Miracoli Eucaristici 4 - Il miracolo di Boxtel

Questa vicenda ci insegna a non vivere superficialmente il nostro rapporto con l'Eucaristia: lì c'è un sangue che pulsa d'amore per l'uomo, ancora e nonostante tutto, a dispetto dei gorghi del peccato e delle infinite menzogne che fuori o dentro la Chiesa vogliono indebolire la forza del Mistero.

Miracoli Eucaristici 4 - Il miracolo di Boxtel

Voi siete stati comprati a caro prezzo, insegna san Paolo. Nell'Eucaristia Cristo è la memoria viva di questo acquisto unico e irrevocabile, firmato nel sangue. Il miracolo di Boxtel insegna l'evidenza della Verità, l'evidenza del Mistero.

Nel primo dei miracoli di Gesù, secondo il dettato giovanneo, quello cioè del cambiamento dell'acqua in vino a Cana, è in qualche modo adombrato il miracolo della transustanziazione del vino nel sangue di Gesù.

Se del primo miracolo non possiamo avere riprova se non per la fede nella testimonianza della Scrittura e nella trasmissione apostolica, del miracolo eucaristico che quotidianamente si rinnova su migliaia di altari sparsi nel mondo ne abbiamo invece una prova certa.
Attorno all'anno 1379 nella città di Boxtel in Olanda un sacerdote di nome Eligius Van der Aecker si apprestava a celebrare la santa Messa nella Chiesa di san Pietro (saint-Petrukerk).

Nel Medioevo si era soliti celebrare con vino rosso, ma per motivi a noi ignoti quel giorno don Eligio usò per la celebrazione del vino bianco. Si trovava all'altare dei Santi Magi e dopo l'elevazione urtò involontariamente contro il calice che si rovesciò spargendo il contenuto sull'altare. Benché egli avesse usato del vino bianco, corporale e tovaglia si macchiarono subito di sangue di vivo color rosso. Don Eligius turbatissimo proseguì la celebrazione senza dire niente a nessuno, ma al termine della Messa raccolse i sacri lini e corse in sacrestia per lavarli di nascosto. Vedendo che le macchie di sangue rimanevano immutate mise i lini in una valigia per lavarli più tardi, comodamente, nell'acqua corrente di un canale derivato dal fiume Dommel. Tuttavia anche questo espediente non diede frutto: le macchie di sangue rimanevano intatte sia sul corporale che sulla tovaglia d'altare. Quasi spaventato il sacerdote nascose le preziose reliquie in casa sua senza rivelare ad alcuno l'accaduto.

Poco tempo dopo però don Eligius si ammalò gravemente e capendo di essere ormai prossimo alla fine decise di rivelare al confessore, don Enrico Meheim, tutto l'accaduto. Dopo la morte di Van Aecken i sacri lini tornarono alla chiesa di san Pietro e nel 1380 - grazie all'intervento del cardinal Pileus, legato pontificio di papa Urbano VI - si ottenne il permesso del culto pubblico delle sacre reliquie.

Secoli dopo, nel 1652, diffondendosi in Olanda il calvinismo, le reliquie furono portate a Hoogstraten, in Belgio presso la Collegiata di santa Caterina. Qui ancora si può ammirare la preziosa tovaglia, mentre il sacro corporale fu restituito a Boxtel nell'anno 1924.
Voi siete stati comprati a caro prezzo, insegna san Paolo. Nell'Eucaristia Cristo è la memoria viva di questo acquisto unico e irrevocabile, firmato nel sangue. Il miracolo di Boxtel insegna l'evidenza della Verità, l'evidenza del Mistero.

È singolare che fosse il sacerdote stesso - protagonista del miracolo - a vergognarsi, a non credere. È lo stesso sentimento che colpisce i discepoli di fronte a un Messia condannato alla crocifissione, di fronte a una Resurrezione che non trova categorie culturali adeguate per essere creduta. Impossibile che in questi fatti vi sia invenzione. Come è impossibile che il buon Van Aecken possa aver architettato un miracolo del quale provava persino vergogna.

Con un anticipo di quasi 3 secoli sulle teorie calviniste che negavano la Presenza eucaristica, Gesù ha voluto dare una prova della verità della transustanziazione scegliendo proprio quest'uomo che per qualche inspiegabile ragione celebrò con vino bianco e si ritrov√≤ una tovaglia macchiata di rosso sangue, vivo e indelebile.

L'evidenza della verità continua nell'epilogo del miracolo, testimoniato in punto di morte, quasi come una consegna: la consegna di se stesso e della propria debolezza a quel sangue che certificava la fede della Chiesa nel Dio della vita.

Non conosciamo i sentimenti che dovettero attraversare il cuore di quel sacerdote nel suo ultimo anno di vita, vissuto all'ombra di un tal mistero. Una cosa però è certa, la sua vicenda ci insegna a non vivere superficialmente il nostro rapporto con l'Eucaristia: lì c'è un sangue che pulsa d'amore per l'uomo, ancora e nonostante tutto, a dispetto dei gorghi del peccato e delle infinite menzogne che fuori o dentro la Chiesa vogliono indebolire la forza del Mistero.

Sr. Maria Gloria Riva

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