Non dovete aver paura di sognare

LORETO: il testo della Veglia.Cari amici, non dovete aver paura di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene e non dovete lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà. Cristo ha fiducia in voi e desidera che possiate realizzare ogni vostro più nobile ed alto sogno di autentica felicità. Niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Dio.

Non dovete aver paura di sognare

da Benedetto XVI

del 03 settembre 2007

     

La domanda di Piero e Giovanna

 

Siamo Giovanna e Piero, abbiamo ventisette anni e veniamo da Bari.

Giovanna: io sono una giovane assistente sociale. Lavoro con gli anziani e collaboro con la Caritas diocesana di Bari-Bitonto dove sono impegnata come volontaria in un Centro di accoglienza per immigrati.

 

Piero: io sono un giovane ingegnere. Mi sono laureato con non poche difficoltà: della mia scuola media solo in tre siamo andati al liceo e solo io ho frequentato l’università. Sarò disoccupato ancora per pochi giorni ma comunque sarò costretto a trasferirmi a Roma per lavorare, come la maggior parte dei miei coetanei.

 

Giovanna: veniamo entrambi dal quartiere San Paolo, della periferia di Bari. Un quartiere con strade buie, zone isolate e palazzi alti che soffocano la nostra gioia di vivere. Ci sentiamo gli scarti dei processi di globalizzazione: molti vanno via, chi resta lotta, spesso solo, contro le ingiustizie che uccidono i nostri sogni. Eppure queste periferie sono i quartieri demograficamente più giovani delle nostre città. È difficile spiegare il rispetto delle cose degli altri se quelle stesse cose non si hanno o sono negate. Lo stesso vale per i rapporti con le persone: carenze di attenzione, di piccoli gesti d’amore, di affetto familiare portano frequentemente ad atteggiamenti di chiusura, di ostilità.

Piero: è il caso di Giovanni. Non conosce suo padre perché è in carcere da anni. Sua madre si è rifatta una vita e lui è cresciuto per strada. Rubava per sopravvivere. Alcuni dei suoi amici, mentre erano al solito bar, sono stati uccisi durante una sparatoria. Poteva esserci anche lui. Oggi Giovanni vive al nord e lavora come carpentiere. Ha scoperto il valore dell’onestà, anche attraverso il suo rapporto con Gesù. Ma conserva il sogno di tornare a lavorare nella sua terra d’origine.

 

Giovanna: purtroppo tante storie sono lontane da una soluzione a lieto fine. Come nel caso di Anna. Lei, come molte sue coetanee della zona, ha abbandonato la scuola subito dopo le medie. È scappata di casa con Marco, un ragazzo senza lavoro che vive di piccoli furti. Hanno avuto un figlio. Marco entra ed esce di prigione. Anna è sempre a casa che lo aspetta e in fondo condivide con lui una vita da «reclusa». Tutti e due hanno rinunciato ai loro sogni, ambizioni e prospettive di una vita diversa.

 

Piero: Giovanni, Salvatore, Vito, Antonello: sono amici, assassinati a sangue freddo per futili motivi e uccisi in parte anche dall’indifferenza del quartiere in cui vivevano. Ora è come se ci chiedessero di mettere le ali ai loro sorrisi e di dare una speranza ai loro cuori. Ci vogliamo provare, Santo Padre, e chiediamo di non restare soli.

 

Piero e Giovanna si avvicinano al Papa, lo salutano e gli pongono una domanda:

A molti di noi giovani di periferia manca un centro, un luogo o persone capaci di dare identità. Siamo spesso senza storia, senza prospettive e perciò senza futuro. Sembra che ciò che aspettiamo veramente non capiti mai. Di qui l’esperienza della solitudine e, a volte, delle dipendenze. Santità, c’è qualcuno o qualcosa per cui possiamo diventare importanti? Com’è possibile sperare, quando la realtà nega ogni sogno di felicità, ogni progetto di vita?

 

 

Risposta di Benedetto XVI

 

Grazie per questa domanda e per la presentazione molto realistica della situazione. Nelle periferie di questo mondo con grandi problemi, non è adesso facile rispondere e non vogliamo vivere in un facile ottimismo, ma, d’altra parte, dobbiamo avere coraggio, andare avanti. E così anticiperei la sostanza della mia risposta: sì c’è speranza anche oggi, ciascuno di voi è importante, perché ognuno è conosciuto e voluto da Dio e per ognuno Dio ha un Suo progetto. Dobbiamo scoprirle e aiutarci reciprocamente perché sia possibile nonostante queste situazioni di precarietà, di marginalità realizzare il progetto di Dio con noi.

Ma, per andare ai dettagli, lei ci ha presentato realmente la situazione di una società: nelle periferie sembra difficile andare avanti, cambiare per il meglio. Tutto sembra concentrato nei grandi centri del potere economico e politico, le grandi burocrazie dominano e chi si trova nelle periferie realmente sembra essere escluso da questa vita.

Allora un aspetto di questa situazione della emarginazione di tanti è che le grandi cellule della vita della società che possono costruire centri anche nella periferia sono frantumate: la famiglia, che dovrebbe essere il luogo dell’incontro delle generazioni, dal bisnonno fino al nipote, dovrebbe essere un luogo dove si incontrano non solo le generazioni, ma dove si impara a vivere, si imparano le virtù essenziali per vivere, è frantumata, è in pericolo. Tanto più noi dobbiamo fare il possibile perché la famiglia sia viva, sia anche oggi la cellula vitale, il centro nella periferia.

Così anche la parrocchia, la cellula vivente della Chiesa, deve essere realmente un luogo di ispirazione di vita e di solidarietà che aiuta a costruire insieme i centri nella periferia. E, devo qui dire, si parla spesso nella Chiesa di periferia e di centro, che sarebbe Roma, ma in realtà nella Chiesa non c’è periferia, perché dove c’è Cristo c’è tutto il centro. Dove si celebra l’Eucaristia, dove c’è il Tabernacolo c’è Cristo e quindi è il centro e dobbiamo fare di tutto perché questi centri vivi siano efficaci, presenti e siano realmente una forza che si oppone a questa emarginazione. La Chiesa viva, la Chiesa delle piccole comunità, la Chiesa parrocchiale, i movimenti, dovrebbero formare centri nella periferia e così aiutare a superare le cose che la grande politica ovviamente non supera e dobbiamo nello stesso tempo anche pensare che nonostante le grandi concentrazioni di potere, proprio la società di oggi ha bisogno della solidarietà, del senso da legalità, dell’iniziativa e della creatività di tutti.

So che è più facile dirlo che realizzarlo, ma vedo qui persone che si impegnano perché crescano anche nelle periferie centri, cresca la speranza e quindi mi sembra che dobbiamo prendere proprio nelle periferie l’iniziativa, che la Chiesa sia presente, che il centro del mondo, Cristo, sia presente.

Abbiamo visto e vediamo oggi nel Vangelo che per Dio non ci sono periferie. La Terra Santa nell’Impero Romano era periferia, Nazareth era periferia, una città sconosciuta e proprio quella realtà era il centro che ha cambiato il mondo! E così anche noi dobbiamo formare dei centri di fede, di speranza di amore e di solidarietà, di senso della giustizia e della legalità, di cooperazione. Solo così può sopravvivere questa società moderna ha bisogno di questo coraggio di creare centri, anche se ovviamente non sembra esistere speranza. Contro questa disperazione dobbiamo collaborare con grande solidarietà e fare il nostro possibile perché cresca la speranza, gli uomini possano collaborare e vivere.

Il mondo, lo vediamo, deve essere cambiato, ma è proprio la missione della gioventù, cambiarlo! Non lo possiamo fare solo con le nostre forze, ma in comunione di fede e di cammino. In comunione con Maria, con tutti i santi, in comunione con Cristo possiamo fare qualcosa di essenziale, e vi incoraggio e vi invito ad avere fiducia in Cristo, ad avere fiducia in Dio, a stare nella grande compagnia dei santi e ad andare avanti cambiando il mondo, creando centri nella periferia perché realmente diventi visibile e realistica la speranza di tutti, e ognuno possa dire: «Io sono importante nella totalità della storia. Il Signore ci aiuterà». Grazie.

 

 

La domanda di Sara

 

Mi chiamo Sara, ho 24 anni e vengo da Genova; lavoro da circa due anni in un negozio di articoli sportivi e vivo con la mia famiglia alla periferia della città, nel quartiere di Begato, da molti considerato un quartiere a rischio; sto lì da quando sono nata, e mio padre e mia madre, dopo una vita di lavoro e sacrifici, sono riusciti finalmente ad acquistare una casa. Con la mia famiglia ho sempre frequentato la parrocchia e l’Azione cattolica. Ho sperimentato la fatica di essere bambini, adolescenti e giovani in un posto dove ben pochi si interessano concretamente di te, degli spazi di cui hai bisogno per giocare, studiare, stare con gli amici, e in cui spesso ci si sente abbandonati e tagliati fuori. Nel gruppo parrocchiale mi sono ritrovata molto presto a fare l’educatrice dei più piccoli di me, ragazzi e ragazze del quartiere con le storie più diverse, ma spesso uniti proprio dalla condivisione di quel senso di abbandono che anche io, nonostante avessi una bella famiglia e molti amici, spesso sperimentavo. Avevo sette anni, quando con mamma, papà e mio fratello abbiamo notato un bimbo più o meno della mia età sempre solo e mal vestito, che girava tutto il giorno per la strada nel quartiere come sperduto. I miei genitori si sono interessati alla sua situazione e lui si è affezionato a noi e ci ha presi sempre più in simpatia. Da qui la decisione di prenderlo in affido, d’accordo con i servizi sociali. Andrea ed io siamo cresciuti insieme. Ho sperimentato cosa vuol dire “essere il prossimo” di qualcuno. E quanto sia difficile sentirsi un po’ sconfitti, perché anche Andrea, nonostante l’opportunità di una nuova famiglia, si è convinto che «se nasci sfortunato, morirai sfortunato». E così la pensano moltissimi dei miei amici con cui sono cresciuta. È come se un grande e pesante silenzio, di rassegnazione, ci avvolgesse tutti. Penso alle decine di ragazzine appena adolescenti che girano per strada vestite poco o nulla e che spesso si ritrovano incinte prima ancora di aver capito cosa questo significhi. Penso ai frequenti atti vandalici e di stupido bullismo che persone anche a me vicine compiono la notte per riempire i loro vuoti. Mi accorgo che quel silenzio è in realtà pieno di grida di aiuto soffocate, che nessuno sa o vuole ascoltare. Un silenzio, Santo Padre, che interroga anche la mia fede, perché non sempre è semplice parlare di Dio in queste situazioni. Questo grido silenzioso non è solo di Begato, ma anche di altre zone di Genova, tocca tantissimi altri giovani, anche con meno problemi economici e sociali di noi. In negozio, sul lavoro, in tanti luoghi mi accorgo come questo tipo di solitudine non appartenga solo alla periferia della mia città, ma sia una specie di “periferia della vita”.

 

Sara pone una domanda al Santo Padre:

Io credo nel Dio che ha toccato il mio cuore, ma sono tante le insicurezze, le domande, le paure che porto dentro. Non è facile parlare di Dio con i miei amici; molti di loro vedono la Chiesa come una realtà che giudica i giovani, che si oppone ai loro desideri di felicità e di amore. Di fronte a questo rifiuto avverto tutta la mia solitudine di uomo e vorrei sentire la vicinanza di Dio. Santità, in questo silenzio dov’è Dio?

 

 

Risposta di Benedetto XVI

 

Sì tutti noi anche credenti conosciamo il silenzio di Dio. Nel salmo che abbiamo adesso pregato c’è questo grido quasi disperato: «Parla Dio, non ti nascondere!» e poco fa è stato pubblicato un libro con le esperienze spirituali di Madre Teresa dove quanto già sapevamo si mostra ancora più apertamente, che con tutta la sua carità, la sua forza di fede soffriva del silenzio di Dio. Da una parte dobbiamo sopportare questo silenzio di Dio anche per poter capire i nostri fratelli che non conoscono Dio. Dall’altra, con il salmo possiamo sempre di nuovo gridare a Dio: «Parla, dimostrati». E senza dubbio nella nostra vita, se il cuore è aperto, possiamo trovare i grandi momenti dove realmente la presenza di dio diventa sensibile per noi.

Mi ricordo in questo momento di una piccola storia che Giovanni Paolo II ha raccontato negli esercizi in Vaticano quando non era ancora Papa. Ha raccontato che dopo la guerra è stato visitato da un ufficiale russo che era scienziato e gli ha detto da scienziato: «Sono sicuro che Dio non esiste. Ma se mi trovo sulla montagna con la sua maestosa bellezza, con la sua grandezza sono ugualmente sicuro che il Creatore esiste e che Dio esiste». La bellezza della creazione è una delle fonti dove realmente tossiamo toccare la bellezza di Dio, possiamo vedere che il Creatore esiste ed è buono, che è vero quanto la Sacra Scrittura dice nel racconto della Creazione che Dio ha penato e fatto con il Suo cuore, con la Sua volontà, con la Sua ragione questo mondo e lo ha trovato buono. E buono, noi dobbiamo essere buoni, per avere il cuore aperto alla vera presenza di Dio. Poi sentendo la Parola di Dio nelle grandi celebrazioni liturgiche, le feste della fede nella grande musica della fede sentiamo questa presenza.

Mi ricordo in questo momento un’altra piccola storia che mi ha raccontato poco fa un vescovo in visita «ad limina»: c’era una donna non cristiana molto intelligente che cominciava a sentire la grande musica di Bach, Haendel, Mozart. Era affascinata e un giorno ha detto: «Devo trovare la fonte da dove poteva venire questa bellezza», e la donna si è convertita al cristianesimo, alla fede cattolica, perché aveva trovato che questa bellezza ha una fonte, è la fonte della presenza di Cristo nei cuori, nella rivelazione di Cristo in questo mondo. Quindi, grandi feste della fede, della celebrazione liturgica anche il dialogo personale con Cristo, non sempre risponde, ma ci sono momenti in cui realmente risponde. Poi l’amicizia la compagnia della fede. Adesso vediamo qui riuniti a Loreto come la fede unisce, l’amicizia crea una compagnia di cammino. E sentiamo che non viene da niente questo, ma realmente ha una fonte, che il Dio silenzioso è anche un Dio che parla, che si rivela e soprattutto che noi stessi possiamo essere testimoni della Sua presenza, che dalla nostra fede risulta realmente una luce anche per gli altri. Quindi direi dobbiamo da una parte accettare che in questo modo Dio è silenzioso, ma non essere sordi al suo parlare, al suo apparire in tante occasioni e vediamo soprattutto nella creazione, nella bella liturgia nell’amicizia in mezzo alla Chiesa, la presenza del Signore e pieni della Sua presenza possiamo anche noi dare luce agli altri. Così vengo alla seconda o alla prima pane della sua domanda difficile parlare agli amici di oggi di Dio e forse ancora più difficile che parlare della Chiesa, perché vedono in Dio solo il limite della nostra libertà, un Dio di comandamenti, di divieti e nella Chiesa un’istituzione che limita la nostra libertà che ci impone delle proibizioni e tutto questo. Ma dobbiamo cercare di fare visibile a loro la Chiesa viva, non questa idea di un centro di potere nella Chiesa con queste etichette, ma le comunità di compagnia nelle quali nonostante tutti i problemi della vita che ci sono per tutti nasce la gioia di vivere. Qui mi viene in mente un terzo ricordo. Sono stato in Brasile e nella Fazenda de la Esperança, questa grande realtà dove i drogati vengono curati e ritrovano la speranza, ritrovano la gioia di vivere e hanno testimoniato che proprio conoscere che c’è Dio era per loro la guarigione dalla disperazione. Così hanno capito che la vita ha un senso e hanno ritrovato la gioia di essere in questo modo, la gioia di affrontare i problemi della vita umana. Quindi in ogni cuore umano nonostante tutti i problemi che ci sono, c’è la sete di Dio. Questa sete di infinito che è nei nostri cuori si dimostra proprio anche nella realtà della droga: l’uomo vuole allargare lo spessore della vita, avere di più dalla vita, avere l’infinito, ma la droga è una menzogna una truffa, perché non allarga la vita, ma distrugge la vita. Vera è la grande sete che ci parla di Dio e ci mette in cammino verso Dio, ma dobbiamo aiutarci reciprocamente.

Cristo è venuto proprio per creare una rete di comunione nel mondo dove tutti insieme possiamo portarci l’un l’altro e così aiutarci a trovare insieme la strada della vita e capire che i Comandamenti di Dio non sono limitazioni della nostra libertà, ma le strade che guidano verso l’altro, verso la pienezza della vita. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a capire la Sua presenza ed essere pieni della Sua Rivelazione, della Sua gioia e ad aiutarci l’un l’altro in compagnia della fede, di andare avanti, e trovare sempre più con Cristo il vero volto di Dio e così la vera vita.

 

 

Il discorso del Papa

 

Cari giovani, che costituite la speranza della Chiesa in Italia! Sono felice di incontrarvi in questo luogo così singolare, in questa serata speciale, ricca di preghiere, di canti, di silenzi, colma di speranze e di profonde emozioni. Questa valle, dove in passato anche il mio amato predecessore Giovanni Paolo II ha incontrato molti di voi, è diventata ormai la vostra 'agorà', la vostra piazza senza mura e barriere, dove mille strade convergono e si dipartono. Ho ascoltato con attenzione chi ha parlato a nome di tutti voi. In questo luogo dell’incontro pacifico, autentico e gioioso, siete arrivati per mille motivi diversi: chi perché appartenente a un gruppo, chi invitato da qualche amico, chi per intima convinzione, chi con qualche dubbio nel cuore, chi per semplice curiosità… Qualunque sia il motivo che vi ha condotto qui, posso dirvi che a riunirci anche se è coraggioso dirlo è lo Spirito Santo. Sì, è proprio così: qui vi ha guidati lo Spirito; qui siete venuti con i vostri dubbi e le vostre certezze, con le vostre gioie e le vostre preoccupazioni. Ora tocca a noi tutti, a voi tutti aprire il cuore ed offrire tutto a Gesù.

 

Ditegli: ecco, sono qui, certamente non sono ancora come tu mi vorresti, non riesco nemmeno a capire fino in fondo me stesso, ma con il tuo aiuto sono pronto a seguirti. Signore Gesù, questa sera vorrei parlarti, facendo mio l’atteggiamento interiore e l’abbandono fiducioso di quella giovane donna, che oltre duemila anni fa disse il suo 'sì' al Padre che la sceglieva per essere la tua Madre. Il Padre la scelse perché docile e obbediente alla sua volontà. Come lei, come la piccola Maria, ognuno di voi, cari giovani amici, dica con fede a Dio: Eccomi, «avvenga di me quello che hai detto»!

 

Quale stupendo spettacolo di fede giovane e coinvolgente stiamo vivendo questa sera! Questa sera Loreto è diventata, grazie a voi, la capitale spirituale dei giovani; il centro verso cui convergono idealmente le moltitudini di giovani che popolano i cinque Continenti. In questo momento ci sentiamo come attorniati dalle attese e dalle speranze di milioni di giovani del mondo intero: in questa stessa ora alcuni stanno vegliando, altri dormono, altri ancora studiano o lavorano; c’è chi spera e chi dispera, chi crede e chi non riesce a credere, chi ama la vita e chi invece la sta gettando via. A tutti vorrei giungesse questa mia parola: il Papa vi é vicino, condivide le vostre gioie e le vostre pene, soprattutto condivide le speranze più intime che sono nel vostro animo e per ciascuno chiede al Signore il dono di una vita piena e felice, una vita ricca di senso, una vita vera.

 

Purtroppo oggi, non di rado, un’esistenza piena e felice viene vista da molti giovani come un sogno difficile - abbiamo sentito tante testimonianze - e qualche volta quasi irrealizzabile. Tanti vostri coetanei guardano al futuro con apprensione e si pongono non pochi interrogativi. Si chiedono preoccupati: come inserirsi in una società segnata da numerose e gravi ingiustizie e sofferenze? Come reagire all’egoismo e alla violenza che talora sembrano prevalere? Come dare un senso pieno alla vita? Con amore e convinzione ripeto a voi, giovani qui presenti, e attraverso di voi, ai vostri coetanei del mondo intero: Non abbiate timore, Cristo può colmare le aspirazioni più intime del vostro cuore! Ci sono forse sogni irrealizzabili quando a suscitarli e a coltivarli nel cuore è lo Spirito di Dio? C’è qualcosa che può bloccare il nostro entusiasmo quando siamo uniti a Cristo? Nulla e nessuno, direbbe l’apostolo Paolo, potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore (Cf Rm 8, 35-39).

 

Lasciate che questa sera io vi ripeta: ciascuno di voi se resta unito a Cristo, può compiere grandi cose. Ecco perché, cari amici, non dovete aver paura di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene e non dovete lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà. Cristo ha fiducia in voi e desidera che possiate realizzare ogni vostro più nobile ed alto sogno di autentica felicità. Niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Dio. Guardate alla giovane Maria! L’Angelo le prospettò qualcosa di veramente inconcepibile: partecipare nel modo più coinvolgente possibile al più grandioso dei piani di Dio, la salvezza dell’umanità. Dinanzi a tale proposta Maria, come abbiamo sentito nel Vangelo, rimase turbata, avvertendo tutta la piccolezza del suo essere di fronte all’onnipotenza di Dio; e si domandò: com’è possibile, perché proprio io? Disposta però a compiere la volontà divina, pronunciò prontamente il suo 'sì', che cambiò la sua vita e la storia dell’umanità intera. E’ grazie al suo 'sì' che anche noi ci ritroviamo qui stasera.

 

Mi chiedo e vi domando: le richieste che Dio ci rivolge, per quanto impegnative possano sembrarci, potranno mai uguagliare ciò che fu domandato da Dio alla giovane Maria? Cari ragazzi e ragazze, impariamo da Maria a dire il nostro 'sì', perché lei sa veramente che cosa significhi rispondere generosamente alle richieste del Signore. Maria, cari giovani, conosce le vostre aspirazioni più nobili e profonde. Conosce bene, soprattutto, il vostro grande desiderio di amore, il vostro bisogno di amare e di essere amati. Guardando a lei, seguendola docilmente scoprirete la bellezza dell’amore, non però di un amore 'usa-e-getta', passeggero e ingannevole, prigioniero di una mentalità egoista e materialista, ma dell’amore vero e profondo. Nel più intimo del cuore ogni ragazzo e ogni ragazza, che si affaccia alla vita, coltiva il sogno di un amore che dia senso pieno al proprio avvenire. Per molti questo trova compimento nella scelta del matrimonio e nella formazione di una famiglia dove l’amore tra un uomo e una donna sia vissuto come dono reciproco e fedele, come dono definitivo, suggellato dal 'sì' pronunciato davanti a Dio nel giorno del matrimonio, un 'sì' per tutta l’esistenza. So bene che questo sogno è oggi sempre meno facile da realizzare. Attorno a noi quanti fallimenti dell’amore! Quante coppie chinano la testa, si arrendono e si separano! Quante famiglie vanno in frantumi! Quanti ragazzi, anche tra voi, hanno visto la separazione e il divorzio dei loro genitori! A chi si trova in così delicate e complesse situazioni vorrei dire questa sera: la Madre di Dio, la Comunità dei credenti, il Papa vi sono accanto e pregano perché la crisi che segna le famiglie del nostro tempo non diventi un fallimento irreversibile. Possano le famiglie cristiane, con il sostegno della Grazia divina, mantenersi fedeli a quel solenne impegno d’amore assunto con gioia dinanzi al sacerdote e alla comunità cristiana, il giorno solenne del matrimonio.

 

Di fronte a tanti fallimenti non è infrequente questa domanda: sono io migliore dei miei amici e dei miei parenti che hanno tentato e hanno fallito? Perché io, proprio io, dovrei riuscire là dove tanti si arrendono? Quest’umano timore può bloccare anche gli spiriti più coraggiosi, ma in questa notte che ci attende, ai piedi della sua Santa Casa, Maria ripeterà a ciascuno di voi, cari giovani amici, le parole che lei stessa si sentì rivolgere dall’Angelo: Non temete! Non abbiate paura! Lo Spirito Santo è con voi e non vi abbandona mai. A chi confida in Dio nulla è impossibile. Ciò vale per chi è destinato alla vita matrimoniale, ed ancor più per coloro ai quali Iddio propone una vita di totale distacco dai beni della terra per essere a tempo pieno dediti al suo Regno. Tra voi ci sono alcuni che sono incamminati verso il sacerdozio, verso la vita consacrata; taluni che aspirano ad essere missionari, sapendo quanti e quali rischi ciò comporti. Penso ai sacerdoti, alle religiose e ai laici missionari caduti sulla trincea dell’amore al servizio del Vangelo. Ci potrebbe dire tante cose al riguardo padre Giancarlo Bossi, per il quale abbiamo pregato durante il periodo del suo sequestro nelle Filippine, e oggi gioiamo nell’averlo tra noi. In lui vorrei salutare e ringraziare tutti coloro che spendono la loro esistenza per Cristo sulle frontiere dell’evangelizzazione. Cari giovani, se il Signore vi chiama a vivere più intimamente al suo servizio, rispondete generosamente. Siatene certi: la vita dedicata a Dio non è mai spesa invano.

 

Cari giovani, termino qui queste mie parole, non senza prima avervi abbracciato con cuore di padre; vi abbraccio ad uno ad uno e cordialmente vi saluto. Saluto i Vescovi presenti a cominciare dall’Arcivescovo Angelo Bagnasco, Presidente della CEI e l’Arcivescovo Gianni Danzi che ci accoglie nella sua Comunità ecclesiale. Saluto i sacerdoti, i religiosi, le religiose, gli animatori che vi accompagnano. Saluto le Autorità civili e quanti hanno curato la realizzazione di quest’incontro. Saremo ancora uniti 'virtualmente' più tardi e ci rivedremo domattina, al termine di questa notte di veglia, per il momento più alto del nostro incontro, quando si farà presente realmente lo stesso Gesù nella sua Parola e nel mistero dell’Eucaristia. Fin d’ora tuttavia vorrei dare a voi giovani appuntamento a Sidney, dove tra un anno si terrà la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Lo so, l’Australia è lontana e per i giovani italiani è letteralmente all’altro capo del mondo… Preghiamo perché il Signore che compie ogni prodigio conceda a molti di voi di esserci. Lo conceda a me, lo conceda a voi. È questo uno dei tanti nostri sogni che questa notte pregando insieme affidiamo a Maria. Amen.

 

papa Benedetto XVI

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