«Ma a te... te piace 'o presepe?» - «No. Nun me piace»

Tranne che nella tragicommedia «Natale in casa Cupiello», raramente ho sentito bambini o ragazzi affermare che il presepe non piace, neanche ai non cristiani...

«Ma a te… te piace 'o presepe?» - «No. Nun me piace»

 

C'era da preoccuparsi, ma ora possiamo stare sereni! Seppur vicini alle vacanze di Natale, ancora nessuno aveva fatto la consueta polemica sul presepe o su altro di cristiano a scuola. "Fortunatamente" ci ha pensato un preside questa volta, così almeno si monta la solita polemica che, tra ideologia e politica, è sempre puntuale a questo punto dell'anno.

 

Realizzazioni di presepi e di recite a tema cristiano si contendono alternativamente il primato dell'essere vietati in qualche istituto, poi giunge il primo giorno di vacanza e tutti a goderseli quei giorni festosi, compresi coloro che li vietano e li osteggiano con ardore quasi religioso, se non fosse ironico affermarlo! In questo caso, però, vengono portate avanti non ben chiare motivazioni educative che determinerebbero la necessità di non avere un presepe in quella scuola. Sì, perché per qualcuno è sempre facile mascherare l'ideologia e il legalismo mostrandoli con il buon volto della libertà e del pluralismo, se poi gli si mette pure sopra il cappello dell'educazione, chi mai potrà dire che "il re è nudo"?

 

Peccato che educare non è mai una teoria né un'astrazione, dunque ogni scelta in questo senso, buona o cattiva, ricade sugli educandi e può far bene o male. Chi, pure in modo intellettualmente onesto, decide in forza di un ruolo pubblico e ufficiale di negare il presepe in una struttura scolastica, può davvero dire in coscienza che questo è il desiderio reale di coloro che la frequentano o, invece, è solo eccesso di zelo il divieto? Cioè, visto che l'educare ha a che fare con persone vere, si è mai provato a chiedere agli studenti e particolarmente ai bambini, se quella rappresentazione è piacevole o fastidiosa?

 

Tranne che nella tragicommedia "Natale in casa Cupiello", raramente ho sentito bambini o ragazzi affermare che il presepe non piace, neanche ai non cristiani e questo perché il messaggio che trasmette è semplice e arriva al cuore soprattutto di chi non ha sovrastrutture. Chi lo guarda con gli occhi innocenti, vede una famiglia in difficoltà che trova sostegno dall'umile gente del posto, vede un bambino tra mamma e papà senza una vera casa, vede un neonato "al freddo e al gelo", vede persone di origini diverse ritrovarsi in una notte stellata per un felice evento. Poi c'è pure qualche angelo, messo lì, che non dà fastidio a nessuno, anche perché le figure angeliche o similari si trovano in diverse religioni. Certo il bambino è Gesù, il fondatore del cristianesimo, la mamma è la Vergine Maria, che però sono riconosciuti significativamente, per esempio, nella religione islamica.

 

Allora il problema qual è? Anzi di chi è? Quel preside chi vuole "proteggere" negando un presepe pubblico? Non certo gli studenti che si difendono da sé con le armi del cuore, della cultura, dell'intelligenza, del dialogo in famiglia, della riflessione critica in classe, del senso religioso innato, della spontaneità e della fantasia. Forse la paura di un "bambino nella mangiatoia" è degli adulti, di coloro che non sono capaci di inginocchiarsi davanti ai piccoli, ai poveri, agli umili, agli ultimi, facendo così il più nobile degli gesti umani. E se questo gesto lo fa un Dio, non ci sono re che tengano e neanche presidi o docenti che possano pensare di essere re!

 

Marco Pappalardo

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