Le cronache milanesi hanno tracciato un triste bilancio delle feste di chiusura in alcuni Istituti superiori della città: feste che sapevano di Carnevale grasso, scherzi volgari, «da caserma», con intervento di Carabinieri, accolti dagli scherni degli studenti, che si sentivano privati della loro libertà. I nostri giovani sono caduti così in basso o il peggio deve ancora venire?
del 15 gennaio 2008
Le cronache milanesi hanno tracciato un triste bilancio delle feste di chiusura in alcuni Istituti superiori della città: feste che sapevano di Carnevale grasso, scherzi volgari, «da caserma», con intervento di Carabinieri, accolti dagli scherni degli studenti, che si sentivano privati della loro libertà. I nostri giovani sono caduti così in basso o il peggio deve ancora venire?
Nel mio Centro di Formazione professionale, frequentato da ragazzi che la scuola rifiuta, da loro stessi rifiutata, hanno festeggiato la fine delle attività scolastiche con bel altra creatività: una pista di go-cart nel cortile, un’altra per le macchine telecomandate, minitornei di calcio, lancio di palloncini, corsa con fiaccola stile olimpiadi, salamelle e bibite, niente alcolici. Il segreto? Hanno lavorato insieme ai loro formatori e docenti, ad un buon gruppo di genitori, ai quali è stata affidata la cucina e... basta!
È stato il risultato finale di un dialogo, che ha caratterizzato l’anno, per cui il «virus del caos organizzato» non ha attecchito come altrove, dove gli allagamenti, i gesti di vandalismo e di bullismo sono continui e una festa senza trasgressione non è considerata festa giovane!
Stupidità? Mi rifiuto di pensarlo! I nostri giovani non sono degli stupidi, qualcosa hanno voluto dirci con queste manifestazioni di banalità, di volgarità e di infantilismo, così lontane dal buon gusto. Povertà di interessi? Di cultura? C’è chi ha scritto mancanza di proposte forti, invocando quello che più volte nei nostri commenti abbiamo sottolineato, il ritorno all’educazione!
Personalmente ritengo che all’origine ci sia il malessere che circola tra i nostri ragazzi e i nostri giovani. Nonostante quello che hanno, avvertono l’infelicità del vivere, la mancanza di rapporti amicali che li liberino dalla solitudine e diano il coraggio di aderire ai valori e alle proposte forti che ci sono ma che da soli non riescono a cogliere. Non è un problema dell’Italia, ma di ogni paesi del benessere, che ogni anno rilevano un dato impressionante di morti giovani per suicidio: oltre 60.000 nei 25 paesi dell’Unione Europea. Più dei morti in incidenti stradali! Statistiche approssimate per difetto!
I poveri non si suicidano: hanno ben altro a cui pensare! Forse si accontentano più in fretta! Non sono un pauperista ad oltranza e neppure sono contro i ricchi, andrei contro a tanti amici che hanno condiviso la loro ricchezza con i poveri, in opere di grande interesse umano. Non accetto chi lega la felicità al denaro, chi vive in superficie, nel chiuso del proprio egoismo e non dà alcun peso ai tanti interrogativi che i fatti di Milano pongono a noi adulti. Nel nostro caso, la scuola è ancora uno spazio educativo e culturale che forma cittadini responsabili, capaci di inserirsi da protagonisti nella vita della comunità? In essa, i giovani si sentono persona o soltanto nome scritto sul registro, infiorato da note che li giudicano con severità intransigente? Quali messaggi passano gli insegnanti, per lunga parte dell’anno presenti più degli stessi genitori, nella loro vita di ogni giorno? La scuola deve «insegnare» o anche «educare»?
La violenza e la banalità di questi giorni sono già una risposta che mette in crisi e umilia quanti hanno a cuore i giovani e il loro futuro. Non tutti gli studenti, grazie a Dio, danno di queste risposte, la maggioranza tuttavia subisce l’arroganza di quanti hanno sposato il vuoto e la violenza. Occorre reagire! Purtroppo, tra chi subisce e non reagisce, sono i nostri ragazzi e ragazze d’oratorio vittime di un complesso di inferiorità che li porta a nascondersi più che a testimoniare la fede, i valori in cui credono. Una delle proposte forti invocate non potrebbe essere Gesù Cristo?
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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