Nel mese di gennaio vogliamo avvicinarci a Don Bosco attraverso la testimonianza di alcuni giovani che hanno vissuto nella loro vita il #NoiCiStiamo. Sono ragazzi che sono venuti a contatto con gli ambienti salesiani e che, con la testimonianza della loro vita, hanno steso i colori del carisma salesiano in varie parti del mondo: Oggi presentiamo cinque oratoriani polacchi.
Gli oratori hanno sempre occupato un ruolo privilegiato nelle attività salesiane. Anche a Poznan´ (Polonia), in Via Wroniecka presso la casa salesiana, l’educazione tipica di San Giovanni Bosco, fatta di cura paterna e di carità concreta verso i ragazzi, occupava un ruolo eccezionale. Erano gli anni dell’occupazione nazista. L’esercito tedesco entrò a Poznan´ l’11 settembre 1939. Ogni sera, quando avevano un po’ di tempo libero, come già facevano prima della guerra, i ragazzi si raccoglievano in una sala riunioni dell’oratorio salesiano. Tra i più anziani del gruppo vi erano i cinque futuri martiri.
Erano oratoriani, tutti e cinque consapevolmente impegnati nella propria crescita umana e cristiana, tutti e cinque coinvolti nell’animazione dei compagni, legati da interessi e progetti personali e sociali. Arrestati quasi insieme e imprigionati in sedi diverse per un brevissimo periodo di tempo, ebbero un percorso carcerario comune e subirono il martirio lo stesso giorno e allo stesso modo.
Edoardo Klinik, timido e tranquillo, diventò più vivace da quando entrò in oratorio. Era uno studente sistematico, responsabile. Nel gruppo dei cinque si distingueva perché era molto impegnato in ogni campo di attività e dava l’impressione di essere il più serio e profondo.
Francesco sensibile e fragile, si ammalava spesso; ma era allegro, simpatico, amava gli animali ed era sempre disposto ad aiutare gli altri. Aveva l’intenzione di farsi salesiano. Durante l’occupazione, non potendo continuare gli studi, si impiegò in uno stabilimento industriale. Il tempo libero lo passava all’oratorio, dove in grande amicizia con gli altri quattro, animava associazioni e attività giovanili.
Jarogniew spiccava sugli altri: era un meditativo, tendeva ad approfondire la visione delle cose, cercava di capire gli avvenimenti. Era un animatore nel senso migliore del termine. Si distingueva per il buon umore, l’impegno e la testimonianza.
Ceslao era di carattere un po’ collerico, ma spontaneo, pieno di energia, padrone di sé, pronto al sacrificio, coerente. Godeva d’indiscussa autorità tra i più giovani. Lo si vedeva aspirare alla perfezione cristiana e progredire in essa. Scrive un compagno di carcere: “Era di buon carattere e di buon cuore, aveva l’anima come un cristallo... ho capito che il suo cuore era libero da ogni macchia di peccato, da ogni cattiveria. Mi ha confidato una preoccupazione: non macchiarsi mai di alcuna impurità”.
Edoardo Kaźmierski si caratterizzava per la sobrietà, la prudenza, la bontà d’animo. All’oratorio poté sviluppare insolite doti musicali. La vita religiosa che attinse dalla famiglia lo portò presto, sotto la guida dei salesiani, alla maturità cristiana. Durante la prigionia dimostrò un grande amore verso i compagni. Aiutava volentieri i più anziani e rimase libero da qualsiasi sentimento di odio verso i persecutori.
Questi giovani esaltano la forza plasmatrice dell’esperienza oratoriana, quando essa può contare sulla corresponsabilità, sulla personalizzazione delle proposte educative e su salesiani capaci di accompagnare i giovani nel cammino di fede e di grazia. Furono arrestati nel settembre 1940 e rinchiusi nella fortezza VII di Poznań. Passati nel carcere di Neukoln prima e di Zwickau poi, subirono interrogatori e torture e furono costretti a lavori pesanti.
Due biglietti rivelano che si tratta di giganti dello spirito: “Dio solo sa quanto soffriamo. La preghiera ci fu unico aiuto nell’abisso delle notti e dei giorni”; “Dio ci ha dato la croce, ci sta dando anche la forza di portarla”.
Il 1 agosto 1942 fu pronunziata la sentenza: condanna a morte per tradimento. L’ascoltarono in piedi. Seguì un lungo silenzio interrotto solo dall’esclamazione di uno di loro: “Sia fatta la Tua volontà”. Sono stati condannati unicamente per la loro appartenenza ai movimenti cattolici, dai quali si sospettava potessero nascere resistenze.
I giovani oratoriani trascorsero i loro ultimi 24 giorni insieme nella cella di morte numero 3 del Palazzo di Giustizia di Dresda. Non vivono nella disperazione, ma si preparano all’ora della morte con i sacramenti della Riconciliazione e della Comunione eucaristica. Comprendiamo la loro grandezza d’animo leggendo i brani delle ultime lettere che scrivono ai familiari. Parole semplici, piene d’amore, che diventano un vero trattato della loro eroicità.
“Mia amatissima mamma, e carissime sorelle – scrive Edward Kaz´mierski – ho ricevuto la vostra lettera di addio [...]. Mi fa molto piacere che voi siate rassegnati alla volontà di Dio [...]. Ringraziate il Signore per la sua grande misericordia. Mi ha concesso la serenità. Rassegnato alla sua santissima volontà, tra poco parto da questo mondo [...]. Ti ringrazio mamma, della tua benedizione. Così vuole Dio. Egli richiede da te questo sacrificio [...]. Vi chiedo perdono di tutto cuore [...]. Vi chiedo una preghiera”.
“Miei amatissimi genitori, fratelli e sorelle – incomincia la sua lettera Franciszek Ke˛sy – è giunto il momento del congedo da voi. Il Buon Dio mi prende con sé. Non deplorate che in età così giovane io parta da questo mondo. Adesso sono in stato di grazia, e non so se più tardi sarei stato fedele alle mie promesse [...]. Vado in cielo, arrivederci. Là, in cielo, pregherò Dio [...]. Pregate qualche volta per me [...]. Ora vado”.
“Amatissimi genitori, mamma, babbo, Maria, Henryk – così si rivolge ai parenti Edward Klinik – misteriosi sono i decreti di Dio, ma noi dobbiamo rassegnarci, perché tutto avviene per il bene della nostra anima [...]. Fino all’ultimo momento Maria è stata la mia Madre. Adesso quando tu, mamma, non mi avrai più, prendi Gesù [...]. Miei carissimi, non disperate di me e non piangete, perché io sono già con Gesù e Maria”.
“Miei carissimi genitori, Giovanna, fratelli – scrive Czesław Józ´wiak – proprio quest’oggi, ossia il giorno dedicato a Maria Ausiliatrice [...] parto da questo mondo [...]. Vi prego solo di non piangere, non disperatevi, non affliggetevi nel cuore. Così vuole Dio [...]. Pregate il Signore per la pace della mia anima. Io pregherò Dio per voi, affinché vi benedica, e potremo un giorno tutti quanti vederci in cielo. Qui mando a ognuno di voi un bacio”.
“Amatissima e carissima Ludosława – così tranquillizza la sorella Jarogniew Wojciechowski (la mamma era morta durante il secondo anno della sua prigionia) – stai sicura che tu non sei sola su questa terra. Io e la mamma saremo sempre accanto a te. Chiedo a te una cosa: affida i sentimenti di ogni momento della tua vita solo a Gesù e a Maria, perché con essi troverai la calma [...]. Pensa che felicità: parto da questo mondo unito a Gesù nella santa Comunione. In questa mia ultima Comunione penso a te e la offro per la tua intenzione e per la mia, con la speranza che tutta la nostra famiglia, senza eccezione, sarà molto felice lassù [...]. Ci vado ormai, e ti aspetto là in cielo con la carissima mamma”.
Le sentenze furono eseguite il 24 agosto 1942; ne diedero notizia i manifesti apparsi il giorno successivo sui muri di Poznan´. Condannati senza regolare processo, senza possibilità di difesa, e comunque per cause tali da non giustificare la pena di morte, diedero un esempio eroico di fede e di vita cristiana. L’avevano assimilata nell’oratorio salesiano di Poznan´; e da essa attinsero la forza di accettare con serenità “la volontà di Dio”, fino a perdonare i loro carnefici secondo il più genuino spirito del Vangelo.
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