Con l'introduzione dei navigatori satellitari, il senso dell'orientamento sta cambiando: per vedere dove si è si guarda se stessi “ridotti” a un puntino su una mappa. Guardando il puntino posso dire: “io sono qui”...
del 21 dicembre 2009
Come faccio a sapere dove mi trovo? Una volta per saperlo dovevo guardarmi intorno, vedere un paesaggio collocato su un orizzonte oltre il quale non mi era possibile vedere. Per muovermi verso una meta dovevo prima orizzontarmi. Capire dove sono significava confrontarmi dunque con un orizzonte, che è insieme un ampliamento dello sguardo, ma anche un limite invalicabile se non con il movimento: più vai avanti e più l’orizzonte si disvela… Quindi per sapere dove ci si trovava era necessario guardarsi attorno.
 
Con l’introduzione dei navigatori satellitari, il senso dell’orientamento sta cambiando: per vedere dove si è si guarda se stessi “ridotti” a un puntino su una mappa. Guardando il puntino posso dire: “io sono qui”. Tutto il resto, tutto ciò che ho attorno cambia e si muove sulla mappa in funzione dei miei spostamenti. Se io mi sposto tutto si sposta nella mappa del navigatore. E l’orizzonte non è più un limite. Anzi: sulla mappa non esiste più.
 
Ma ecco: tutte le volte che mi muovo (a piedi, in macchina, in moto,…), se uso il navigatore, il mio procedere diventa automaticamente una navigazione. Che cosa dunque distingue la navigazione da altre esperienze di movimento quali il cammino, il viaggio,…? Sono la stessa cosa oppure no? No, non lo sono.
 
La navigazione per sé si dice innanzitutto di una nave, come dice la stessa parola, e la nave non ha ruote o gambe: pattina sulle acque e ha un’inerzia non indifferente. La nave va “governata” su una “rotta”, tende verso una meta da raggiungere trascurando quasi completamente ciò che c’è in mezzo o per via. Anche perché spesso, a meno che non si navighi per “diporto”, in mezzo non c’è nulla o quasi. Chi viaggia in macchina deve fare i conti con la strada, il traffico, il paesaggio attorno è parte diretta dei suoi riferiementi immediati, e così anche la gente che attraversa la strada: può dunque fermarsi o cambiare direzione molto rapidamente. Chi governa una nave invece si confronta più radicalmente con l’orizzonte cercando di superarlo in vista della meta anche perché, per cambiare rotta, ha bisogno di tempo. E per questo dunque è più attento agli strumenti di navigazione, al radar, ad esempio, o alle mappe, che al panorama che gli sta intorno. Può persino procedere se non vede nulla a causa della nebbia.
 
Un uomo “navigato” dunque, metaforicamente, non è un uomo che semplicemente ha visto tante cose o ha fatto collezione di esperienze, ma è un uomo che ha imparato a “orizzontarsi”, cioè a riconoscere un orizzonte, e a confrontarsi su dove vuole andare nella vita.
Antonio Spadaro S.I.
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