Migranti filippini cristiani costretti a convertirsi all'islam

Infermiera filippina da 10 anni nel Paese Arabo racconta la drammatica situazione dei lavoratori cristiani, costretti ad abbracciare l'islam per paura di perdere il lavoro. Abusi e violenze non fermano i migranti che continuano a scegliere i Paesi del Medio Oriente per il facile impiego.

Migranti filippini cristiani costretti a convertirsi all’islam

da Attualità

del 02 febbraio 2010

 

          “Vivo in Arabia Saudita da 10 anni e in questo periodo ho visto molti cattolici e cristiani filippini accettare l’islam a causa della loro terribile situazione di lavoratori migranti in terra straniera”. È quanto afferma Joselyn Cabrera, infermiera filippina cattolica impiegata in un ospedale di Riyadh.

 

 

          A causa della disoccupazione presente nelle Filippine oltre 10milioni di lavoratori resiedono all’estero; ogni giorno oltre 3mila persone lasciano il Paese. Di questi la maggior parte cerca lavoro nei Paesi Arabi, dove vivono circa 600mila filippini; 200mila nella sola Arabia Saudita.

          “Dopo qualche mese – racconta Joselyn - i datori di lavoro danno l’ultimatum, e dicono che dobbiamo diventare musulmani per non essere licenziati”. “Per noi è difficile scegliere quando si è nella nostra condizione – continua – ma se non accettiamo diventiamo vittime di abusi”. La donna dice di aver assistito in questi anni ad almeno 50 conversioni forzate sul posto di lavoro. “Anche io – aggiunge - ho subito pressioni dai colleghi musulmani, ma ho sempre rifiutato dicendo che preferisco restare cattolica. Per ora non mi è accaduto nulla”.

          Secondo i dati della Philippine Overseas Employment Administration (Poea) dal 2007 al 2008 l’emigrazione verso il Medio Oriente ha visto un aumento del 29,5% che per la facilità di impiego si conferma tra le prime scelte dei migranti. E questo nonostante le terribili condizioni di lavoro, il rischio di conversioni forzate e gli abusi sessuali subiti dalle donne.

          Il caso più recente riguarda una donna vittima di uno stupro sul posto di lavoro in Arabia Saudita. Le autorità l’hanno accusata di aver avuto rapporti extraconiugali, vietati nel Paese arabo, e dall’11 settembre è rinchiusa in una prigione della capitale. In seguito alla violenza la donna è rimasta in cinta e per le dure condizioni dei carceri sauditi ha perso il bambino. In febbraio essa dovrà comparire davanti ai giudici e rischia una condanna a 100 frustate.

Santosh Digal

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