Nel cimitero di Casarza Ligure c’è la tomba di un ragazzo, Marco Gallo, morto il 5 novembre del 2011 a soli diciassette anni. Sulla lastra di marmo c’è scritta una frase: perché cercate tra i morti colui che è vivo?
Nel cimitero di Casarza Ligure c’è la tomba di un ragazzo, Marco Gallo, morto il 5 novembre del 2011 a soli diciassette anni. Sulla lastra di marmo c’è scritta una frase: perché cercate tra i morti colui che è vivo? Le stesse parole che lui ha scritto a matita sul muro di camera sua, accanto al crocifisso, la sera prima di morire. Le stesse parole dette alle donne accorse al sepolcro ormai vuoto di Gesù. Perché cercate tra i morti? La sensazione che si prova stando di fronte al luogo dove riposa il corpo di Marco è difficile da descrivere. Pare impossibile che quel ragazzo sia lì, che il suo sorriso, la sua gioia e la sua fede siano sigillate nella pietra. Semplicemente perché Marco non è chiuso là dentro, Marco non va cercato tra i morti.
C’è un libro che racconta di lui, o meglio, in cui Marco si racconta attraverso ritagli di vita quotidiana: temi delle elementari, appunti presi al computer, poesie, post su facebook, messaggi, lettere. Così semplici eppure così pieni. Sono lo specchio di quello che è Marco, un ragazzo normale, come tutti. Eppure ha qualcosa di diverso. Emerge in lui una ricerca di verità, il desiderio di avvicinarsi a Cristo, il punto fermo. Non si accontenta della via di mezzo, Marco cerca la verità, soprattutto nelle amicizie. Così abbiamo conosciuto Marco. Lo abbiamo incontrato tra le pagine che racchiudono un frammento della sua esistenza, negli occhi dei suoi genitori, nel sorriso delle sue sorelle, in quel vero sentimento di affetto che lega i suoi amici tra loro e a lui. Marco sa parare ad ognuno di noi. Per questo non è da cercare tra i morti, ma tra i vivi.
Ogni anno il primo Novembre, la ricorrenza di tutti i santi, la famiglia e gli amici di Marco organizzano un pellegrinaggio al santuario di Montallegro. Si incontrano persone felici, piene di energia, di speranza e fede. Quest’anno, all’ottavo pellegrinaggio, c’erano circa seicento persone. L’aria che si respirava era di festa e di ascolto attento verso ciò che Dio ha voluto donarci con l’intera esistenza di questo ragazzo. Molti erano i motivi che spingevano ognuno ad essere lì, ma quello che ci accumunava era l’aver conosciuto Marco. Abbiamo, tutti, camminato con un nostro amico. Tante delle persone che sono venute a camminare insieme hanno incontrato Marco dopo la sua morte. Questo è il verbo che viene spontaneo usare: incontrare, conoscere, proprio come se fosse ancora qui a ridere e cantare con noi. “Marco - ci ha detto sua sorella Francesca - è mio fratello, ma prima di tutto è vostro amico”. La vita di Marco è stata autentica ricerca del Mistero, adesione totale alla quotidianità, esempio di santità nella semplicità, nelle circostanze e nei luoghi in cui Dio l’ha chiamato ad esserci. Essere santo, lì dove sei è la missione di Marco. Ed è quella di tutti noi.
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