Sul tavolo, una lunga serie di cambiamenti rispetto al testo del 2006 che sono ancora in discussione e che hanno sollevato molte critiche...
Ci sono sfide ed esigenze della modernità davanti alle quali è diventato imprescindibile dotarsi di nuovi strumenti. E finché si tratta di tecnologie, o di conoscenza delle lingue, la pretesa fila. Il discorso cambia quando si parla di deontologia medica. Categorie come "vita", "coscienza", "obbligo di cura" non sembrerebbero essere superate.
Qualche dubbio, invece, potrebbe insorgere leggendo la bozza del nuovo Codice dei medici, che il prossimo maggio verrà approvato dalla Federazione nazionale che li riunisce (la Fnomceo). Il dibattito sulla questione è acceso, per non dire infuocato, ormai da diversi mesi. Sul tavolo, una lunga serie di cambiamenti rispetto al testo del 2006 che sono ancora in discussione e che hanno sollevato molte critiche. A cominciare dall’Associazione dei medici cattolici e dalla Società italiana per la bioetica e i comitati etici, che in questi giorni hanno inviato al presidente della Fnomceo, Amedeo Bianco, una memoria scritta in proposito. E che il 5 aprile verranno ricevuti a Torino proprio dalla Federazione per un confronto aperto sul testo. Come dire, le speranze non sono perdute.
Ma quali sono i punti più controversi della bozza del nuovo Codice deontologico dei medici? L’Amci li ha messi a fuoco in un efficace e inquietante elenco. Si entra subito nel vivo, all’articolo 1, con la apparente rottamazione del giuramento di Ippocrate. Se nel codice del 2006 si legge che «il medico deve prestare giuramento professionale», ora invece «l’iscrizione all’Albo vincola il medico ai princìpi del giuramento professionale e al rispetto delle norme del presente codice di deontologia medica». Dalla Fnomceo hanno sottolineato a più riprese che il giuramento resterà e che l’intenzione era quella di spostare l’attenzione sul rispetto dei principi oggetto del giuramento stesso. Eppure la nuova e in qualche modo “leggera” etica della sanità sembra essere la cifra di tutta la bozza del Codice. Da cui scompare, per dirne una, la parola «deve» (il medico ora «presta soccorso», «si pone», «tiene conto», «informa») e in cui il «paziente» viene sostituito dalla più “rispettosa” dicitura – sempre secondo la Fnomceo – «persona assistita».
Niente a che vedere con le leggerezze ben più allarmanti degli articoli “caldi” del testo. L’articolo 17 nel Codice del 2006 era intitolato «Eutanasia», nella nuova bozza è stato sostituito da una formula che pare un brutto eufemismo: «Trattamenti finalizzati a provocare la morte»; nel lungo articolo 44 sulla fecondazione assistita scompare la parola «coppia» (solo un accenno nell’ultima riga) e di conseguenza anche l’esplicitazione del divieto di accesso alla provetta «al di fuori di coppie eterosessuali stabili» (stabilito chiaramente nel testo del 2006), ma anche il divieto di utero in affitto e di fecondazione assistita post mortem (un po’ come se la legge 40, che tutte queste pratiche vieta, non esistesse più).
E ancora il punto nevralgico che tanto ha contrariato l’Amci: l’obiezione di coscienza. Già il cambio di titolazione dell’articolo che la riguarda, il 22, è tutto un programma: da «Autonomia e responsabilità diagnostico-terapeutica» si vorrebbe passare al decisamente tendenzioso «Rifiuto di prestazione professionale». Se poi secondo il Codice del 2006 il medico «può rifiutare la propria opera» nel caso in cui siano «richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico», d’ora in poi il rifiuto potrebbe essere consentito solo per «contrasto con i suoi convincimenti etici e tecnico-scientifici». Termini che non sono certo sinonimi.
A fronte di tante sfumature ecco invece comparire nella bozza attenzioni nuove e particolareggiate. Quelle indispensabili alla medicina militare, alla medicina potenziativa e alle nuove tecnologie, che hanno arricchito il panorama della sanità e che certo meritano più attenzione. E poi quelle meno indispensabili al gender (all’articolo 3 viene introdotto il «rispetto della libertà e della dignità della persona senza distinzioni alcune di età, sesso e di identità genere») e addirittura alle dichiarazioni anticipate di trattamento, le famose «Dat» in merito al fine vita su cui il Parlamento non ha ancora legiferato e che tuttavia all’articolo 38 vanno «tenute in conto dal medico»: un dovere che sembrerebbe a dir poco profetico.
Nella memoria scritta inviata alla Fnomceo dall’Amci ai punti appena messi in evidenza vengono proposte diciture alternative. L’obiettivo è quello di sottrarre il Codice deontologico «a qualsiasi influenza ideologica – spiega il presidente Filippo Boscia – e di vincolarlo saldamente a un nuovo umanesimo della professione medica, per cui al centro del sistema sanitario c’è l’uomo che soffre e il principio della difesa della vita». Se ci fosse il bisogno di ricordarlo.
Viviana Daloiso
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