Libertà di coscienza

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”

Libertà di coscienza

da Un Mondo Possibile

del 04 maggio 2009

 La libertà di coscienza è così importante da essere citata nel primo articolo della dichiarazione universale dei diritti umani:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”

Scendendo poi nello specifico negli articoli 18-21 che sanciscono le cosiddette 'libertà costituzionali' e in particolare all’articolo 18 si può leggere:

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.”

 

Come possiamo notare l’articolo sviluppa principalmente l’aspetto religioso, questo non vuol dire tralasciare il pensiero e la coscienza ma farne comprendere lo stretto legame che c’è tra loro.

La libertà di coscienza è storicamente la pietra angolare su cui poggia direttamente la libertà di pensiero (e di opinione) e la stessa libertà religiosa. Essa «ingloba», cioè comprende – come dice Jean Baubérot (sociologo delle religioni)– la libertà di pensiero e la libertà religiosa.

Le tappe che hanno portato alla formazione del concetto di libertà di coscienza, di pensiero e di religione, come parte essenziale dei diritti umani, sono molte e hanno radici sia nella religione, sia nella filosofia, sia nel diritto.

 

Una delle principali forme per la tutela del diritto alla libertà religiosa e degli altri diritti umani è, da parte dello Stato, il riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza, quando siano in gioco valori inerenti la trascendente dignità della persona umana e quando si ritenga di dover obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Anche in questo caso lo Stato è tenuto a riconoscere tale diritto non per motivi 'religiosi', ma per due ragioni connesse con la verità della persona umana. La prima ragione è il riconoscimento della coscienza personale come originario spazio di libertà per la persona. Il secondo è il riconoscimento del significato politico dell'obiezione di coscienza, che non è da vedersi come un fatto semplicemente privato, ma anche pubblico in quanto richiama la politica stessa a quanto non è a sua disposizione e, così facendo, la conferma nella propria libertà.

 

Il punto è: dove fissare questa soglia? Se una ragazza sceglie di andare a scuola indossando il velo islamico, ha ragione chi ritiene che ciò sia una normale espressione della sua libertà di religione, o chi lo considera una violazione del diritto all’eguaglianza, che va dunque combattuta? Su questo il dibattito rimane acceso.

 

Una possibile risposta potrebbe essere il primo articolo della legge francese del 1905 sulla laicità che dice:

 

«Art. 1 – La Repubblica assicura la libertà di coscienza. Essa garantisce il libero esercizio

dei culti con le sole restrizioni indicate qui appresso nell’interesse dell’ordine pubblico.

 

O come ripreso dal consiglio d’Europa nella «Convenzione (europea) per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali»che all’articolo 9 paragrafo 2 cita:

2) La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

Comitato VIS San Marco - Checco

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