Una donna bergamasca scopre quando è incinta di essere affetta da un linfoma di Hodgkin: rifiuta l'ipotesi di abortire e si affida alle cure degli specialisti oncologi, ematologi e ginecologi degli Ospedali Riuniti.
del 20 ottobre 2006
«L'avevo sentita muoversi dentro di me e l'avevo vista nelle ecografie: di perderla così, senza dare battaglia alla malattia, non mela sentivo proprio». Sta in queste semplici parole il senso della scelta di una mamma bergamasca di portare avanti la gravidanza nonostante la diagnosi di tumore e di rimandare le cure a dopo il parto. La storia, resa nota ieri dall'Eco di Bergamo», ha coinvolto diverse equipe mediche degli Ospedali Riuniti di Bergamo che hanno collaborato per far sì che Valentina potesse far nascere la sua Claudia (nomi di fantasia) con la maggior sicurezza possibile sia per la mamma sia per la bambina.
Compie oggi tre mesi la piccola nata per il coraggio di una giovane mamma 1a quale, dopo la gioia del sapersi incinta, ha scoperto - alla 19a settimana di gravidanza - di essere malata di un linfoma di Hodgkit alla ghiandole del torace e del collo. Rifiutando il consiglio del ginecologo che le consigliava aborto per potersi subito sottoporre alla chemio e alla radioterapia («Lei è giovane, di gravidanze ne potrà avere ancora»), Valentina si consulta con il marito e decide di portare avanti la gestazione, primo frutto del matrimonio avvenuto nel giugno 2005: «Rinuncio a curarmi fino a quando potrò far nascere la mia bambina in tutta tranquillità».
A sostenerla nella scelta, aiutandola nel percorso di cura intervengono sia un ex primario amico di famiglia, Paolo Seghizzi, sia i responsabili del dipartimento di Oncologia ed ematologia degli Ospedali Riuniti, Tiziano Barbui, e dell'Unità operativa di ematologia, Alessandro Rambaldi. Quest'ultimo spiega che non si è trattato di una scelta scriteriata: «In letteratura ci sono dati che, in casi come questi, suggeriscono la possibilità di ritardare la radio e la chemioterapia per evitare di esporre il feto a radiazioni che procurerebbero inevitabilmente malformazioni molto pesanti». Infatti «il linfoma di Hodgkin è un tumore che cresce lentamente e, d'accordo con Valentina, abbiamo deciso di seguire il caso da vicino, ogni settimana, sottoponendo la gestante solo a una cura di cortisone, senza danneggiare il feto.
Si è trattato di una strategia di cura condivisa anche con i due maggiori esperti internazionali di queste vicende». interessarsi della vicenda è ovviamente anche il Dipartimento materno infantile (che comprende la Patologia neonatale), il cui direttore Angelo Colombo commenta: «Quella di Valentina è stata una scelta coraggiosa». Al momento del primo contatto con il reparto, il feto aveva 20 settimane: «Troppo poche per farlo nascere». Occorreva arrivare a più di 24 e possibilmente a 28 settimane, per aumentare le probabilità di sopravvivenza e ridurre i rischi di handicap della bambina.
Valentina, seguita nel reparto di Ostetricia diretto da Luigi Frigerio, riesce a portare la gravidanza fino alla 30a settimana e Claudia nasce con parto cesareo la mattina del 19 luglio: 1590 grammi, un peso superiore a quanto si poteva sperare. Intubata e trasferita in terapia intensiva per permettere il completo sviluppo dei polmoni, la piccola può raggiungere la sua famiglia il 9 settembre. «E una bella bambina - osserva ancora il Angelo Colombo - e soprattutto sta crescendo bene, senza alcun problema»
Enrico Negrotti
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