Presentato come «filantropo» il filosofo australiano Peter Singer ha tenuto una conferenza a Roma. Le sue tesi (molto reclamizzate) non fanno distinzione tra uomini e animali. Con l'idea che sia più grave uccidere uno scimpanzé che un handicappato o un neonato.
del 01 luglio 2011
 
 
          La settimana scorsa, a Roma, a un incontro patrocinato dall’Unicef, è intervenuto Peter Singer, un bioeticista famoso in tutto il mondo per le sue tesi agghiaccianti: non solo è favorevole all’aborto e all’eutanasia, ma giustifica l’uccisione degli handicappati e l’infanticidio.
          Per Singer la differenza tra esseri umani e animali superiori è solo di grado, non qualitativa; inoltre non tutti gli appartenenti alla specie umana sono persone: è persona solo chi è dotato di razionalità e autocoscienza. E, siccome Singer ritiene che alcuni animali possiedano in parte queste caratteristiche, «alcuni esseri appartenenti a specie diverse dalla nostra sono persone», mentre «alcuni esseri umani non lo sono»: per esempio gli embrioni, chi è in coma, i neonati...
          Dunque, risulta «più grave uccidere, per esempio, uno scimpanzè, che un essere umano gravemente menomato», e, considerando la razionalità, l’autocoscienza, il piacere e il dolore, «i maiali e i tanto derisi polli la vincono di gran lunga sul feto a qualunque stadio di sviluppo». Inoltre, per Singer il bene consiste nella realizzazione dei desideri e uccidere è male solo se aumenta la quantità totale di dolore nel mondo: il male consiste infatti nel dolore, di chiunque sia. Dunque bisogna trattare in modo uguale ogni dolore di un essere senziente (capace di provare dolore), bisogna massimizzare nel mondo la soddisfazione dei desideri e minimizzare il dolore, applicando la logica utilitarista costi-benefici.
          Per Singer, ritenere che l’appartenza alla specie umana comporti un trattamento diverso è uno «specismo» discriminatorio. E, siccome i neonati non sono autocoscienti, possono essere uccisi se la loro vita provoca dolore a una o più persone senza provocarne uno maggiore a un’altra o più persone: per esempio, «i genitori possono dolersi che sia nato loro un bambino malformato» e ciò «può essere una ragione per ucciderlo»; anzi, già «quando la morte di un neonato malformato conduce alla nascita di un altro bambino con migliori prospettive di vita, la quantità totale di felicità sarà maggiore» e perciò l’infanticidio è lecito. Se queste sono, succintamente, alcune tesi di Singer, vediamo ora, molto in breve, solo tre critiche. Intanto, la differenza tra l’uomo e l’animale è qualitativa.
          Un solo esempio: mentre l’animale si interessa solo all’utile/disutile, al piacevole/doloroso, viceversa l’uomo si interroga, talvolta, anche sulla natura delle cose (a prescindere dalla loro utilità), sulla verità, sul bello, sul bene, ecc. Inoltre, Singer confonde la causa della bontà morale di una cosa e la fonte della conoscibilità della bontà  morale: il fatto che una cosa sia oggetto di un desiderio non è la causa della sua bontà, bensì ne é la manifestazione. In altri termini, una cosa non è buona perché è desiderata, bensì è desiderata perché è buona, o perché pensiamo che sia buona. Infine, veniamo alla critica di specismo mossa all’antropocentrismo: per Singer l’uomo non dove privilegiare la sua specie perché non c’è una differenza essenziale tra uomo e animali; sennonché – come dice il filosofo Pessina con logica ferrea – questi ultimi privilegiano appunto la loro specie di appartenenza, dunque quando l’uomo non privilegia la propria specie dimostra proprio la sua diversità dagli animali.
          Che egli (a volte e a torto) non la privilegi è una delle tante prove della sua  differenza qualitativa. Insomma, anche se l’Unicef ha invitato Singer a parlare di fame nel mondo, è estremamente deplorevole aver sponsorizzato questo pensatore, per di più presentandolo come filantropo.
 
Giacomo Samek Lodovici
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