Tutto comincia tre anni fa, a dicembre, quando la ragazzina, che frequenta una scuola cittadina, l'istituto Matteo Ricci, scopre di aspettare un bambino...
È proprio un inno alla vita il racconto, drammatico e nello stesso tempo bellissimo, di Lucia, nome di fantasia di una studentessa maceratese, rimasta incinta a 15 anni, che - tre anni dopo - trova la forza di scrivere in un tema scolastico la sua esperienza, soprattutto le motivazioni che l’hanno spinta alla scelta, consapevole e per nulla scontata, di accogliere suo figlio.
La storia diventa pubblica grazie all’elaborato, che ha partecipato, vincendolo, al concorso promosso dal Movimento per la Vita. Tutto comincia tre anni fa, a dicembre, quando la ragazzina, che frequenta una scuola cittadina, l’istituto Matteo Ricci, scopre di aspettare un bambino. Il papà è un ragazzo di tre anni più grande. Lucia racconta quegli attimi: il test di gravidanza, il "gelo" interiore più forte di quello ambientale, in una giornata piovosa, fredda, resa angosciante dalla notizia.
Poi la corsa dal fidanzatino, le ore passate insieme a pensare al da farsi, un futuro che sembrava cancellato in un attimo. La ragazza racconta la comunicazione ai genitori: «Sapevo già, dentro di me, cosa avrebbero risposto. Mi confortarono dicendo che tutto ciò che è vita sarebbe stato da loro accettato e accolto come un dono». Paradossalmente, tuttavia, la solidarietà della famiglia non aiuta: «La reazione è stata comunque il rigetto: mi ero imposta, racconta, di non amare quell’esserino, di far finta che non fosse reale, pensando così che sarebbe stato più semplice per me porre fine alla sua esistenza. Annullavo dentro di me la realtà, il cuore, la mente, la pancia, anche davanti alla prima ecografia. Sentivo un cuoricino che batteva, ma per me altro non era che un "granello di sangue"».
Così Lucia si prepara all’interruzione della gravidanza: colloqui avvilenti nei consultori, fra assistenti sociali e psicologi, pronti a dare giudizi sui momenti di debolezza avuti, per convincermi che non sarei stata una buona madre. «Sono così arrivata, racconta, quasi allo scadere del secondo mese, in un’aula di tribunale, dove ho risposto alle tante domande di un giudice, al quale ho raccontato il mio sentirmi non adatta a fare la mamma». Tante domande, tante risposte, che alla fine hanno convinto il giudice a firmare. Quando, tuttavia, tutto sembra quasi finito, quando la ragazza arriva in ospedale per prenotare l’intervento, comincia a rivedere con occhi diversi la sua storia, fin dal primo bacio al papà della creatura che ha dentro di sé. Arriva il 4 febbraio, il ricovero per l’intervento. Da un latto il letto, la flebo, dall’altro le fantasie di una mamma diventano ossessioni: «Come sarà il suo viso, di che colore avrà gli occhi..».
Così, proprio quando i medici la preparano per l’aborto, arriva la decisione improvvisa di far nascere il bimbo, con quella straordinaria felicità liberante che la decisione si porta dietro: l’immaginare il bimbo, la sua vita e - oggi - veder crescere quel piccino che le corre incontro sorridente. «Vedere ogni giorno i suoi occhietti, le sue manine, sentire le prime parole, seguire i primi passi sono i regali più belli che ogni giorno ci regala. Ci ha davvero, in tutti sensi, sconvolto la vita».
Vincenzo Varagona
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