I quattro millesimi che le hanno fatto perdere l'oro ai Giochi di Pechino sono stati « un segno del destino» : da delusione si sono trasformati nel carburante per andare avanti altri quattro anni. Nonostante l'età. Il tempo non conta per Josefa Idem, punto di riferimento della canoa azzurra, anzi i 45 anni di oggi sono una molla in più per pagaiare anche alle Olimpiadi di Londra, nel 2012.
del 21 maggio 2009
 I quattro millesimi che le hanno fatto perdere l’oro ai Giochi di Pechino sono stati « un segno del destino» : da delusione si sono trasformati nel carburante per andare avanti altri quattro anni. Nonostante l’età. Il tempo non conta per Josefa Idem, punto di riferimento della canoa azzurra, anzi i 45 anni di oggi sono una molla in più per pagaiare anche alle Olimpiadi di Londra, nel 2012. « Avevo curiosità di conoscere i miei limiti - spiega l’inossidabile italo- tedesca - nel mondo del lavoro a 45 anni si viene scartati, e noi invece vogliamo dimostrare il contrario e far cadere queste pseudo - certezze scientifiche». E infatti nell’anno post olimpico, la supermamma della canoa si riposa ben poco, anzi è pronta per un tris da ventenne con gli Europei di Brandeburgo, in Germania, a fine giugno, i Giochi del Mediterraneo, in programma a Pescara ad inizio luglio, e i mondiali di Dartmouth in Canada a metà agosto. « Il mio argento e il bronzo di Facchin- Scaduto - continua Idem - possono fare da traino. Gli allenamenti stanno andando bene, i tempi sono in linea con quelli dello scorso anno. Ho fatto un mese in Spagna, ho creato una palestra a casa così da potermi organizzare con i figli senza problemi di spostamenti, e poi il fatto di avere un circolo come l’Aniene alle spalle mi mette in condi­zione di lavorare senza preoccupazioni» .
  La canoa azzurra viaggia verso Londra con rinnovate ambizioni, e l’esigenza di co­niugare l’esperienza dei big con la forza dei più giovani: la Idem, così come Antonio Rossi, restano i cardini del movimento, con il portabandiera che però ha già annunciato di aver chiuso a Pechino la sua lunga esperienza olimpica. Ma c’è anche tutta una base, che cresce negli anni come dimostrano i numeri dei tesserati passati da poco più di 7000 a oltre 12.000. Un balzo che inorgoglisce il presidente della federazione, Luciano Buonfiglio. « Il nostro motto è fare, fare bene e farlo sapere - ha detto alla presentazione dell’atti­vità agonista 2009 della squadra azzurra - Il mondo economico sta passando una delle sue peggiori crisi, ma lo sport trova al suo interno le forze per andare avanti. Il ringraziamento va al Coni che non ci fa davvero mancare nulla » .
  Resta il fatto che i vecchi dello sport azzurro continuano a rappresentare un punto di riferimento per tutto il movimento. Un fenomeno tutt’altro che sorprendente secondo il professor Marcello Faina, direttore del Dipartimento di Scienza dello Sport dell’Istituto di Medicina del Coni: «Prima di tutto - spiega - occorre non prendere in considerazione attività come il tiro a segno, il tiro a volo, l’equitazione, do­ve l’impegno fisiologico è quasi nullo. Per quello che riguarda le altre discipline, occorre dividerle fra quelle di resistenza e quelle di potenza. Nelle prime, per esempio la maratona, la marcia, il ciclismo, si verifica una tendenza a raggiungere il massimo della potenzialità fisica in età matura perché le caratteristiche si sviluppano nel tempo e con esso non decrescono, inoltre più si acquisisce la tecnica, quindi si verifica un minore dispendio di energie, meglio si rende » .
  Gli esempi più eclatanti risalgono già ad inizio dello scorso secolo con Paavo Nurmi, Emil Zatopek e Vladimir Kuts che compirono le imprese più belle, nel mez­zofondo prolungato e nella maratona, più o meno a trent’anni o oltre. «Per quanto ri­guarda gli sport di potenza - continua il professor Faina - in cui conta la forza veloce, ovvero le discipline in cui gli atleti sono soggetti a sforzi violenti e, poi, al recupero, la potenza tende a diminuire con l’avanzare dell’età, ma si verificano sempre più spesso eccezioni ai vertici agonistici di allungamento dell’età: parliamo dei calciatori, dei velocisti, della Idem, di Rosolino » .
  Alle ultime Olimpiadi di Pechino, ha fatto scalpore il caso della nuotatrice statunitense Dara Torres, ai sua quinti Giochi (i primi nel 1984), che dopo aver sofferto di disturbi alimentari e di una grave forma di bulimia, nel periodo dell’Università a Mission Viejo ed in Florida che, a 41 anni, è riuscita a conquistare tre medaglie d’argento, nei 50 s. l. e con le due formazioni delle staffette 4x100 s. l. e 4x100 misti. Ma non basta: resistono a buoni livelli nella pallacanestro “mostri sacri” come Carlton Meyrs (classe 1971) e Shaquille O’Neal (classe 1972) e, nella pallavolo, come Andrea Sartoretti che a 37 anni, ha raggiunto il traguardo degli ottocento ace, dimostrando di non sentire affatto la loro età.
  « In questo caso - aggiunge Faina - contano le condizioni di vita e le metodologie di allenamento che sono notevolmente migliorate per la semplice ragione che sono migliorate le nostre conoscenze scientifiche. Esasperando il concetto, si può dire che anche a settant’anni si può lavorare sulla forza, quindi è inevitabile che, con il passare del tempo, l’età della pensione si allunghi perché i buoni risultati, anche in queste discipline, possono essere ottenuti oltre gli anni della maturità » . E conclude: «Naturalmente non va sottovalutata la componente psicologica, ovvero le motivazioni, la passione» .
  E, aggiungiamo noi, anche i guadagni. Nel senso che, tanto per citare Jesse Owens, sappiamo che fu costretto a smettere la pratica agonistica perché con essa non poteva vivere. Oggi, e da tempo, non è più così, con il professionismo che ormai è in tutte le discipline sportive.
 
Paola Faga
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