Lettera ad una alunna sulla felicità 1

Forse abbiamo messo via con troppa fretta, con troppa superficialità, noncuranza, questa persona, quasi come si ripone in soffitta un oggetto che non ci serve più e così siamo rimasti soli col nostro desiderio, con la nostra inquietudine, con la nostra insoddisfazione e con la tentazione di rassegnarci “a un paio di...

Lettera ad una alunna sulla felicità 1

da Quaderni Cannibali

del 13 ottobre 2009

Lettera ad una alunna sulla felicità 2

 

Carissima

       alcuni giorni dopo averti mandato una mail, inviavo queste considerazioni agli amici, a proposito di ciò che ti avevo scritto. Nella mail dicevo: “Il mio IO, il mio cuore è più grande della festa da ballo!”, è più grande di tutti i ragazzi che mi corteggiano o che io corteggio, infatti tutte queste esperienze mi lasciano SEMPRE insoddisfatta. Ti ricordi:

“Quanto è bella giovinezza, che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza”.

 

Siamo fatti per una felicità che non finisce, lo sa bene una mamma quando guarda il suo figlio piccolino che dorme e si domanda: “Sarà felice?”; in quel momento sarebbe disposta a tutto per la felicità di quel figlio, si rende conto che è valsa la pena metterlo al mondo perchè c’è questa domanda, c’è questa attesa di felicità. Purtroppo, spesso, questa coscienza è breve, e sia il figlio diventando grande che la madre invecchiando si dimenticano di quella bellissima e verissima intuizione.

 

Ma come hanno riconosciuto i grandi poeti, Leopardi, Shakespeare, se non esiste la felicità vera, totale, così come il cuore di ognuno la desidera, è ingiusto mettere al mondo un figlio.

Ripeto, la cosa terribile è che diventando grandi, ci dimentichiamo questa cosa e ci lasciamo prendere dalle false soddisfazioni che il mondo ci propone. Ti ricordi le mutande firmate e i pantaloni a vita bassa dell’alunna di Lodoli? Ti ricordi la sua certezza: solo i divi televisivi sono felici, la nostra vita non vale nulla! Che tristezza!

Il più grande dono della vita allora è incontrare qualcuno, come è successo a me che ti dice: guarda che i tuoi desideri, la tua insoddisfazione, la tua inquietudine, la tua tristezza non sono un imbroglio, non sono sensazioni senza senso, non dipendono dal tuo carattere o temperamento particolare, ma sono il segno della struttura del nostro cuore, dell’origine del nostro cuore, di chi ha fatto il nostro cuore!

 

Incontrare persone così, te lo ripeto, è la grazia più importante, decisiva, della vita, ti impediscono di “buttarti via” e oggi, purtroppo, il mondo è pieno di gente che “si butta letteralmente via”. Ma se lo fa è perchè nessuno ha mai detto loro questa cosa che io ti dico sempre: guarda che i tuoi desideri sono la PROMESSA della risposta. Ti ricordi K. Blixen: si è mai visto un fiume che scorre verso un mare che non esiste? Si è mai visto un desiderio che anela a una risposta che non c’è?

 

Siamo nella Settimana Santa, che ci ricorda l’UNICO UOMO che ha preso sul serio il mio, il tuo desiderio di felicità, è Colui che un giorno incontrando un uomo come me, Zaccheo, gli ha detto: “Presto vieni, oggi voglio fermarmi a casa tua”. Ancora oggi risuona quell’invito: “Nicla, Franco, presto, oggi voglio fermarmi a casa tua. Io sono la risposta all’attesa del tuo cuore”.

E’ lo stesso che incontrando una donna al pozzo le dice: “Tu vieni ogni giorno a questo pozzo ad attingere acqua, ma dopo aver bevuto la sete inevitabilmente ritorna. Se tu sapessi l’ACQUA che io possiedo saresti tu a chiedermela, perchè chi beve di quest’ACQUA non avrà più sete in eterno”. E parlava della sua persona, dell’incontro con la sua persona, dell’amore per ciascuno di noi: “Io sono la verità, la via, la vita. A che serve a uno guadagnare tutto il mondo se poi perde il significato della sua vita?”.

 

Forse abbiamo messo via con troppa fretta, con troppa superficialità, noncuranza, questa persona, quasi come si ripone in soffitta un oggetto che non ci serve più e così siamo rimasti soli col nostro desiderio, con la nostra inquietudine, con la nostra insoddisfazione e con la tentazione di rassegnarci “a un paio di mutande firmate e a un paio di jeans a vita bassa”. Ma quanta tristezza, se siamo sinceri!

 

Quanto ci pesa il nostro limite, la nostra incapacità, il nostro continuo combinar guai, quel senso di impotenza che ogni tanto ci pervade! Il rischio della rassegnazione, dell’accontentarsi, del dire: “Non ci posso far nulla, tanto al mio desiderio non c’è risposta, poi la pensano tutti così!” sono sempre lì, in agguato, come la lupa sul colle luminoso che sbarra a Dante il cammino verso la felicità, verso la scoperta del suo cuore infinito.

 

Come ti dicevo un anno fa occorre la semplicità di ripartire dal nostro desiderio e da chi, vero amico, lo prende sul serio, perchè si fida, si affida a Uno che ha detto e ripete continuamente: “Presto, vieni subito, oggi voglio fermarmi a casa tua, per compiere il tuo cuore”.

 

Franco

Franco Bruschi, insegnante a Tradate

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