Nel quartiere torinese di San Salvario...
“Monsignore beva con noi” La movida di Nosiglia nella notte di San Salvario
ERMAELA compie 29 anni e i suoi amici la stanno festeggiando, pronti a stappare lo spumante, quando in mezzo al coro che urla «tanti auguri a te», sotto il dehor del “Ddr” di via Berthollet, sbuca inaspettato un signore avanti negli anni con il colletto bianco. È un prete. Non uno qualsiasi. Ma l’arcivescovo in persona, Cesare Nosiglia, per la prima volta buttato nella movida del sabato sera a San Salvario, tra i locali, in mezzo ai giovani, in ascolto dei residenti e degli amministratori. Don Cesare, come vuole essere chiamato dai ragazzi, avvicina Ermaela, si informa. E le fa gli auguri. «È un grande onore» reagisce lei, quasi commossa e, certo, sbalordita. Un suo amico la prende in giro: «Il suo ego dopo questo momento crescerà in maniera spropositata». Tutti se la ridono. «Non me lo sarei mai aspettata, sono credente, ma da anni non frequento più tanto» dice poco dopo che il vescovo l’ha lasciata per proseguire il giro, all’Astoria, al Flair. I ragazzi quasi lo sfidano: «Fa un chupito con noi?».
«Vi divertite?» si informa il vescovo, in giro tra i banconi dei locali. I ragazzi sono divertiti, anche dalla sua presenza. «Ma davvero è l’arcivescovo?» chiede qualcuno incredulo. «Il vescovo all’Astoria! Wow» grida un altro. È la prima volta di un vescovo in mezzo alla movida di San Salvario. Anche se appena insediato sulla cattedra di San Massimo, monsignor Nosiglia aveva già fatto un giro ai Murazzi tra i locali. «Era una cosa che dovevo vedere» sussurra al termine della visita. «Non immaginavo fosse così».
L’arcivescovo è stato invitato dai residenti dell’associazione «Rispettando San Salvario» e anche del presidente della circoscrizione, Mario Cornelio Levi, dopo le parole e le polemiche di metà gennaio: «Non possono esserci luoghi attrattivi perché il passaparola dice che lì tutto è permesso — aveva detto — Le istituzioni hanno delle responsabilità». E così l’altra notte Nosiglia ha fatto il suo giro, per stare accanto ai giovani, per constatare i problemi di convivenza lamentati dai residenti, per riconoscere il lavoro fatto dal parroco, don Mauro Mergola, che da un anno, apre tutta la notte la chiesa dei Santi Pietro e Paolo per la «movida spirituale».
Il vescovo arriva in chiesa poco prima di mezzanotte. Sul sagrato si ferma a scambiare qualche palleggio a calcio balilla con i giovani. Incassa un gol, ma subito dopo lo restituisce al ragazzo che glielo aveva piazzato. Finisce che si ride e ci si stringe la mano. «Ai giovani va fatto vedere che c’è attenzione nei loro confronti, anche se non sempre sono vicini alla chiesa — spiega — Non bisogna mai giudicare in modo severo, ma accompagnarli, anche in questi luoghi. Il divertimento dev’essere fatto con rispetto, nel segno dei valori posi- tivi. Pure nei confronti di chi abita qui e ha bisogno di riposare». È qui che il presidente del quartiere gli rappresenta sottovoce la situazione: «Non è solo degrado, venga anche di giorno». «Lo farò». Denuncia la presidente dell’associazione dei residenti, Eliana Stona: «È un disastro, in questi anni ci hanno ridotto in condizioni di vita che hanno pesanti impatti sulla salute». Don Mergola, che ha fatto mettere in chiesa una telecamera che trasmette in streaming tutto quanto accade, mette una buona parola: «È vero che la movida crea problemi. Ma i giovani ci interpellano soprattutto a trovare risposte alla loro vita».
Nosiglia non si aspettava di vedere così tanti locali: «Non pensavo fossero così diffusi e in certe zone così rumorosi. Il problema va affrontato — dice — Ci sono tanti giovani che vanno da un posto all’altro per bere, e alla fine il rischio è lo sballo». E propone a tutti, locali, residenti, giovani, Comune, prefettura, di incontrarsi per fare qualcosa. In Curia ha convocato un tavolo di confronto, appuntamento già fissato per lunedì 17. «L’obbiettivo non è di ostacolare o togliere tutto — spiega il vescovo — Ma di gestire questa situazione, penso anche agli orari, per fare in modo che i problemi si risolvano. Non sarà semplice. Ma cercheremo tutti insieme una soluzione concreta che dia ai giovani la possibilità di incontrarsi, ma anche al quartiere di vivere».
(g. g.)
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