Mercoledì 7 agosto 1957

Piccola delusione stamattina. Il cappellano doveva venire a celebrare la Messa nella mia cella, ed è andato dal vicino. Certo, è venuto a portarmi la comunione, ma non è la stessa cosa. Mercoledì venturo toccherà a me avere la Messa tutta intera per me...

Mercoledì 7 agosto 1957

da L'autore

del 05 novembre 2009

Sono salvato quasi mio malgrado

 

Mercoledì 7 agosto.

 

Piccola delusione stamattina. Il cappellano doveva venire a celebrare la Messa nella mia cella, ed è andato dal vicino. Certo, è venuto a portarmi la comunione, ma non è la stessa cosa. Mercoledì venturo toccherà a me avere la Messa tutta intera per me.

 

Mi sono alzato più presto del solito per prepararmi leggendo le preghiere per la comunione e poi, come tutte le mattine, ho seguito la Messa fermandomi al Confiteor. Dopo qualche minuto giungeva il padre e mi dava la santa Ostia. Amerei davvero potermi comunicare più volte alla settimana, ma purtroppo non è possibile.

 

Questo pomeriggio vedrò la tua mamma. È più d'un mese che ci siamo visti. La sento stanca e abbattuta. Se almeno volesse provare a rivolgersi verso ciò che le apporterebbe la gioia! Ma io stesso, al suo posto, lo farei?

 

Costato una volta di più che io sono salvato quasi mio malgrado. Il Signore mi attira senza lasciarmi la possibilità della scelta. Con la fede e lo zelo religioso che attualmente possiedo, dovrei dirmi che se oggi mi liberassero, tutto dovrebbe essere intenzioni rette e azioni di grazie. Temo assai, al contrario, che il fuoco che mi brucia non tarderebbe a consumarsi in tizzoni carbonizzanti e che la lebbra del peccato s'impossesserebbe ancora una volta dell'anima mia.

 

Che natura! Mi faccio l'effetto d'un alpinista che scala una montagna, tirato e spinto da tutto un gruppo di guide, e che non è capace se non di gemere e di reclamare quel tirarlo su che lo salva. Comprendo meglio la frase di padre Thomas: Gesù fa tutto il lavoro, non ti domanda che un piccolo sforzo, così tenue.

 

Ritorno dal parlatorio, ho visto Pierrette. Che lacerazione! Ne sono sconvolto e commosso fino alle lacrime. Ella soffre come un'ossessa e fa soffrire altrettanto anche me. Quali rovine! Mi ha parlato di te che mi ricerchi senza posa e le descrivi come sarebbe bella la vita se io fossi con voi. Forse che la sofferenza d'una bambina di sei anni non dovrebbe far gridare le pietre? O Signore, come tutto sarebbe mostruoso senza di te!

Eccomi ripiombato in un oceano di dolori. Aiutale, Signore, fa' loro conoscere il tuo Nome, attingano in Te il coraggio sovrumano di cui avranno bisogno. Da' a me una parte delle loro sofferenze, così soffrirei meno io stesso.

 

E dire che bisognerebbe contentarsi di ciò che la società ci dona. Io devo morire per l'esempio. Proprio di essi si trattava quando Cristo gridò: Guai a voi, dottori della legge, che gravate gli uomini di fardelli che non possono portare, e che voi stessi non toccate con la punta di un dito [ic 11,46]. Colpiscono i giovani, mentre noi non siamo mai se non ciò che i nostri padri hanno fatto di noi. I nostri atti non sono che le conseguenze dell'educazione che abbiamo ricevuto, degli esempi che abbiamo visto, delle tare che le loro follie ci hanno trasmesso come eredità, e il castigo ricade sulle nostre teste.

Quante ingiustizie gridano vendetta! Quanti reietti, quanti colpiti piangenti nelle prigioni, nei campi di concentramento, si leveranno nel giorno del giudizio! In verità vi dico: gli ultimi saranno i primi. [cf Mc 10,31]. Perdonatemi tutt'e due. Il vostro dolore è il mio dolore, ed è un altro chiodo che si infigge nella mia carne.

 

È quasi notte e penso tuttora a questa visita sconvolgente. Un mucchio di ricordi mi ritornano in mente: la nostra vita in comune a Strasburgo, quei rari mesi di felicità che ho potuto dare alla tua mamma. e poi il dramma. e tutte queste sventure che si sono abbattute su di noi. Non me ne dolgo: erano inevitabili, e anche ora, non intravedo come avremmo potuto fare per sfuggirle. Non si può dare la felicità agli altri, che essendo felici noi stessi, e Dio sa che non lo ero.

 

Vedi, ho l'impressione che il soffio che anima gli esseri, che dona loro vita, non abbia in me soffiato che a metà. Mi manca un elemento di vitalità, e trascino una vita non equilibrata, come quei vecchi motori che girano su tre pistoni. Qualunque cosa avessero potuto darmi, non sarei mai stato capace di approfittarne come coloro che si godono appieno la vita.

 

La felicità non è questione di godimento materiale, ma è invece uno stato dello spirito, un dono che la vita fa agli eletti di questo mondo. Suppongo si tratti per me di una carenza fisica, di una deficienza ghiandolare che avrebbe potuto essere curata, e tutta la mia vita ne sarebbe stata probabilmente mutata.

 

Passavo il mio tempo a tentare di reprimere un turbamento penoso, una specie di terrore della vita che mi faceva considerare da spettatore tutto ciò che avveniva piuttosto che da attore. Io non so ridere e nemmeno sorridere convenientemente, e tuttavia avevo in me una formidabile fame di vivere che cercava di forzare la mia natura e mi spingeva a degli eccessi disperati, gettandomi in un'atmosfera morbosa che ha finito con diventarmi indispensabile.

 

Non giungevo a mantenere un equilibrio adeguato che nell'angoscia e nelle catastrofi, perché esse mi stimolavano; senza di che, dovevo lottare continuamente contro quella deficienza che si manifestava visibilmente attraverso improvvisi rossori o pallori, su

dori freddi, tremolio incontrollabile, e non visibilmente in una sofferenza reale che potrebbe parere incomprensibile a chi non l'ha provata.

 

È per questo che giorni fa ti scrivevo che non ci sono in me due uomini, il vecchio e il nuovo. Non mi si deve rappresentare come uno di quelli individui sicuri di sé che possono scegliere liberamente la loro strada e decidere di agire male per vizio, per l'attrattiva del denaro e del piacere che esso procura, e che poi, trovano nel dolore il volto di Cristo e ricercano Dio con lo stesso accanimento con cui cercavano prima il godimento. Quegli uomini fanno i grandi peccatori. e i grandi santi.

 

No, io non ho quella volontà, e sono molto più floscio, indeciso. Striscio gemendo e spossato, in questa indecisione morale che mi caratterizza. Comprendi che in tutto ciò che è avvenuto vi è una volontà? che la libertà che possedevo, sebbene esistente, era tuttavia relativa assai, e che per il fatto stesso la mia morte è redentrice, anche se pare ingiusta?

Restano, certissimo, coloro che soffriranno per causa mia.

 

Véronique diletta, Gesù desidera questa morte: se mi toglie al tuo amore di bambina, è perché ha giudicato preferibile per il bene di tutti noi richiamarmi a sé. E quante più cose buone è Egli capace di donarti, che io non potrei fare! Fiducia, fiducia nell'amore di Gesù.

 

Jacques Fesch

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