Nagorno Karabakh, pericolo congelato

Sesto incontro dell'anno fra i presidenti di Armenia e Azerbaijan per discutere di Nagorno Karabakh.

Nagorno Karabakh, pericolo congelato

da Un Mondo Possibile

del 27 novembre 2009

 

Il calendario degli appuntamenti tra i presidenti di Armenia e Azerbaijan ha spuntato la sesta data nel corso del 2009. Serzh Sarkisian e Ilha Aliyev si sono incontrati domenica nella sede del Consolato generale francese a Monaco di Baviera, Germania. A fare gli onori di casa, il francese Bernard Fassier che con il russo Yuri Merzlyakove e lo statunitense Robert Bradkte presiede il Gruppo Minsk dell'Osce con il difficile ruolo di mediatori nel conflitto dormiente (ma non troppo) tra le due repubbliche caucasiche per il Nagorno Karabakh.

 

 

I propositi di Baku. La vigilia non è stata caratterizzata da quel clima di comprensione e dialogo che dovrebbe accompagnare un meeting che ha come obiettivo il raggiungimento di una soluzione pacifica. Aliyev è arrivato nella capitale bavarese con il tintinnare delle sciabole: 'Se l'incontro di Monaco non produrrà risultati - aveva detto sabato il presidente azero a un gruppo di profughi del Nagorno - le nostre speranze per una negoziazione svaniranno e l'unica opzione per difendere il nostro territorio sarà il ricorso alle armi'. Non è un mistero, d'altra parte, che Baku sta investendo molto del suo prodotto interno per l'acquisto di armamenti e il rafforzamento delle linee di contatto con le milizie dell'enclave armena.

 

Le cose non dette. L'incontro, durato quattro ore, è stato definito dai mediatori 'costruttivo', un termine che nel vocabolario diplomatico vuol dire tutto e niente. Alla fine dei colloqui, la stampa presente ha dovuto accontentarsi di una laconica dichiarazione scritta del Gruppo Minsk in cui venivano 'apprezzati i progressi fatti riguardo a qualche questione, anche se altre rimangono ancora aperte'. Aliyev e Sarkisian hanno evitato la sala stampa e nessun accenno è stato fatto a quali potessero essere le questioni ancora aperte che ostacolano la firma di un accordo da formularsi sulla base dei Principi di Madrid e dell'Aquila. Quello che si sa è che i due presidenti hanno istruito i loro rispettivi ministri degli Esteri per il prossimo incontro dell'1 e 2 dicembre prossimi ad Atene.

 

Mentre a Monaco si discuteva in 'maniera costruttiva e approfondita', lungo la linea del confine de facto, domenica, si continuava a sparare e l'agenzia di stampa azera ha riportato l'uccisione di un civile nell'area di Goranboy. Nel gioco delle parti, le autorità del Nagorno Karabakh hanno smentito la notizia e rilanciato accusando l'esercito azero di aver sparato ripetutamente contro le postazioni delle milizie armene. Le denunce di disinformazione rimbalzano continuamente da Yerevan a Baku e da Baku a Stepanakert, la 'capitale' dell'enclave.

 

L'opzione armata. I mediatori del Gruppo Minsk continuano la loro pressione per far giungere le parti a un accordo comune che escluda in maniera assoluta l'opzione di una ripresa del conflitto su larga scala. Se l'Armenia sembra essere interessata al mantenimento dello status quo, l'Azerbaijan ha fretta di risolvere la situazione per riaffermare il principio dell'integrità territoriale. Durante un incontro con un membro della Camera dei Lord britannica, il vice presidente del parlamento azero, Zyiafet Askerov, ha presentato un quadro politico in cui Yerevan starebbe cercando di addormentare i negoziati per rimandare nel tempo la soluzione del conflitto e dove la comunità internazionale starebbe commettendo l'errore di guardare alla questione dalla posizione di osservatori mettendo sullo stesso piano gli occupanti (l'Armenia) e gli occupati (la nazione azera). Fattori questi che, secondo Askervov, non darebbero all'Azerbaijan altre possibilità se non quella di difendere il proprio territorio con le armi.

 

Nicola Sessa

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