MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE AI GIOVANI DEL MGS 2007

Carissimi giovani, anche se lontani nel tempo, penso a voi e vi sento vicini con la vostra voglia di vivere, di essere felici. Sostengo con la mia preghiera le vostre aspirazioni più belle, e vi sono accanto nei vostri momenti difficili. Voi siete la mia vita, e perciò queste mie sono le parole di chi vi ama teneramente nel Signore Gesù.

MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE AI GIOVANI DEL MGS 2007

da Rettor Maggiore

del 31 gennaio 2007

 

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Carissimi,

successore di un sognatore, ho fatto anch’io un sogno e ve lo voglio raccontare, con la stessa semplicità e confidenza con cui il nostro padre don Bosco si confidava ai suoi giovani nelle buone notti a Valdocco.

Ho sognato che lui stesso vi scriveva personalmente questo messaggio, quasi come una nuova Lettera da Roma. Io gli ho solo prestato la mia mano (e il mio computer).

Eccovi dunque il messaggio di don Bosco. Leggetelo con la stessa semplicità e lo stesso amore dei suoi giovani.

Un saluto caro anche da me.

Don Pascual Ch√°vez Villanueva

 

 

 

 

Carissimi giovani,

 

anche se lontani nel tempo, penso a voi e vi sento vicini con la vostra voglia di vivere, di essere felici. Sostengo con la mia preghiera le vostre aspirazioni pi√π belle, e vi sono accanto nei vostri momenti difficili.

Voi siete la mia vita, e perciò queste mie sono le parole di chi vi ama teneramente nel Signore Gesù.

 

Vorrei avere tutto l’amore dolce e forte di mia mamma Margherita per parlare al vostro cuore di figli e comunicarvi quella grande passione per la vita che ella mi ha trasmessa fin da bambino. Nel suo cuore di madre pulsava il cuore di Dio amante della vita, ed io ho imparato a riconoscerlo nella splendente e calda luminosità delle albe e dei tramonti, come nel povero che bussava alla porta di casa. La mamma trovava le parole giuste, i gesti essenziali per svelare con semplicità l’amore che abbracciava la vita. Un amore che copriva e guariva anche la ferita profonda aperta dalla morte di mio padre.

 

Le stesse parole tenere e forti io rivolgo a voi, cari giovani. La vita è il dono più prezioso che avete ricevuto: rispettate, difendete, amate e servite la vita, tutta la vita e la vita di tutti!

Il Dio appassionato della vita non tollera che si faccia mercato della vita dell’uomo. Gli esseri umani non sono merce. Ci sono stati tempi, e purtroppo non sono finiti, in cui gli esseri umani erano venduti e comprati. Succedeva nelle vie di Valdocco, come succede oggi nelle piazze e nelle strade delle vostre città.

Non ho più dimenticato quel che ho visto nelle carceri e nelle strade, nella terribile realtà di tutti i giorni. Ha cambiato la mia vita: decisi così di spenderla per liberare i giovani da tutte le carceri, quelle materiali e quelle della solitudine, della tristezza, dell’ignoranza, della delinquenza, dello smarrimento, della disperazione.

I miei erano tempi tristi, ma anche voi vivete avvenimenti drammatici in cui ancora una volta domina il disprezzo per la vita umana, la violenza terroristica, l’abuso e lo sfruttamento di bambini e di donne. Di fronte a tale realtà non potete rimanere indifferenti, soprattutto come giovani. Da voi deve nascere una nuova energia, un movimento che comunica la passione di Dio per la vita dell’uomo.

 

Voglio mostrarvi, cari giovani, il cammino per rispondere a questa missione e per vivere una vita piena, felice e feconda. Il segreto è l’amicizia con Gesù Cristo. In Lui si è manifestata la misericordia e la tenerezza del Dio che ama la vita. Egli è entrato nel vivo della vicenda umana, unica e meravigliosa; ha speso tutta la sua vita liberando, salvando e dando vita a tutti gli oppressi dal male; ha conosciuto la gioia, l’amicizia, ma anche il dolore, la persecuzione e la morte. Ma dando la propria vita per amore e risorgendo dalla morte, ha dato origine ad una vita piena e per sempre.

La sua resurrezione è come l’eruzione di un vulcano che dimostra che nell’interno dell’universo arde già il fuoco di Dio, che agiscono già la nuove forze vitali di una terra trasfigurata.

 

Per capire e vivere questo mistero che sta nel cuore della vita, cari giovani, dovete alzare lo sguardo.  

«Che cosa vedi, Geremia?», chiede il Signore al profeta. «Vedo un ramo di mandorlo» (Ger 1,11-12). Il mandorlo è l’albero che fiorisce per primo e annuncia la primavera. Lo stato di veglia lascia intravedere al profeta l’invisibile nel ramo fiorito. Solo l’occhio attento e vigile riesce a cogliere questo miracolo, il miracolo della vita che rinasce dopo l’inverno. Per capire il vostro cuore, il mistero profondo della vita, dovete essere vigili, con gli occhi attenti e illuminati della fede.

Alzate gli occhi dalla quotidiana distrazione che vi conduce a un vuoto di pensiero, cominciate a far vivere la parte più profonda e più intima di voi stessi, affidatevi alla preghiera che vi svelerà le profondità del cuore di Dio e del vostro cuore di uomini e donne. Dai pozzi profondi della vostra anima attingerete un nuovo senso delle cose, una visione ampia della storia, la fraternità che nasce del cuore del Cristo Risorto, che si manifesta nella Chiesa. Essa è il “sacramento” della misericordia di Dio in questo mondo. È la casa di Dio accessibile, calda ed accogliente, il luogo dell’ascolto della sofferenza dell’uomo, in particolare dei giovani e dei poveri.

 

La vostra società, almeno quella occidentale, è più ricca, ma deve fare i conti con nuove povertà. E la Chiesa non può situarsi in altro posto se non vicino alla Croce di Gesù, sorgente di resurrezione. Il suo posto è vicino ai piccoli, alla gente sfinita e ferita, a quelli che non contano o sono rimasti tagliati fuori dalla carovana trionfante del progresso. Cristo, ancora una volta, viene crocifisso fuori dalla città, ai margini della storia. La Chiesa “samaritana” deve essere là: i poveri sono la sua “terra santa”. E questa terra santa è il terreno fecondo del vostro impegno giovanile.

La Chiesa deve rendere visibile, in modo trasparente, la bellezza e l’amore di Dio che vuol vivere in mezzo a noi, oggi. E voi, cari giovani, dovete costruire questa Chiesa come Cristo la vuole, volto della misericordia del Dio della vita. 

 

Questa è la via che ho voluto insegnare ai miei cari giovani di Valdocco e che vi invito a costruire nei vostri ambienti giovanili. Valdocco non era uno spazio anonimo come la strada, ma una vera casa accogliente, un ambiente umanissimo, ricco dei valori e del calore della famiglia. Mia madre Margherita ci ha messo tutta la cura e la tenerezza di una madre. Io ci ho messo tutto l’amore di un padre. Come un vero padre di famiglia, ho dato ai miei figli una casa, i vestiti, il pane, il lavoro, l’istruzione, il divertimento. Ho sposato con tanta passione questa missione che chiesi al Signore di farmi incontrare e di poter accogliere tanti giovani, e di liberarmi da tutto ciò che non era il loro interesse.

L’oratorio divenne un luogo di vita e di aggregazione giovanile, dove le attese e le iniziative dei giovani, il loro linguaggio e il loro protagonismo trovavano accoglienza, promozione e spazio.

Camminavano in una vera maturazione di uomini e di cristiani, entusiasti della vita, secondo lo spirito di libertà del Vangelo. Le vigorose personalità maturate a Valdocco ne sono la prova: da Domenico Savio a Michele Magone, fino ai pionieri missionari, Cagliero, Lasagna, Costamagna, Fagnano, e tante altre figure di alto profilo.

Educavo la libertà e la creatività dei miei giovani: li volevo illuminati sui motivi delle loro decisioni; davo tutto il posto dovuto alla ragione; moltiplicavo le lezioni di catechismo e le buone notti, in cui spiegavo perché e come si deve credere. Volevo dei ragazzi energici nelle loro scelte, senza rispetto umano. Li spingevo a prendere delle iniziative in tutti i campi. Non li tenevo in clausura per paura del mondo. Ci aprivamo con coraggio alle parrocchie, ai bisogni della città, della Chiesa, del mondo. Era un ambiente incredibilmente traboccante di vita e di entusiasmo. Eravamo coscienti di poter cambiare il mondo, e l’amore che ci legava insieme ne era già il segno.

 

Sogno che ogni mia opera sia come il primo mio oratorio, e penso a voi per fare realtà questo sogno. Il mio sogno è di vedere i giovani che incontrano Cristo e trovano in Lui il senso e la gioia della vita, la risposta alle loro attese e ideali, il loro ruolo nella Chiesa e nel mondo. Il mio sogno è di vedere voi, giovani del Terzo Millennio, come risorsa del presente, sviluppando i vostri talenti e le vostre energie di bene, investendoli nel servizio degli altri, in modo da ringiovanire la società e la Chiesa. Il mio sogno è di vedervi missionari dei vostri amici, rendendo visibile negli avvenimenti di tutti i giorni il volto di Cristo nel quale ognuno si riconosce.

Questo mio sogno si concretizza nell’impegno mio e di tutta la Famiglia Salesiana di essere sempre più chiaramente ed esplicitamente promotori della cultura della vita, contro tutto ciò che può minacciarla o sminuirla, portatori dell’amore di Dio, padri e maestri di spirito, guide intelligenti e capaci di accompagnarvi nella ricerca di progetti di vita belli e coinvolgenti.

 

In questo impegno contate sempre sull’aiuto materno dell’Ausiliatrice, la Madonna dei tempi difficili, che è stata per me una Madre e una Maestra e che ha promesso di prendere sotto la sua speciale protezione quanti entrano in una casa salesiana. Affidatevi a Lei con tutta fiducia e anche voi vedrete fiorire i miracoli nella vostra vita.

 

Cari giovani, sentitemi sempre vicino a voi; uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici adesso e per sempre, seguendo il cammino delle beatitudini evangeliche, per poter partecipare tutti insieme alla grande festa della vita nel cielo. 

 

Torino, 31 gennaio 2007

 

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don Pascual Ch√°vez Villanueva

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