ti sfoghi?>>. Ma non capiscono che noi soffriamo, che la voglia di parlare è poca, soprattutto se non sanno interpretare il nostro disagio e non condividono pezzi della nostra vita scolastica, sentimentale e sociale.
 
L’amore, per noi, è una cosa molto importante, soprattutto a quest’età in cui stiamo vivendo le prime delusioni. Gli amori, gli intrecci, i tradimenti, i segreti... la nostra vita di adolescenti sembra una soap-opera. In diverse situazioni potremmo rischiare di frequentare persone più grandi di noi poco affidabili, che potrebbero condurci verso strade sbagliate, come il fumo o la droga. Capiamo che ciò turba i nostri genitori.
 
Di solito i ragazzi che entrano in questi terribili tunnel della vita vi arrivano per problemi in famiglia o a scuola. O anche col pretesto del gioco o per farsi notare dai compagni. Beati quei ragazzi che vivono questa età in modo pacifico, senza tempeste ormonali e, soprattutto, senza discussioni e delusioni!
 
Lei, caro padre e direttore, cosa ne pensa? Come possiamo evitare di finire in strade sbagliate, e vivere l’adolescenza come un periodo felice e spensierato? Fiduciosi nella sua attenzione, aspettiamo con ansia la risposta.
 
I ragazzi della 3a C Scuola Media - Arzachena
 
 
Non so se dietro questa lettera ci sia la mano discreta dei vostri insegnanti... è troppo ben scritta per essere esclusiva farina del vostro sacco di terza media. Ma, sicuramente, i contenuti sono i vostri, cari ragazzi. La lettera riflette esattamente quel che provate ogni giorno con i vostri genitori, coi quali siete in conflitto. Mi piacerebbe, però, invitarvi a fare un piccolo esercizio letterario: scrivetemi una lettera immaginando che siano i vostri genitori a rivolgersi a me, descrivendo i loro malesseri con voi. Adottare il punto di vista di un altro è sempre un buon esercizio. Allarga gli orizzonti, approfondisce la comprensione della realtà, che è sempre più complessa di quanto appare al nostro sguardo.
 
Anche per i vostri genitori, l’adolescenza è un mare tempestoso. Bisogna stringere i denti, fiduciosi che, a un certo punto, la traversata dall’infanzia all’età adulta avrà termine. Anche loro sono preoccupati: fate uno sforzo di immaginazione e cercate di capirli. In questo burrascoso percorso ci sono dei naufraghi. Qualcuno ci perde la vita (quanti giovani sono vittime degli incidenti del fine settimana, all’uscita delle discoteche); qualche altro ci lascia la salute (avrete sicuramente sentito parlare dell’anoressia e di altri disturbi alimentari, e non potete non conoscere il pericolo delle dipendenze: dagli stupefacenti all’alcol; qualcuno sviluppa anche dipendenza da videogiochi e dal computer).
 
Alcuni giovani, infine, nella traversata perdono l’anima. Non mi sto riferendo a quei singoli comportamenti sbagliati, verso Dio e verso gli altri esseri umani, ai quali diamo il nome di 'peccato'. Si può sbagliare e rendersi conto della sbaglio; si può peccare, pentirsi e riscattarsi: è la via di crescita di noi esseri umani, che appunto non siamo angeli.
 
Quando parlo di perdere l’anima mi riferisco a situazioni più drammatiche. Le scelte sbagliate possono sommarsi e diventare il percorso di una vita intera. Si può ripiegare verso l’illegalità e la delinquenza. Oppure verso l’indifferenza morale: invece di impegnarsi per migliorare il mondo e le condizioni di vita degli altri, si pensa solo al proprio benessere. Nella parte del mondo dove viviamo noi, caratterizzato dallo sviluppo economico, il modo più diffuso di perdere l’anima è affogare nei beni di consumo. Chiusi in sé stessi, viziati, si insegue il possesso delle cose, misurando il successo con ciò che si ha. È nella strettoia che costituisce il passaggio all’età adulta che si differenziano i destini delle persone. Ci sono tra voi ragazzi, tutti allineati alla riga di partenza, delle splendide possibilità. Alcuni svilupperanno i doni di umanità che hanno avuto in dotazione; anche se non diventeranno donne o uomini famosi, potranno tuttavia diventare esseri umani completi, capaci di dare e ricevere amore, di sviluppare una vita spirituale. Altri, purtroppo, falliranno: diventeranno, piuttosto, caricature di esseri umani.
 
È di questo che si preoccupano i genitori più consapevoli. Se non accontentano tutti i vostri desideri di gratificazioni immediate, se vi mettono dei limiti, è perché hanno un progetto alto su di voi. Un progetto che cerca di avvicinarsi il più possibile al progetto di Dio. Provate a discuterne insieme.
 
don Antonio Tarzia
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