Padre e madre sono fonte di vita, hanno permesso la nostra esistenza: come figli dobbiamo rivolgere loro tutta la nostra gratitudine per questo grande dono che siamo, dono nato dal loro amore.
del 17 aprile 2007
Piccola meditazione di un giovane allo specchio, tra abbagli e riflessi(oni).
Capitolo primo: Fortuna che mi sono accorto (di me),
tratto dal best-seller E’  una vita che MI aspetto,
soggetto di Fabio Volo su libera interpretazione di Io Valgo.
 PER FORTUNA CHE MI SONO ACCORTO
Tra me e lo specchio è guerra aperta, senza esclusione di colpi. Lui mi bombarda di difetti e io rispondo con cocciuta intolleranza: non ti sopporta, mi fai schifo. Ho incasso una sconfitta dopo l’altra. Fino a quando mi sono accorto che per risollevare le sorti l’unica possibilità era arrendersi, e solo così ho vinto. Ho deciso di firmare un armistizio con tutto ciò che di me stesso non piaceva; pian piano mi sono riavvicinato allo specchio, e quel riflesso dopo tutto non mi sembrava più così insopportabile, certo non sono Brad Pitt, ma sono IO. Lo specchio sta dalla mia, è un alleato in fin dei conti, ora riesco a vedere come lui mostri bene quali sono le armi mie, quelle che possiedo io, ed io solo. Riappacificarmi mi ha dato modo di vedere che aspetto aveva il mio corpo sbozzato dalla puerizie, levigato dal tempo e modellato secondo quel “me stesso” che scorgo sempre più nitido allo specchio.
Mi guardo ed ho imparato a riconoscermi: ecco, sì, quegli occhi mezzi verdi e mezzi fango sono miei, le lentiggini che si accendono d’estate e sfumano in inverno, capelli lisci non proprio e ricci nemmeno, sì, questo sono io. Poi so fare cose strambe, tipo alzare una sola sopracciglia o muovere le orecchie senza alterare il viso; per toccare la punta del naso con la lingua devo ancora allenarmi, mentre ho abbandonato ogni speranza di potermi baciare i gomiti.
Fatto sta che una sera mi sono messo davanti allo specchio e mi sono fissato per un po’. Poi, usando tutti i muscoli del viso, ho fatto una serie di smorfie e di espressioni. Facce strane: buono, cattivo, triste , felice. Poi mi sono guardato dritto negli occhi. E a un certo punto ho detto: “mi voglio bene”.
Nel pronunciare ad alta voce queste parole, mi è venuto da ridere, perché la cosa strana è che per un attimo ho provato un po’ di imbarazzo. Come se lo stessi dicendo ad un’altra persona. Come se fossi ad un primo appuntamento con qualcuno. Mi guardavo e poi abbassavo un poco lo sguardo, imbarazzato, vergognoso. Eppure ero io.
 
Faccia a faccia con me stesso ho osservato come sono fatto, quali componenti ho dentro…tipo fare una scansione per vedere il fuori ed una radiografia per il dentro. Ho preso confidenza con i miei difetti per poter puntare sui pregi: conoscere il tendine debole, ma anche vedere i punti di forza (e non occorre essere Achille per averne, sia tendini che forza intendo). Allo specchio ho sussurrato: “Mi voglio bene”. Chiaramente mi sentivo un pazzo, e per un pizzico di pudore o modestia non volevo dirlo…ed invece no! L’ho detto: “mi voglio bene”. E quasi quasi mi sentivo di dire come Francesco di “E’ una vita che ti aspetto”: alla fine però mi ero simpatico. Mi ero simpatico perché io, quello lì nello specchio, lo sapevo cosa aveva passato nella vita. Sofferenze, dolori, pianti, gioie, risale, silenzi. E anche se non era perfetto, non potevo che volergli bene, tutto sommato. La mia compagnia mi piaceva, il viaggio alla scoperta di me stesso era diventato un gioco divertente. Incontrarmi veramente per la prima volta. Mi ascoltavo e mi parlavo. Più giocavo dentro di me, più avevo l’impressione che quel gioco fosse infinito. Mi sentivo infinito. Un pozzo senza fondo. Un universo.
Allora il capitolo successivo della mia irripetibile storia è stato “Fortuna che mi sono accorto ( di me)”, tratto dal best-seller “ è una vita che MI aspetto”.
 
METODO SPERIMENTALE
L’esperimento M.V.B. (forma sms per dire Mi Voglio Bene) aveva funzionato su di me. Ora dovevo testarne l’efficacia anche su altre cavie, così ho chiesto agli amici commilitoni della guerra allo specchio di guardare in faccia il nemico ed affrontarlo con un deciso “Mi piaccio!”. Ecco gli esiti del duello:
 
 se mi piaccio è perchè magari ho il trucco giusto, l'abbigliamento azzeccato, perchè so che vedrò quella particolare persona o perchè so che andrò in quel posto che tanto mi piace. MICHELA
 
...ogni volta scopro qualcosa che non avevo notato... FRANCESCA
 
Mi piacciono le mie imperfezioni perchè sono solo mie e mi rendono diversa dagli altri, mi fanno speciale ed originale. ALICE
 
Non è tanto questione di 'mi piaccio!', ma piuttosto di 'piaccio?'. In altre parole intendo dire che il problema non sta tanto nel piacere a sé stessi, ma semmai nel fare in modo di piacere agli altri. Una volta ottenuto questo obiettivo, piacere o meno a sé stessi diviene irrilevante, dal momento che probabilmente non verrà nemmeno percepita una dissonanza.   SIMONE
 
Mi piaccio perchè sorrido! Far partire la giornata con un sorriso significa darsi la carica alla grande!! ERIKA
 
mi spiace ma hai sbagliato persona....non riesco mai a dire mi piaccio... CESCA
 
mi piaccio perchè non potrei essere più 'bello' di così; mi spiego, non vorrei essere diverso da come sono, nonostante tutti i miei difetti, sono contento perchè Gesù mi ha voluto così, per lui sono unico, mi ha scelto, amato, e tutto ciò che Lui fa è un capolavoro.
poi mi piaccio perchè mi sento amato, e mi sento fatto per grandi cose. poi una persona sorridente è sempre bella. siamo tutti belli. ANDREA
 
Dai, corri allo specchio e prova ad affondare un secco “mi piaccio”, oppure per i più timidi e teneri consiglio di sussurrare “mi voglio bene”; gli effetti in entrambi i casi saranno sorprendenti!
 
BASTA POCO
L’idea errata che avevo di me mi spingeva automaticamente a rispondere a desideri e necessità che in realtà non erano miei. E quindi dentro sentivo le lamentele di un affamato. Ero arrivato al punto di esprimere chi ero con ciò che consumavo e compravo. Le mie scarpe, la mia macchina, le mie vacanze, i locali che frequentavo, il telefonino che sceglievo, l’arredamento di casa. Tutto diventava me. Tutto mi qualificava.
Quelle cose diventavano chi ero. Inseguivo quello che credevo di volere e non quello di cui avevo veramente bisogno. Così mi sono trovato ad avere quasi tutto tranne ciò che mi serviva per star bene.
Stare bene. Ecco cosa ci vuole nella vita. Il problema è arrivarci. C’è “quello che credevo di volere”; volevo essere guardato, ammirato ed anche un po’ invidiato per le scarpe, il motorino, cellulare ed ultimo acchiappo (una pollastrella niente male!). Possedevo sempre più cose eppure non bastavano mai …come un albero di Natale che per quanti addobbi metti c’è sempre qualche ramo sguarnito. Quello che credevo di volere era inghirlandarmi per fare bella figura, essere considerato, l’abito non fa il monaco ma il fighetto sì. La colonna sonora di quel periodo era Vasco con Basta Poco:  d'altronde è questa qui / la realtà di questa vita / ci si guarda solo fuori / ci si accontenta delle impressioni . Io, per fare impressione sugli altri, mi ero ridotto a farmi impressione da solo: scarpe ridicole, felpe davvero troppo estrose e in fin dei conti anche mettermi il gel tutte le mattine è una bella scocciatura. Vasco dice bene: basta poco.
Basta il poco giusto, però. Non quello che credevo di volere, ma quello di cui avevo bisogno. Io non sapevo di che cosa avevo bisogno, non me lo ero mai chiesto, così sono tornato allo specchio e mi sono detto: di che cosa ho bisogno per stare bene?
 
M.V.B.
Guardati, conosciti e dunque amati. Sii affezionato alla tua unicità, scopri il valore che conservi, apprezza  il tuo corpo, la tua mente, la tua anima. Guardati bene, profondamente, non con occhio critico, cinicamente affamato, ma donati uno sguardo d’amore, di stupore per il miracolo che sei. In qualsiasi modo tu sia fatto, sei bello. Sei speciale, un fenomeno unico, una prima mondiale che non verrà proiettata in nessun altro cinema; sei tu Monna Lisa, sei tu il David, sei tu il capolavoro in copia unica con così tanti dettagli da far invidia ad ogni quadro o statua che sia. Perciò che aspetti…Amati!
Io valgo! Se lo dice lo spot Panten, ancora di più lo potevo dire io, a voce alta, con tono fiero, perché davvero ho trovato in me valore inestimabile: sono un pezzo unico, vale il mio aspetto fisico, la tua corporatura, i lineamenti delicati o goffi, la faccia tonda, graziosa o paffutella che sia.
Ricorda anche però che “l’essenziale è invisibile agli occhi, quello che vedi non è che la scorza” (Il piccolo principe), perciò ama e coltiva anche una bellezza della mente, pensieri, ragionamenti, cultura ed una bellezza dello spirito, anima e cuore. La bellezza infatti non è tanto questione di gusti, mi piace quello o quel altro, ma questione di gusto: se bastasse la bellezza, la rosa dovrebbe fare la minestra più buona del cavolo, invece è il contrario. Non ci si piace se non si trova il gusto della propria vita, senza questo si rischia l’infelicità. Ogni giorno dare un senso a se stessi può essere un segreto per piacersi e scoprire ciò che era invisibile agli occhi.
 
SPECCHIETTI PER ALLODOLE
È importante guardarsi, avere una buona immagine di sé, senza dimenticarsi che per vedersi correttamente è necessario avere uno specchio “apposto”. Non ci deve né ingrandire, allargare nella vanità verso un narcisismo soffocante, né rimpicciolire a formichine perennemente insoddisfatte.
Quanti specchietti per allodole possono distorcere l’immagine che abbiamo di noi stessi: dilatarla, restringerla, deformarla, distorcerla senza essere più capaci di riconoscerci.
Tu non avere paura, riparti dall’ultimo punto esclamativo…Amati! Amati come sai di essere stato amato, questo è il modello su cui specchiarsi. Io ora posso dire che amo ciò che sono perché sgorga da un progetto d’amore e io, proprio questo mio io, sono stato amato per primo; il mio valore è l’Amore di cui Dio mi ha inondato. Egli dice: tu sei una meraviglia, un incanto/ ti ho coronato di forza e splendore/ la mia bontà e il mio amore ti seguiranno per tutta la vita. Lo dice a me, a te e ad ogni altra Sua creatura.
Con questa dichiarazione d’amore avevo imparato che non potevo più fare a mano di me stesso se volevo veramente incontrare gli altri. Incontrare la vita. Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l’unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Ed io per quanto abbia imparato ad amarmi non voglio più stare solo… ma questa è un’altra storia.
 
CHE FAVOLA
…E vissero tutti felici e contenti, come nelle favole, come in queste due splendide favole.
Buona lettura!
Tu sei speciale  e  Tu sei mio di Max Lucado, edizioni San Paolo.   
 Le parti in corsivetto sono tratte da E’ una vita che ti aspetto, Fabio Volo, Mondatori.
Chiara Bertato
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