...E' su questo che la missione oggi sta o cade. E' una missione globale che ci porta a contestare un sistema che uccide per fame, uccide per guerre, uccide il pianeta e ci fa morire dentro. Per questo la missione nel cuore del sistema, denunciandolo e contestandolo, è missione tanto quanto l'annuncio della buona novella
del 01 gennaio 2002
Missione ad gentes
Ringrazio per l’opportunità che mi è stata data di venire con voi a riflettere sulla passione missionaria che costituisce il DNA della vocazione salesiana.
Non so a quale titolo sia stata invitata, perché non sono mai stata missionaria ad gentes, nonostante il desiderio che ne avevo fin da piccola. Ho potuto comunque visitare alcune missioni in vari continenti e soprattutto sono stata in Patagonia e nella Terra del Fuoco, le primi terre missionarie del sogno di don Bosco.
Proprio là ho scoperto la coerenza del progetto salesiano che dovunque ha cercato di coniugare la matrice del Sistema preventivo, ben espressa dalla famosa espressione di don Bosco, formare buoni cristiani e onesti cittadini, anche, s’intende, tradotto al femminile.
E’ commovente vedere come il Papa confermi oggi questa impostazione iniziata più di cent’anni fa dai missionari/e salesiani. Sul depliant di questa giornata, infatti, troviamo la frase di Giovanni Paolo II “ Guardando i vasti orizzonti della nuova evangelizzazione, emerge viva l’urgenza di proclamare e testimoniare il messaggio evangelico a tutti, senza distorsioni. Quante persone attendono ancora di conoscere Gesù e il suo Vangelo!
Quante situazioni di ingiustizia, di disagio morale e materiale sono presenti in tante parti della terra!
Urgente è la missione e indispensabile l’apporto di ciascuno!”
Anche qui troviamo che lo stimolo all’annuncio del Vangelo si sposa con la ricerca della giustizia e del bene della società civile.
Come vi ho detto, ho avuto l’opportunità, negli anni appena trascorsi, di visitare la Patagonia e la Terra del Fuoco sulle orme delle nostre prime missionarie, in particolare di sr. Angela Vallese, pioniera, con i salesiani, delle terre Magellaniche.
Sono stata a Viedma, dove ho visto la residenza del cardinal Cagliero, primo Vicario Apostolico di quelle zone. La sua biblioteca rivela la ricchezza di interessi. Testi in spagnolo, italiano, francese, inglese. Libri di pedagogia, psicologia, spiritualità, diritto ecc.
Nel suo ufficio c’erano strumenti musicali di tutti i tipi. Infatti sia Viedma, sia in Carmen de Patagones, divise tra loro dal Rio Negro, si sviluppò, accanto alle scuole di tipo professionale e umanistico, una scuola di musica che divenne famosa per l’esecuzione delle opere liriche italiane. Si realizzarono osservatori metereologici per fornire dati utili ai campesinos. Questa epoca d’oro durò per molti anni e proprio da Viedma è uscito don Vecchi, poi Rettor Maggiore, come frutto di una presenza missionaria affascinante.
Sempre in Argentina, a Junin de los Andes patria di Laura Vicuna, salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice hanno portato la buona notizia a schiere di giovani e lo hanno fatto in modo così appassionato da incantarli e portarli alla santità. Hanno aiutato e aiutano gli indigeni mapuches a uscire dall’isolamento, ad acquisire quella cultura che gli permette di entrare nel lavoro sia rimanendo nelle loro zone, sia andando in città. Difendono le loro terre e gestiscono una radio comunitaria a Ruca Choroy, dove tante volte è stata pure Luigina Silvestrin, originaria di Conegliano in missione a Bahia Blanca.
Sono stata pure a Puntarenas, che ora è una ridente cittadina sulle rive dello Stretto di Magellano. Quando vi giunsero, alla fine dell’Ottocento, salesiani e Figlie si Maria Ausiliatrice, era una landa desolata, stazione militare con qualche casupola in legno. I missionari/e prestarono la loro opera su due fronti secondo lo stile di Valdocco di evangelizzare educando. Si occuparono sia degli indigeni, sia degli immigrati europei istituendo scuole, laboratori, centri ricreativi in queste terre estreme al sud del sud del mondo. Oggi , il museo racconta le memoria di un percorso di annuncio della buona notizia e insieme di una promozione nella giustizia. E’ frutto dell’attenzione intelligente e previdente per la raccolta di documenti che potessero narrare alle generazioni successive la storia di una terra dura, sferzata dal vento, divenuta meta di tanta migrazione per le opportunità di lavoro date soprattutto dalle risorse minerali e dallo Stretto di Magellano, per molti anni unica via di passaggio tra gli oceani Atlantico e Pacifico. Il museo documenta il lavoro dei missionari/e, che non si limitarono ad un’azione evangelizzatrice, sacramentale propria del tempo, ma furono profeti di un’inculturazione più ampia dedicandosi alla scuola, alla ricerca geografica ( pensiamo alle scoperte di don De Agostini) alla catalogazione di tutto quel patrimonio naturale che è andato in parte estinguendosi. E tutto questo su due fronti: quello della popolazione indigena e quello delle comunità di migrazione.
Interessante la documentazione fotografica che rivela la stretta relazione dei missionari/e con gli esploratori dell’epoca. Qui è stato Darwin per le sue ricerche. Anche Saint-Exupery, autore de Il piccolo principe, raggiunse in uno dei suoi viaggi aerei questa terra ricca di fascino e mistero.
Sono stata anche in Terra del Fuoco. Prima di andarvi mi sono letta il libro di don Borgatello:una miniera di notizie di prima mano sulle imprese di salesiani e suore in quelle terre estreme. Sono stata alla missione della Candelaria, a venti minuti da Rio Grande, tra l’oceano tempestoso e un gradino della meseta. Lì l’aveva voluta monsignor Fagnano, pioniere di quei luoghi, dopo il disastroso incendio che in pochi minuti si era portato via le costruzioni precedenti. Il vento della savana corre a 200 Km orari e aveva accelerato il disastro. Qui i missionari/e avevano cercato il contatto con gli Onas, una etnia indigena che veniva decimata in continuazione dagli avventurieri e conquistadores bianchi anche solo per una pelle di guanaco. Mons. Fagnano aveva rischiato la vita per difendere uomini, donne e bambini dal genocidio. Anche le suore hanno avuto un’incidenza forte per l’educazione delle donne indigene, che avevano trovato in una condizione più che primitiva.
In queste lande sconfinate, alle soglie dell’Antartide, si è realizzata una grande epopea missionaria, che ha visto eroismi sovrumani e attenzione amorevole verso la promozione della gente.
Qui è vissuto don De Agostini. Da qui partiva per le sue scoperte geografiche, che gli hanno permesso di stilare cartine e mappe che costituiscono ancora oggi un punto di riferimento per gli studiosi. Qui anche i nomi delle località richiamano persone di famiglia: lago Fagnanoecc.
Oggi continua il servizio dei missionari, insieme con salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice e volontari argentini, verso gli immigrati. Rio Grande, infatti, è definita zona franca e intrattiene scambi con gli USA. Molta gente sta qui solo per interesse o per lavoro, ma appena può torna alla terra d’origine. Mosaico di culture in movimento, che solitamente vivono in stile consumistico.
Sono stata pure, sempre in America Latina, in una missione del nord est Brasiliano, a 9 ore da Manaus: 3 ore di volo, senza radar, per raggiungere Sao Gabriel da Cachoeira e 6 ore di barca a motore sul fiume. Lì, in un ambiente che faceva pensare al primo giorno della creazione, ho trovato scuole già gestite dagli indigeni, laboratori di produzioni artistiche, oltre ad un senso della vita che noi abbiamo , in genere, ormai perduto. Tutto questo dovuto al lavoro dei missionari/e. Così pure in Venezuela, sull’Orinoco.
In Africa ho ammirato, fra le tribù Masai, il lavoro delle Figlie di Maria Ausiliatrice a favore dei giovani, in particolare le giovani donne. Le accompagnano nel riconoscimento delle loro risorse e nella ricerca dei loro diritti in una cultura fortemente maschilista.
Ho cercato di illustrare, in questa prima parte del mio intervento, attraverso alcuni flash, lo stile delle missioni salesiane ad gentes, la coerenza di una visione che porta avanti il binomio dell’annuncio con la promozione della giustizia e della pace.
Quale missione nel cuore del sistema?
Ci siamo soffermati, nella prima parte dell’incontro, più specificatamente sulla missione ad gentes in altre terre dove forse ci è dato di fare esperienze brevi. Ora voglio indicarvi una strada di animazione missionaria mentre ci troviamo nella nostra casa, al nostro lavoro o studio, nel quotidiano. Una strada dove il nostro DNA missionario possa fare comunque cammino. Me la suggerisce il magistero ecclesiale e l’esperienza di amici missionari. E’ una missione nel cuore del sistema.
Il 23 settembre scorso, il card Ruini, parlando al Consiglio permanente della CEI, indicava tra le linee prioritarie per giungere a una pastorale integrata quella di “ formare i cristiani che frequentano le nostre comunità, e per primi gli stessi sacerdoti e seminaristi, a una fede che sia consapevolmente missionaria, nelle varie situazioni di vita e non soltanto all’interno dell’ambito parrocchiale o ecclesiale”.
Alex Zanotelli, missionario comboniano, che ho incontrato anni fa a Korogocho, slums di Nairobi in Kenia, è tornato in Italia e ha formato un gruppo internazionale di riflessione per coloro, come noi, che per lo più operano in Europa. Lui scrive: “ A un primo sguardo d’insieme, constatiamo che viviamo in un mondo controllato da un ferreo sistema economico-finanziario mondiale, sempre più militarizzato, a favore di una minoranza che consuma una tale quantità di risorse da minacciare lo stesso ecosistema. I mass-media, invece di aiutare l’umanità a capire, sono diventati nelle mani di pochi che decidono tutto, la Menzogna eretta a sistema, il Grande Fratello!”
Cosa fare allora mentre siamo qui in Italia, giorno per giorno, mentre aiutiamo anche quelli che stanno su altre frontiere. Ancora Alex Zanotelli ci suggerisce: “Si tratta ormai di qualcosa di fondamentale per la Chiesa. Si tratta dello status confessionis. Direbbe Bonhoeffer. Egli ricordava alle Chiese di Germania che la loro fede dovevano proclamarla non più semplicemente recitando il Credo, ma dicendo da che parte si schieravano, se dalla parte di Hitler o dalla parte delle vittime del nazismo. Penso che oggi sia ancor più vero per noi. Oggi la Chiesa proclama il suo status confessionis dicendo da che parte sta in questo sistema di morte. Se dalla parte del sistema, dovrà proclamare che crede nell’idolo imperante, l’idolatria del denaro. Se vuole invece proclamare il Dio della vita, dovrà schierarsi dalla parte delle vittime. E’ su questo che la missione oggi sta o cade. E’ una missione globale che ci porta a contestare un sistema che uccide per fame, uccide per guerre, uccide il pianeta e ci fa morire dentro. Per questo la missione nel cuore del sistema, denunciandolo e contestandolo, è missione tanto quanto l’annuncio della buona novella ai poveri di Korogocho e a tutte le vittime del sistema. Su questa missione oggi si gioca tutto”.
Riguardo al come realizzare questo status confessionis, penso, e non è deformazione professionale, che il nostro schierarci per il Vangelo deve passare attraverso l’informazione alternativa.
Oltre quanto facciamo a livello economico o andando direttamente nel sud del mondo per un periodo breve o lungo, dobbiamo produrre la vera informazione a favore dei poveri della terra e denunciare il sistema che mentre stimola al consumo produce l’impoverimento di molti a favore di pochi. Cito alcuni esempi che confermano quanto ho detto.
Ho un amico, Giulio Albanese, lui pure missionario comboniano per molti anni in Kenia, ora direttore della MISNA( Agenzia on line di notizie dal Sud del mondo) che ripete spesso: “ La Comunicazione è la prima missione”.
Circa un mese fa è uscito un suo libro Il mondo capovolto, i missionari e l’altra informazione della collana Gli Struzzi di Einaudi, dove, descrivendo la nascita e la crescita della MISNA, si dichiara convinto che una informazione alternativa è il cuore della missione, perché dà voce ai poveri della terra e denuncia il sistema.
Nel luglio scorso, Padre Gheddo: missionario giornalista, ha celebrato cinquant’anni di “carriera”, Mezzo secolo di giornalismo in cui ha dato voce alla missione e ai missionari. E’ stato definito “testimone due volte”, “ Monaco del computer”.Nel suo caso la vocazione sacerdotale missionaria si è identificata con la comunicazione alternativa.
Nell’estate scorsa, il VIS, di cui fanno parte molti di voi, ha titolato la settimana di formazione
“ Informazione e sviluppo” durante la quale ha cercato di fare il punto sullo stile informativo imperante, che serve soltanto a mantenere in vita e sviluppare un sistema disumano di sfruttamento delle risorse, umane ed economiche, un meccanismo infernale che costringe miliardi di persone all’esclusione e all’asservimento. A conclusione è stato detto “ Non dobbiamo permettere che al Sud sia negata la voce. Perché soltanto ascoltando quella voce potremo sapere veramente cosa sarà del nostro mondo”. Oggi, infatti, globalizzazione significa soprattutto interdipendenza, siamo legati fortemente gli uni agli altri.
Anche il VIDES ha una news letter in cui riesce a fare comunicazione diversa. A dare voce alla gente impoverita, a quelli che non hanno più voce. I giovani missionari volontari diventano gli altoparlanti dei poveri.
Anche l’MGS Triveneto gestisce molto bene il sito donboscoland.it. E’ un sito alternativo che forma le teste e i cuori di quelli che vi approdano.
Forse la proposta di fare animazione missionaria attraverso un’informazione alternativa può sembrare impraticabile, invece : “ Bisogna smettere di credere( annota un testo della EMI) che l’unica informazione credibile e autorevole sia quella professionale. .. Basta trovare un po’ di coraggio per sperimentare che anche la metainformazione fatta in casa con un collage di fotocopie, articoli di giornale, pagine internet e messaggi di posta elettronica può avere un fortissimo impatto sociale, a condizione che la veste “ artigianale” dei nostri contenuti venga messa in secondo piano da una forte spinta ideale e da contenuti di spessore.
Ultimamente è stata fatta un’intervista al responsabile del gruppo comboniano in Congo sul senso della presenza missionaria in quel Paese. E la sua risposta è in linea su quanto abbiamo detto finora.
“ La Chiesa ha un grande ruolo da giocare -ha detto- ma anche un grande limite che dobbiamo riconoscere. Abbiamo formato catechisti e animatori della liturgia in abbondanza, ma quante persone abbiamo preparato per quell’ambito che definiamo giustizia e pace ? Intendo dire che non abbiamo preparato gente capace di leggere la realtà .
Nell’era dell’internet e dell’interconnessione, il volontariato è chiamato a puntare le proprie risorse anche e soprattutto sul settore dell’informazione, per dare testimonianza di fatti, storie e persone altrimenti condannati al dimenticatoio della storia. E’ una responsabilità storica, ma anche una grande opportunità”. Certamente va sposata con una coerenza di vita. Una vita evangelica grida più forte di quello che dici e comunichi a parole.
Sr. Graziella Curti è FMA, già consigliera Mondiale per l’ambito della Comunicazione, giornalista e ora direttrice della casa Madre Ersilia Canta – Roma, centro internazionale per la formazione delle FMA.
Testi di riferimento
L’informazione alternativa- Carlo Gubitosa- EMI
Quale missione? Nel cuore del sistema- Alex Zanotelli- EM
Il mondo capovolto, i missionari e l’altra informazione- Giulio Albanese- Struzzi EinaudiI
Strade di Patagonia- video Missioni don Bosco
sr Graziella Curti
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