La risposta che mi sono dato è che il nero non è solamente ciò che segue il colore, ma soprattutto ciò che lo precede. Il nero è il colore del vuoto che precede la creazione, lo sfondo sul quale essa può esplodere ed espandersi...
del 11 giugno 2007
Mi hanno appena regalato una valigetta nera. E’ bella, elegante. Se fosse stata verde, rossa o arancione non sarebbe stata così elegante e raffinata, ma sarebbe stata colorata. Mi chiedo: la mia valigetta nera è colorata? Poi penso ai film in bianco e nero contrapposti ai film a colori. Mi verrebbe da concludere che il nero non è un colore.
 
Poi, per libera associazione, mi vengono in mente le cose colorate che diventano nere perché il fuoco le brucia: accendendo i colori il fuoco li spegne nel nero. “Come un nulla dopo lo spegnersi dei sensi, come un eterno silenzio senza futuro e speranza, questo è il suono interiore del nero” (Kandinsky). Così la notte spegne i colori col suo avanzare. Insomma, sembra che il nero sia il luogo in cui i colori si spengono, finiscono, e dunque un non-colore, un “buco nero” dove tutto va a finire. Del resto, il nero è il colore del lutto in Occidente, il colore che connota la morte, la fine. Non è così? Sì e no. 
Sto guardando un quadro con un passe-partout nero. Mi accorgo che i colori brillano. Cerco di immaginare lo stesso quadro incorniciato da un passe-partout bianco o avorio. Vedo che i colori non sarebbero più così brillanti. Il nero sembra dare ai colori una intensità speciale che fa parte di loro. Non dà una luce speciale, li fa splendere di luce propria come se fossero appena nati. Ad esempio, il rosso che ho davanti è più aggressivo, guadagna energia. Mi chiedo perché. 
La risposta che mi sono dato è che il nero non è solamente ciò che segue il colore, ma soprattutto ciò che lo precede. Il nero è il colore del vuoto che precede la creazione, lo sfondo sul quale essa può esplodere ed espandersi. Lo leggiamo sin dal libro biblico della Genesi: “La terra era informe e deserta e le tenebre (darkness, traduce la famosa traduzione di re Giacomo) ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte”. Il nero è un niente espressivo della sua massima potenza, un caos originario dal quale può erompere la luce e il colore. 
Allora il nero che cos’è? Il nero più che un colore è ciò che custodisce il principio, la possibilità, il grembo originario di tutte le cose e dell’ispirazione. E’ quel silenzio che è ricordo dell’origine misteriosa, silenziosa, caotica che però è capace di ricordare a ogni luce e ad ogni colore la sua provenienza. Lo fa brillare perché lo fa essere umile. Gli ricorda – sì, anche al rosso, al verde, al giallo,… – che proviene dal buio e gli ricorda anche che sempre a quel buio può ritornare se smette di essere se stesso. E’ questa strana umiltà tenebrosa, paurosa e insieme elegante, del nero che ogni colore deve affrontare per brillare. Così come la vita che, se è vissuta in pienezza, non può obliare la sua origine e i suoi “buchi neri”, che le ricordano di essere in se stessa come un quadro di Jackson Pollock, frutto di un action painting 
E’ questo sfondo che ogni occhio che contempla i colori deve ricordare per godere di una realtà che dal buio e dal nulla proviene, come da una liberazione che è però sempre nascita.Antonio Spadaro S.I.
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