Matrimonio o unioni di fatto? da Giovani per i Giovani

Un dibattito attuale molto chiacchierato riguarda la possibilità di riconoscere a livello giuridico le unioni di fatto. Proviamo a chiarirci le idee, su cosa sono i DICO, cosa pensa la Chiesa e alcune motivazioni di fondo che ci possono guidare a comprendere meglio questa discussione.

Matrimonio o unioni di fatto? da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 25 luglio 2007

Ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese. La famiglia è un bene umano fondamentale dal quale dipendono l’identità e il futuro delle persone e della comunità sociale. Solo nella famiglia fondata sull’unione stabile di un uomo e una donna, e aperta a un’ordinata generazione naturale, i figli nascono e crescono in una comunità d’amore e di vita, dalla quale possono attendersi un’educazione civile, morale e religiosa. Questo è lo slogan e la parte iniziale del manifesto di convocazione del Family Day, manifestazione che si è svolta lo scorso 12 maggio a Roma.

Già da queste prime righe del manifesto si delineano le ragioni basilari di tale manifestazione ovvero quelle di:

·             difendere la famiglia come la prima e più originaria “formazione sociale” -art. 2 della Costituzione- “come società naturale fondata sul matrimonio” –art.29 della Costituzione - nella quale si sviluppa e si perfeziona la persona umana;

·             esigere un agire primario e duraturo in suo favore.

 

Si sostiene che la famiglia è una società naturale fondata sull’unione stabile di un uomo e una donna e per questo è necessario che il parlamento non introduca, per legge e in via surrettizia i Dico, portando

alla formazione di famiglie “di serie B”.

 

 

Che cosa sono i Dico?

 

L’8 febbraio 2007 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge, redatto dagli staff legislativi dei due Ministri Barbara Pollastrini (Pari Opportunità) e Rosy Bindi (Famiglia), il cui titolo è “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, identificato nel linguaggio giornalistico e comune con la parola DICO (DIritti COnviventi).

A poter beneficiare di questi diritti sarebbero i conviventi ovvero «due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela.».

 

 I diritti fruibili nell'attuale proposta sono:

 

Decisioni in materia di salute e in caso di morte - ciascun convivente può designare l'altro quale suo rappresentante, sia in caso di malattia che in caso di morte.

Permesso di soggiorno - si consente al convivente straniero (comunitario e extracomunitario) che è già legalmente in Italia per altri motivi (ad es. turistici) di ottenere il permesso di soggiorno per ragioni affettive.

E altri diritti riguardanti: Alloggi di edilizia pubblica - Utili di impresa  - Tassa di successione  - Contratto di locazione  - Agevolazioni in materia di lavoro  - Trattamenti previdenziali e pensionistici - Diritti di successione

 

Doveri previsti:

 

Autocertificazione - Il primo dovere nasce dalla scelta stessa di due persone, anche dello stesso sesso, di regolare il loro vincolo affettivo con un DICO, e si sostanzia quindi nell'obbligo di prestarsi reciproca assistenza e solidarietà materiale e morale.

Obbligo alimentare - L'assegno alimentare disciplinato vuole garantire al soggetto in situazioni di disagio economico, che verosimilmente ha prestato affidamento sul perdurare della convivenza, un sostegno economico di sopravvivenza «per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza» sempre che la convivenza duri da almeno tre anni.

 

 

Posizione della chiesa nel confronto di questo disegno di legge

 

La posizione della chiesa riguardo alle convivenze può essere riassunto con ciò che si legge nella “Nota del Consiglio Episcopale Permanente a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto”.

 

1.           Il primo punto che viene sottolineato è che l'uguaglianza di fronte alla legge deve rispettare il principio di giustizia, che esige che si tratti ciò che è uguale come uguale, e ciò che è diverso come diverso; cioè che ciascuno abbia ciò che gli è dovuto in giustizia. Questo principio di giustizia si infrangerebbe se si desse alle unioni di fatto un trattamento giuridico simile o equivalente a quello spettante alla famiglia fondata sul matrimonio. Se la famiglia matrimoniale e le unioni di fatto non sono simili né equivalenti nei loro doveri, funzioni e servizi alla società, non possono neanche essere simili né equivalenti nello status giuridico (n°10). Ciò che viene chiamato in causa è il riconoscimento dei diritti individuali di alcune minoranze, ma non tutti i diritti individuali debbono avere un riconoscimento pubblico, solo perché promossi da una minoranza. Proprio perché le unioni di fatto, che comportano l’assenza di un vincolo stabile e riconosciuto, vogliono essere diverse dal matrimonio, lo Stato deve trattarle in maniera diversa dal matrimonio.

 

2.           Il secondo punto sottolineato è per il bene della procreazione dei figli: solo la famiglia aperta alla vita può essere considerata vera cellula della società perché garantisce la continuità e la cura delle generazioni. È quindi interesse della società e dello Stato che la famiglia sia solida e cresca nel modo più equilibrato possibile.

 

3.           A partire da queste considerazioni, riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo. Quale che sia l’intenzione di chi propone questa scelta, l’effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia. Si toglierebbe, infatti, al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro. Del resto, la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume. Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile. Queste riflessioni non pregiudicano il riconoscimento della dignità di ogni persona; a tutti confermiamo il nostro rispetto e la nostra sollecitudine pastorale. Vogliamo però ricordare che il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza o di fornire riconoscimenti ideologici: ha invece il fine di garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che vanno al di là della dimensione privata dell’esistenza (n°16).

 

 

Motivazioni laiche per opporsi ai Dico

 

 

I diritti dei bambini

“I diritti dei bambini sono più importanti di quelli dei grandi”.  Sì è rivolto in questo modo Povia alla platea del Family Day: “I bambini devono avere una mamma e un papà”, ha continuato poi il cantante “Anche se siamo separati – ha aggiunto – per favore almeno sui figli restiamo uniti”. E ancora: “Per fare una legge ci vogliono soldi, che verrebbero comunque tolti alle famiglie”. 

 

L’instabilità dei DICO

Dalle parole di Povia si evidenzia quello che dovrebbe essere l’impegno dello Stato, ovvero tutelare i deboli e gli indifesi. E la tutela di deboli e indifesi fa pensare innanzitutto ai bambini. Pochi considerano il vero bene di questi ultimi.

È chiaro che il contesto più propizio per la loro nascita, cura ed educazione è una forma di relazione caratterizzata dall’amore, dalla stabilità e dalla coesione. Ma ciò è l’esatto contrario delle convivenze, connotate (con rare eccezioni) da provvisorietà e breve durata, perché i conviventi non si impegnano con alcun vincolo a rimanere insieme. I dati parlano chiaro: gli uomini che convivono sono 4 volte più infedeli dei mariti, e le donne conviventi tradiscono 8 volte di più delle mogli (cfr. Gallagher - Waite, 2000).

 

 

I costi della legge e la povertà vera delle famiglie

Un altro problema, che emerge anche dalle parole del cantante, è quello dei costi: innanzitutto si dovrebbero affrontare pesanti spese per far entrare in vigore questa proposta di legge e per garantire che i diritti e doveri previsti vengano rispettati. Questo sarebbe di grosso danno per le famiglie se si guarda anche a ciò che l’Istat dichiara: “Nel 2003, il 12,4 per cento delle famiglie con figli di età inferiore a tre anni (circa 283 mila famiglie) dichiarava di non aver avuto soldi per pagare le bollette almeno una volta nel corso dell’anno; mentre il 20,4 per cento (circa 465 mila famiglie) si era trovato in difficoltà per l’acquisto di abbigliamento. Il 17,4 percento (circa 396 mila famiglie) ha inoltre dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese.”

Un tale provvedimento con le conseguenti spese è del tutto inutile se si considera poi che interesserebbe solo a circa 10mila coppie.

 

 

Articoli inutili della legge

Molti articoli della legge sui DICO risultano essere inutili. Ad esempio per quanto riguarda uno dei diritti più dibattuti ovvero quello delle visite ospedaliere, nessuna norma stabilisce che un malato non possa essere visitato in ospedale da chiunque egli desideri. Gli altri congiunti non possono opporsi. L’autonomia privata decide come vuole. Solo il minorenne e l’incapace sono rappresentati da chi esercita la patria potestà o la tutela, ma il minorenne e l’incapace sono esclusi dall’accesso ai Dico, ai sensi dell’articolo 1 n.1 del disegno di legge. Dunque l’articolo 4, che ammette la visita e l’assistenza di un convivente all’altro convivente ricoverato in ospedale è del tutto inutile. Anzi, tale norma è penalizzante perché attribuisce la competenza di determinare le modalità di accesso del convivente alla struttura ospedaliera.

 

 

 

Il Family Day: una testimonianza

 

“Il family day, a cui ho avuto la fortuna di partecipare, è stata una manifestazione pacifica e gioiosa, in un clima festoso non teso come quello della contro-manifestazione in piazza Navona dove i toni erano arrabbiati e polemici.

Piazza san Giovanni – il luogo del raduno nel pomeriggio –era gremita di gente. Fin dal mattino alle 7, nonostante l’afflusso fosse previsto dalle12.30, sono arrivati gruppi da tutt’Italia, con genitori e figli, bambini e vecchi, persone sane e portatori di handicap.  C’erano perfino famiglie giunte dopo un giorno di viaggio, dalle isole. Molti di loro erano cattolici, ma c’erano anche musulmani ed ebrei.

Durante il pomeriggio si sono susseguite interviste a leader di associazioni condotte dal giornalista Alessandro Zuccai, narrazione di 3 esperienze di famiglie, video-clip. Sui maxi-schermi scorrevano i nomi delle otre 450 associazioni che hanno contribuito alla stesura del Manifesto. Dalle 17 alle 18 è stata data voce al “paese reale”, è stato il momento della piazza degli italiani!

A rallegrare la giornata vi erano poi la musica, i comici, ma soprattutto i veri protagonisti della manifestazione: nonne, fidanzati, coppie appena sposate e coppie che celebrano proprio al Family Day il loro 30°, 40° anno di matrimonio. Ma la vera festosità veniva dai sorrisi dei bambini sui passeggini o tra la folla, che si divertivano con più di trentamila palloncini e la gioia di sapere di essere tutti uniti, nonostante le diversità, da un grande ideale per gridare che IL BENE DELLA FAMIGLIA È IL BENE DELLO STATO!!

Filippo Marconato

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