La tragedia del devastante terremoto che ha colpito il Giappone ci richiama ancora una volta all'assoluta fragilità e caducità della nostra esistenza.
del 14 marzo 2011
 
            Le immagni sconvolgenti del terremoto e dello tsunami che hanno colpito il Giappone provocando oltre diecimila morti non possono lasciarci indifferenti, nonostante appaiano così distanti da noi (ma lo siano molto meno, invece, per tutti coloro che hanno vissuto anche nel nostro Paese la tragedia di un sisma devastante).
           Nel giro di pochi minuti un’onda immensa e potentissima ha travolto, spazzato via e inghiottito donne, uomini, bambini, insieme alle auto e alle case.  
          All’Angelus di ieri il Papa ha pregato per le vittime e per i loro familiari, ha rinnovato la sua vicinanza alle popolazioni colpite, che «con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità», e ha incoraggiato «quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto».  
          Ciò che è accaduto ci mette, ancora una volta, di fronte all’assoluta fragilità e caducità dell’esistenza umana. «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie», recitava una famosa poesia di Giuseppe Ungaretti dedicata alla sua esperienza di soldato nella Grande Guerra. Un fremito nelle profondità della terra ha distrutto in pochi istanti migliaia di vite umane, spezzando affetti, annientando esistenze. Come foglie sugli alberi d’autunno, per l’appunto: pronte a staccarsi dal ramo in un momento, al primo soffio di vento. Inesorabilmente.
          Possiamo (e dobbiamo) lavorare per prevenire le conseguenze di queste calamità naturali, possiamo dotarci di abitazioni antisismiche, emanare gli allarmi anti-tsunami. Possiamo affidarci alla scienza, alle sue tecniche sempre più sofisticate. Ma è come se la natura ci mettesse sempre nuovamente di fronte l’esperienza elementare della nostra assoluta fragilità.  
          Crediamo di possedere tutto, ci riteniamo padroni di noi stessi, delle nostre vite, immaginiamo di programmare ogni cosa. Ma non siamo davvero in grado di dire se domani ci saremo ancora.  
          I cristiani, oltre a essere chiamati alla fattiva solidarietà verso coloro che sono colpiti, guardano a questi eventi con la consapevolezza che non siamo noi padroni, che in ogni istante della nostra vita dipendiamo da Colui che ci ha donato l’esistenza e ci accoglierà tra le sue braccia, secondo i suoi disegni.  
          Proprio per ricordarcelo, all’inizio della Quaresima, la Chiesa ci ripete, mentre viene posto sul nostro capo un pizzico di cenere, che siamo polvere e polvere ritorneremo. Richiamandoci così a giocare la nostra vita su ciò che vale davvero e vivrà per sempre.
 
Andrea Tornielli
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