«Ho sempre costruito maschere, barriere, che mi hanno diviso dagli altri e sono solo»: è la confessione di Sergio, un ragazzo di 17 anni. Potrebbe essere quella di molti adulti e giovani, che vivono «in maschera»: non si conoscono e hanno paura che altri li conoscano per quello che sono.
del 30 gennaio 2008
«Ho sempre costruito maschere, barriere, che mi hanno diviso dagli altri e sono solo»: è la confessione di Sergio, un ragazzo di 17 anni. Potrebbe essere quella di molti adulti e giovani, che vivono «in maschera»: non si conoscono e hanno paura che altri li conoscano per quello che sono.
Il tema della «maschera» è ricorrente nella letteratura: da Calderon de la Barca a Shakespeare a Pirandello, tanti scrittori e poeti hanno definito la vita come un gran palcoscenico o un grande Circo, nel quale ognuno recita o vive la sua parte.
Fra pochi giorni saranno concluse le elezioni: chissà quante maschere cadranno di fronte ai risultati attesi, sperati e delusi e quante ne cadranno ancora di fronte all’esame della vita, dei fatti! Non so se sto peccando di moralismo, invitando i futuri deputati e senatori a mettersi allo specchio e cercare, in un momento di verità, di dire almeno a se stessi, se stanno «recitando» per il bene del popolo o se hanno «scelto» di mettersi in politica per un servizio vero, autentico, sofferto all’uomo, alla comunità.
«Abbi uno specchio e favvi dentro specchiare la cosa viva», era il consiglio che Leonardo da Vinci dava agli artisti per vedere se c’era conformità tra quanto ritratto e la vita. Lo giro ai politici che uno specchio ce l’hanno per «lustrare» se stessi: si chiama coscienza. Se la mettono a tacere per amore del loro schieramento, sarebbe una vera calamità dalla quale nessuna Protezione Civile potrebbe salvarci.
Scrivo queste note per quanti da anni stanno dando la vita nel volontariato gratuito, in scelte di servizio non sempre riconosciute dai politici, spesso da loro ostacolate o sostenute perché sono a favore di categorie che costano e non producono: anziani, portatori di handicap, di disturbi psichici, poveri barboni, alcoolizzati, immigrati...
Le scrivo per i giovani, che invocano testimoni più che parolai, gente che opera e non gente che parla; persone che affrontino i loro problemi dell’occupazione, della scuola, della formazione professionale, del tempo libero, dello sposarsi e mettere al mondo figli, senza il cappio di debiti o mutui per la casa.
Le scrivo per le famiglie, impotenti di fronte ai ritmi frenetici del lavoro, stressate dal crescere delle difficoltà economiche, che impediscono loro di educare e stare accanto ai figli in modo sereno e propositivo. Il carattere della falsa vita, della vita in maschera, nasce dallo spreco di parole: quante ne stiamo sentendo in questi giorni? Fossero almeno dei «clown», i nostri politici riuscirebbero a darci la gioia di un sorriso, di un futuro, una speranza, perché è del clown la gioia, l’umorismo, la gratuità, anzi la gratuità è la loro «aria natale» come la libertà, che non barattano neppure per un pezzo di pane! Politici-clown potrebbero far saltare in aria politici-maschera! Il 9 aprile mi vien da votare un clown, che è dalla parte del cuore, della famiglia, della vita, della solidarietà, dell’accoglienza, della fantasia.
 In questi tempi la Chiesa non è molto loquace! Laicisti storici le suggeriscono di tenere la bocca chiusa, schivando un utile confronto con il ricco bagaglio della dottrina sociale, che la Chiesa ha messo da parte nel tempo. Ho l’impressione che, anche in questo conflitto politico, chi crede nei valori del Vangelo uscirà ancora una volta perdente, segno che è dalla parte giusta, quella di Gesù Cristo, morto in croce per non essere stato dalla parte dei vincenti ma dei perdenti, buttando la propria vita per la salvezza degli altri.
 
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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