Abbiamo, grazie a Dio, una spinta profonda che ci obbliga a lasciare le nostre comode solitudini, a cercare amici, persone con cui stare, con cui fare progetti, con cui sperimentare la capacità di dono. Nasce prepotente sempre l'amore, che è una vocazione scritta nel Dna dell'uomo e della donna, del ragazzo e della ragazza...
del 27 febbraio 2007
Ciascuno di noi spesso con fatica, o perché hanno faticato per lui i suoi genitori, tiene una casa; ha un luogo in cui una porta che si apre o chiude permette di creare uno spazio di intimità, di accoglienza, di vita e di amore. La casa gli dà il diritto inviolabile della sua libertà. Quando non abbiamo casa soffriamo, stiamo in pensiero, ne dobbiamo cercare un’altra, ci sentiamo sradicati, quasi senza diritti.
Se poi hai la fortuna che la casa sia tua sei ancora pi√π contento. E quando viene qualcuno a bussare alla tua porta metti in atto tutta una serie di attenzioni per difenderti o per accogliere.
Le aspirazioni, i desideri, i sogni di ciascuno di noi si collocano nell’insieme delle molteplici proposte che la società in cui viviamo ci fa. 
    La nostra fantasia inventa nuovi mondi, nuovi orizzonti, percorsi intrecciati di ricerche e di scoperte. Ci pensa poi giustamente il nostro istinto a scrivere in noi la forza della conservazione, la voglia dello star bene, il desiderio di dare felicità alle nostre relazioni. Abbiamo, grazie a Dio, una spinta profonda che ci obbliga a lasciare le nostre comode solitudini, a cercare amici, persone con cui stare, con cui fare progetti, con cui sperimentare la capacità di dono.
Nasce prepotente sempre l’amore, che è una vocazione scritta nel Dna dell’uomo e della donna, del ragazzo e della ragazza.
 
Ho preso la direzione che porta alla felicità o mi sto ingannando?
Sento di avere in cuore desideri di bontà, ma anche tentazioni di cattiveria.
Riuscirò a stare sempre dalla parte del bene? Riuscirò con la mia vita a rendere felice qualcuno?
Perché mi sento dentro tanta scontentezza? Perché alcuni giorni sono entusiasta e altri invece non riesco a trovare un solo motivo per cui valga la pena di spendere la mia esistenza?
Essere religiosi, credere in Dio mi aiuta o mi complica maggiormente tutta la confusione che ho in testa?
Che Chiesa è questa che incontro e che non riesco a capire? Ha qualcosa da dire a questa mia giovinezza, a questo mio cercare?
Ora che sto sperimentando di potermi fare convinzioni personali, che bisogno ho di una chiesa che mi vuol dire che cosa devo fare? Non è forse giunto il momento di fare secondo quello che mi nasce dentro spontaneamente?
Farsi domande è una caratteristica dell’uomo: l’animale non se le fa, l’ubriaco e il drogato nemmeno; loro basta spaccare o ridacchiare, insultare e disturbare. Quando sei nel massimo dell’incoscienza puoi vivere in apnea, ma la vita prima o poi ti prende e ti squarcia le nebbie e ti chiede conto di chi vuoi essere e occorre mettere in fila i vari pezzi del nostro esistere e dell’esistere del mondo per avere risposte appena passabili.
 
Ebbene, immaginiamo oggi di essere in compagnia di Gesù, con questo bagaglio di domande, con le nostre piccole o grandi conquiste e risposte che ci siamo dati e mettiamoci in ascolto. Non vogliamo farlo diventare l’attaccapanni o la gruccia delle nostre speranze deluse o dei nostri tormentoni. Vogliamo ascoltare la sua vicenda. Anche lui ha la sua vita da raccontare; è un po’ di tempo che percorre le strade della Palestina, ha già incontrato tante persone, ha dato forza a tanti scoraggiati, ha fatto miracoli, ha rimesso in piedi storpi, ha dato la vista a ciechi, ha fatto rinascere speranza là dove c’era solo rassegnazione, se non disperazione, è entrato nella storia di alcuni uomini e li sta aiutando a dare alla loro esistenza una strada vera, autentica, che sicuramente porta alla felicità.
La sua impressione però è che coloro che lo seguono, e potremmo essere anche noi, lo stanno comprendendo male; scorge nei ragionamenti dei suoi discepoli che ci sono tentazioni di faciloneria, false consapevolezze che la strada sia in discesa, che ormai basta lasciarsi andare nella corrente della predicazione e dei miracoli che fa: una vita impegnativa, non comoda, ma tutto sommato molto gratificante. Invece Gesù dice a chiare lettere, senza temere di scandalizzare, di destabilizzare, di scoraggiare e di far abbandonare che c’è un salto di qualità da fare.
Anche noi che abbiamo cominciato a seguire Ges√π, che abbiamo fatto i nostri anni di catechismo, pensiamo che la strada di Ges√π sia quella che abbiamo intuito: politicamente corretta, sufficientemente condivisibile, abbastanza normale.
 
Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli...
E’ inutile nascondersi dietro un dito e nascondere a questi generosi discepoli quale sarà la prova suprema della vita e della sequela. Gesù non racconta un’altra delle sue parabole che tanto sono utili per capire ed essere coinvolti nella ricerca della verità, ma dice, parla, la sua parola stavolta è diretta, non ci sono più veli e pericoli di fraintendimento. Sa di avere davanti gente che gli vuol bene e parla liberamente. Sa di essere circondato da affetto, di avere una compagnia dura a capire, ma generosa e dedicata e apre a loro il futuro vero che li aspetta.
 
...che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.
C’è un imperativo solo nella mia vita: l’amore che ho verso di voi; il mio amore è passione, è portare dentro di me le fatiche, le sofferenze, le aspirazioni, le frustrazioni, le ansie di tutti voi, di tutta l’umanità. Mi voglio caricare io sulle spalle tutto quello che voi e che l’umanità deve sopportare, tutto il male che si vuol fare. Devo patire molto per voi, ma lo faccio volentieri, per questo sono venuto. Vi ricordate che cosa diceva Dio mio Padre, quando si accorse che gli uomini stavano rovinandogli tutto il creato? “È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. (Gen 6, 13) Oggi non è più così. Dio non vi distrugge più, ha mandato me a tirarvi fuori dal male che continuate a fare e per questo mi carico dei vostri delitti. Voi sapete però che la bontà che sto cercando di inscrivere nel mondo ha dei nemici irriducibili: il potere, la ricchezza e la autosufficienza. Questi sono incarnati oggi nei sacerdoti del tempio, negli anziani, negli scribi.
Sono le tre maschere del male, sono le stesse tentazioni in cui tante volte soccombiamo anche noi, che scatenano il nostro egoismo anziché l’amore; sono gli inganni di sempre: avere soldi, mettere sotto gli altri, credersi saputi, giusti, credere di avere tutte le risposte vere della vita, farci noi bilancia del bene e del male.
Gesù deve trovarsi di fronte a questo male e l’unico modo di vincerlo è di passarci in mezzo
Gesù predice che viene ucciso. Non è uno che muore di morte naturale, ma viene violentato nella sua vita e gli viene tolta. Muore di morte violenta, non terminerà la sua vita in una dolce vecchiaia, ma sarà ammazzato.
 
 
Ma risorgeròMa sappiate bene, che questo è solo un passaggio. Io non mi lascio vincere dalla morte, io sono il vivente. Nessuno può distruggere questo amore che vi porto; mi faranno patire, si scaglieranno con tutte le forze del male contro di me, mi vorranno fare a pezzi, mi faranno passare attraverso il crogiolo del dolore, ma risorgerò.
Appare esplicita, decisa, chiara, nuovissima la parola del futuro: risorgerò.
Si divertiranno e si scaraventeranno su questo mio corpo, ma risorgerò il male si scatenerà su di me, ma risorgerò Si divertiranno col mio corpo e con il mio messaggio, ma risorgerò
Mi vorranno convincere che la mia vita è stata inutile, è stata una bestemmia, ma
Risorgerò Mi percuoteranno per percuotervi e disperdervi, ma risorgerò
Lanceranno il sasso e ritireranno la mano, ma risorgerò
Avranno in mano il mio corpo, lo calpesteranno, come calpestano tante vite, ma
risorgerò
Non sembrerà loro vero di potermi umiliare e uccidere, ma risorgerò
Daranno via libera a tutta la loro potenza di fuoco, ma risorgerò
Torneranno soddisfatti dal Calvario, ma risorgerò
Metteranno delle guardie al mio sepolcro, ma risorgerò
Ges√π si rende conto che ha davanti gente impaurita, cui cascano tutte le piccole o grandi illusioni che si stavano facendo e insiste sulla finale, ma a loro resta in mente soprattutto lo smacco della morte.
 
Gesù ha appena finito di fare la lezione: tutti sono stati attenti, ma è una lezione scioccante: taglia alla radice qualsiasi illusione che ancora i discepoli si potevano essere costruita.
 
Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”.
E’ ancora Pietro che ci rappresenta tutti. E Lui che si fa interrogare, come a scuola ci capita di trovare sempre qualcuno che riesce bene, sa stare col professore, e si prepara per salvare la classe, si offre per tenere a bada il professore. La reazione di Pietro è importantissima, svela la nostra lontananza da Dio. Pietro gli vuole bene, come un poco gliene vogliamo anche noi. Il nostro voler bene è di evitargli qualsiasi sofferenza, di dichiarare che siamo disposti a tutto per lui, come era disposto Pietro, ma non abbiamo ancora capito quale è il bene vero che ci vuole Dio, è un bene che passa attraverso una disfatta, quella della croce. La croce è uno scandalo per tutti, una pietra in cui puoi inciampare e cadere, se lui non ci dà la grazia di capirla, affrontarla e portarla nella nostra stessa vita.
Pietro interviene scandalizzato, tira in disparte Gesù, non vuole che parli così, che ne è del Cristo se è un perdente? Pietro è sicuro che Dio non finisce così: lui è sicuro di sapere che cosa Dio vuole, lui si è fatta una immagine di Dio, ha ascoltato bene quello che Gesù diceva, ha ancora scolpite nella mente le beatitudini, ha ancora sulla pelle le emozioni dei grandi miracoli, sente ancora la forza della speranza che Gesù gli ha comunicato e non vede nessuna parentela con quello che ora sta dicendo.
 
C’è un verbo che diventerà decisivo per la vita di Pietro: Gesù voltatosi. Gesù lo vuol guardare in faccia, vuol leggergli negli occhi tutta la sua sincerità, ma anche tutta la sua ingenuità e la sua debolezza. Si volterà ancora verso di lui durante uno dei tremendi passaggi da un posto all’altro in balia della soldataglia e guarderà di nuovo Pietro con quel suo sguardo che tutti ci vorremmo sentire addosso. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E, uscito, pianse amaramente.”(Lc 22, 61)
 
Anche qui Gesù si volta e dice a Pietro: “Mettiti dietro a me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini! ”.
Gesù rimette Pietro nella posizione giusta, al discepolo compete seguire, stare dietro, fare ciò che Gesù indica, lasciarsi dirigere, orientare.
Abbiamo una guida, non siamo noi la guida; abbiamo uno che ci apre la strada della vita, non possediamo noi la vita; abbiamo chi ci definisce il percorso, noi abbiamo solo strade che portano alla confusione.
 
Pensare secondo Dio
Riuscire a pensare secondo Dio è la sfida più grande della nostra esistenza. Per questo abbiamo bisogno di metterci sempre in ascolto della Parola di Dio. E’ più di una tentazione quella di voler definire noi che cosa deve fare Dio. Quante piccole e grandi crisi di fede dei giovani partono proprio da qui, dal voler giudicare Dio, dal sentirci talmente sicuri, da voler dettare a Dio i comportamenti, il come condurre il mondo, come non far capitare questo o quello. Non credo in Dio perché fa scoppiare le guerre, perché fa soffrire chi non ne ha colpa, perché mi ha tolto dalla vita i miei amici, me li ha fatti morire, perché non me ne fa andar bene una mentre invece altri che sono peggio di me hanno tutto. Non riesco a credere in un Dio buono che permette tutto questo male che c’è nel mondo. Ma che Dio è questo che non sta in un minimo di politicamente corretto?
E’ più facile che mettiamo Dio alla sbarra, piuttosto che andarci noi. Solo che se un processo si deve fare, è nella nostra vita e nella nostra coscienza che va fatto.
Mettiamo Dio alla sbarra quando non siamo capaci di guardare al male che abita in noi
Mettiamo Dio alla sbarra quando non riusciamo a smascherare il nostro egoismo
Mettiamo Dio alla sbarra quando ci lasciamo condizionare da emozioni comode
Mettiamo Dio alla sbarra quando riteniamo ineluttabile la guerra, la fame, la miseria
Mettiamo Dio alla sbarra quando diciamo che i poveri sono degli inetti e che lo sono per colpa loro
Mettiamo Dio alla sbarra quando diciamo che il male che ci sentiamo dentro è più forte di noi
Mettiamo Dio alla sbarra quando ci lamentiamo che Lui non si fa mai vedere
Mettiamo Dio alla sbarra quando lo accusiamo di tutti i delitti che capitano per le nostre strade
Mettiamo Dio alla sbarra quando piangiamo amici morti per incidenti stradali
Mettiamo Dio alla sbarra quando non abbiamo il coraggio di assumerci le nostre responsabilità personali e sociali.
Uno dei compiti proprio dello Spirito Santo sarà quello di convincerci di peccato, cioè di rifare quel processo che gli uomini hanno intentato e intentano a Gesù ogni giorno per ristabilire la giustizia, la responsabilità e la strada della conversione.
 
24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi
se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Allora la scelta più bella è di metterci dietro a Lui.
Gesù mi voglio mettere dietro a te per prendere anch’io il mio pezzo di mondo da cambiare
Mi metto dietro a te per non perdere la bussola della vita
Ho scelto di mettermi dietro a te perché so che mi vuoi bene
Sto dietro a te perché ho bisogno di forza per portare con te il male mio e del mondo
Mi metto dietro a te perché sento che mi manchi
Mi metto dietro a te perché quando ti abbandono sono infelice
Mi metto dietro a te perché la mia superficialità mi gioca brutti scherzi
Mi metto dietro a te perché da solo non riesco a vincere il mio egoismo
Mi metto dietro a te perché devo smettere di pensare a me stesso
Voglio stare dietro a te perché mi arrivano addosso croci da portare e da solo mi scoraggio
 
5 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Salvare la propria pelle è la legge principale di ogni uomo, è la necessità assoluta dell’uomo in guerra, è il desiderio di tutti. Ma noi non vogliamo salvare la nostra vita ad ogni costo. La vita la si salva se siamo capaci di farne dono, se riusciamo a salire su un grande baobab e la sappiamo guardare dall’alto, dal punto di vista di Dio, per capirla, per donarla, per farne regalo.
Noi ancora crediamo che salvare la vita sia metterci il massimo di egoismo, di difesa, di pensare a se stessi, di creare barricate, fortini, ponti levatoi continuamente alzati. Resteremo chiusi nella nostra prigione dorata. La vita non la si vive se ce ne facciamo una prigione, ma solo se apre continuamente porte e finestre perché tutti vi possano entrare per trovare gioia, dono, accoglienza, serenità. La vita non la si può nemmeno comperare o barattare. Non c’è nessuna polizza per te, per la tua vita. Le polizze sono fatte per farle godere agli altri, non a te. La vita è un bene fuori commercio, non sta nelle svendite di fine stagione, è sempre e solo un dono.
 
Salvare la vita invece è farne il massimo dono per la causa di Gesù. E’ intuire e innamorarsi della causa di Gesù e buttarsi senza calcoli, senza riserve.
Ma quale è la causa di Gesù?
E’ il suo regno di amore e di giustizia, di pace e di verità
E’ il suo dedicarsi ai poveri
E’ annunciare la grande misericordia di Dio
E’ mettere a disposizione di tutti vita piena
E’ offrire a tutti la chiave della comprensione della vita e della felicità
È fare diventare gli uomini tutti fratelli
E far amare la vita a tutti, anche a chi la disprezza e la soffoca dentro di sè
È far crescere i piccoli semi di bontà che ci sono in ogni cuore
È aiutare gli scalognati, quelli che nessuno vuole per amico
È dare speranza a chi non si ama più e ha deciso di buttare la sua vita o di venderla a pezzi.
E il suo vangelo intero Un ragazzo in grosse difficoltà di comportamento morale, mi chiedeva in questi giorni: Andrò all’inferno per questi miei comportamenti, per queste passioni che non riesco a controllare? Io gli dicevo: è la domanda più giusta da fare questa oppure ti devi chiedere quanto bene vuoi a Gesù, quanto ne vorresti esprimere, come potresti meglio conoscerlo per amarlo di più? La vita cristiana non è comportarsi bene per paura di un castigo, ma è innamorarsi di Gesù e farsi trascinare dal suo amore. Farsi prendere dalla sua causa e deciderci per Lui.
 
Ci sentiamo di sbilanciarsi dalla parte della causa di Gesù? C’è qualcuna di queste affermazioni, che colorano di concretezza la sua causa, che mi possono vedere impegnato a realizzarla?
Ges√π si aspetta anche oggi che qualcuno gli si metta dietro.
Anch’io mi voglio mettere dietro a Gesù.
Molti però ci domandiamo: quella che stiamo seguendo è la strada giusta della vita?
 
 
mons. Domenico Sigalini
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