È giustissimo; infatti come è possibile fondare esattamente che non devo odiare, quando questo mi torna comodo? Il positivismo non trova nessuna istanza che trascenda l'uomo, la quale ponga una netta distinzione tra prontezza nel soccorrere e bramosia di lucro, tra bontà e crudeltà, tra cupidigia e donazione di sé.
del 22 ottobre 2009
 
Gumnior: Il positivismo può dunque, se ho capito bene, dire come nel senso di George Orwell: la guerra è buona o cattiva come la pace; la libertà è buona o cattiva come la schiavitù e l'oppressione.
È giustissimo; infatti come è possibile fondare esattamente che non devo odiare, quando questo mi torna comodo? Il positivismo non trova nessuna istanza che trascenda l'uomo, la quale ponga una netta distinzione tra prontezza nel soccorrere e bramosia di lucro, tra bontà e crudeltà, tra cupidigia e donazione di sé. Anche la logica rimane muta, essa non riconosce nessun primato all'atteggiamento morale. Tutti i tentativi di fondazione della morale su una saggezza di questo mondo anziché sul riferimento ad un aldilà - anche Kant non ha sempre contraddetto questa inclinazione - riposano su illusioni di impossibili concordanze. Tutto ciò che ha stretto rapporto con h morale rimanda in ultima analisi alla teologia.
 
Ogni morale, almeno nei paesi occidentali, si fonda sulla teologia - con buona pace di tutti gli sforzi per prendere le dovute distanze dalla teologia.
 
Gumnior: Ancora la stessa domanda, signor Horkheimer: che cosa significa qui teologia?
 
Horkheimer: In nessun modo qui teologia significa scienza del divino, o magari scienza di Dio.
 
Teologia significa qui la coscienza che il mondo è fenomeno, che non è la verità assoluta, la quale solo è la realtà ultima. La teologia è - devo esprimermi con molta cautela - la speranza che, nonostante questa ingiustizia, che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l'ingiustizia possa essere l'ultima parola.
 
Gumnior: Teologia come espressione di una speranza?
 
Horkheimer: Preferirei dire: espressione di una nostalgia, di una nostalgia, secondo la quale l'assassino non possa trionfare sulla sua vittima innocente […]
 
Gumnior: Non crede lei che la dottrina della Trinità, tre persone ed un solo Dio, non sia stato piuttosto il tentativo di congiungere il monoteismo ebraico con la rappresentazione che Cristo era il Figlio di Dio? Questo era molto importante per il cristianesimo; Cristo infatti come Figlio di Dio dava la prova che il bene deve venire in questo mondo da Dio.
 
Horkheimer: Direi: la dottrina della Trinità fu anche il tentativo di includere nel rigido monoteismo ebraico Cristo come Figlio di Dio. Dovrei però precisare qualche cosa a proposito della Sua osservazione.
 
Lei diceva che il bene deve venire da Dio. A questo posso contrapporre - e da un punto di vista ortodosso, sia cristiano che ebraico - che il bene non viene soltanto da Dio. Infatti sia cristiani che ebrei credono che Dio abbia fatto l'uomo a sua immagine dotandolo della libera volontà. Se l'uomo fa il bene lo fa di sua libera volontà; così come se fa il male, il quale certo non viene da Dio, lo fa di sua libera volontà.
 
La dottrina più grandiosa in entrambe le religioni, quella ebraica e quella cristiana, è - e qui mi richiamo ad una parola di Schopenhauer - la dottrina del peccato originale. Essa ha determinato sin qui la storia e ancor oggi la determina per coloro che pensano. Tale dottrina è possibile solo nel presupposto che l'uomo sia stato creato da Dio dotato di libera volontà. La prima cosa che l'uomo fece fu di commettere questo grande peccato nel paradiso, ed è su questa base che tutta la storia dell'umanità necessita di una spiegazione teologica.
 
 
 
 
(Da M. Horkheimer, La nostalgia del totalmente Altro, tr. it. di Rosino Gibellini, Brescia, Queriniana, 1972, pp. 73-75,77-78).
 
Max Horkheimer
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