Maturità: un'anima antisismica

Maturità è questo: lo svilupparsi di un'anima temprata, «salda e incrollabile». Maturità non è la durezza di chi vuole controllare la vita, ma la duttilità resistente di una struttura che rimanendo sé stessa sappia accogliere gli smottamenti dell'esistenza fino a farli suoi. A che cosa mi serve tutta quella matematica e letteratura...

Maturità: un’anima antisismica

da Quaderni Cannibali

del 20 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

          «Il silenzio della terra pareva fondersi con quello del cielo, il mistero terrestre si congiungeva con quello stellare… Aljoša stava in piedi e guardava, e a un tratto, come falciato, si prostrò per terra. Ad ogni istante sentiva in modo più chiaro e quasi tangibile che qualcosa di saldo e d’incrollabile come quella volta celeste gli scendeva nell’animo. Un’idea parve farsi largo nel suo spirito, e ormai per tutta la vita e per l’eternità. Era caduto a terra debole adolescente, ma si alzò lottatore temprato per tutta la vita, e subito lo sentì e ne ebbe coscienza, in quello stesso momento».

          Si tratta di uno dei passi più belli di un romanzo-mondo, «I fratelli Karamazov». Aljoša sembra sperimentare quei rari momenti in cui l’universo, pur con le sue forze e movimenti caotici di eros e polemos, manifesta la sua armonia segreta all’uomo e nell’uomo.

          Dante aveva scritto di aver visto «legato con amore in un volume ciò che per l’universo si squaderna». La letteratura dà nome a quello a cui aspiriamo: i momenti di assoluta verità che ci conferiscono un posto nel mondo e ci rendono «lottatori temprati per tutta la vita». Che cosa è la maturità se non questa capacità di affrontare il mutevole corso delle cose forti di un’anima a prova di terremoto, che come tutte le strutture veramente antisismiche ha la capacità di resistenza non nella rigidezza, ma nella capacità di assecondare le oscillazioni delle scosse?

          Maturità non è la durezza di chi vuole controllare la vita, ma la duttilità resistente di una struttura che rimanendo sé stessa sappia accogliere gli smottamenti dell’esistenza fino a farli suoi, per rendersi ancora più temprata al fuoco e al freddo dell’esperienza, come si faceva un tempo con il ferro dolce delle spade per renderle fortissime.

          Maturità è questo: lo svilupparsi di un’anima temprata, «salda e incrollabile» come la volta celeste contemplata da Aljoša, eppure in continuo movimento ed espansione. Come è mai possibile questo in 13 anni di percorso scolastico tanto da definire l’esame che conclude il percorso «di maturità»?

          Ad Alcibiade che afferma: «Conoscere se stessi molte volte, Socrate, mi è sembrata una cosa alla portata di tutti, molte volte, invece, assai difficile», il maestro risponde: «Tuttavia, Alcibiade, che sia facile oppure no, per noi la questione si pone così: conoscendo noi stessi potremo sapere come dobbiamo prenderci cura di noi, mentre se lo ignoriamo, non lo potremo proprio sapere».

          Un percorso scolastico, unico in Europa – non solo per durata, ma anche per qualità – come quello nostrano, ci potrebbe potenzialmente offrire gli strumenti per la scoperta di questa struttura antisismica che è l’anima, e non quella di tutti e quindi di nessuno, ma proprio quella di quel ragazzo e di quella ragazza in particolare in questo contesto storico e culturale. In natura non esistono due cose uguali, non due fiocchi di neve né due foglie dello stesso albero, figuriamoci gli uomini. Solo la violenza e il controllo provano ad azzerare le differenze.

          E la Scuola sembra a volte voler controllare, più che far sbocciare. Il percorso iniziato in prima elementare e che ora si compie ha intercettato quella unicità, così evidente nei bambini, per coltivarla, svilupparla, rafforzarla nelle varie tappe, così da renderla capace di affrontare le innumerevoli variabili dell’esistere?

          Hanno dialogato tra loro le diverse fasce scolari? E le famiglie sono state la continuità del percorso o sono rimaste sullo sfondo, salvo i momenti della consegna delle pagelle? Perché tanti ragazzi che affrontano la maturità non hanno neanche deciso se andare all’università o meno? E se decidono di frequentarla spesso è perché così fan tutti, dal momento che molti di loro non sanno ancora che facoltà scegliere. Dopo 13 anni.

          Quanto ci vorrà per cambiare un percorso scolastico che ancora si fonda su principi di stampo ora comportamentista (a furia di fare una cosa, ricevendo il premio o la correzione, impari la corretta sequenza d’esecuzione, come si fa per addestrare gli animali o per i quiz della patente) ora innatista (l’intelligenza è una dote genetica quantificabile da un QI, e i percorsi scolastici non sono altro che la conferma di questi dati di partenza e chi la paga sono i cosiddetti «asini», che a volte erano semplicemente dislessici, come lo erano Galilei, Newton e Einstein)?

          Quando avremo un ministro talmente coraggioso da recuperare lo stile veramente occidentale dell’educazione, cioè proprio quello socratico, funzionale non all’utile immediato, ma a prenderci cura di noi e del mondo a partire dalla conoscenza di noi stessi? Quando cominceremo a costruire percorsi scolastici personalizzati, seppur nell’ambito di un curriculum come quello della Scuola italiana che non ha niente da invidiare a nessuno per contenuti, sia a livello liceale che professionale?

          A che cosa mi serve tutta quella matematica e letteratura se non a rendere abitabile la vita che affronto tutti i giorni? A che cosa mi servono 13 anni di studi se non portano alla maturità di chi sa prendere su di sé il peso delle cose, perché è e può essere un «lottatore temprato» di quel bellissimo e sporco mestiere che è vivere?

          Dostoevskij, come solo la letteratura sa fare, tiene insieme il paradosso e parla della scoperta di qualcosa di definitivo, benché sia ancora tutto da vivere e sviluppare nell’imprevedibile susseguirsi dei giorni, perché nel romanzo questo accade proprio ad un ragazzo che abbandona l’adolescenza. Qualcosa, anzi qualcuno, che è già e non ancora.

          Maturità è avere l’anima a prova di terremoto. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno, nella situazione attuale del nostro Paese, di giovani capaci di resistere al fuoco e al freddo delle controversie per rafforzare ancora di più la tempra delle loro anime a non sbriciolarsi alla prima scaramuccia.

          Ma siamo troppo concentrati sui problemi economici per ricordarci che la crisi dell’economia è solo la manifestazione di una crisi più profonda: antropologica ed educativa.

Alessandro D'Avenia

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