È arrivato da me, che si rifiutava di cambiarsi e di lavarsi, perché a lui andava bene così. I ragazzi del Centro lo avevano battezzato «Munnezza», prima ancora d'aver visto il film che sta girando ora nelle varie sale cinematografiche. Quando al mattino era sceso dalla camera, sporco come vi era salito, gli ho chiesto: «Senti, Ale, perché non ti sei lavato?». Lui, guardandomi con occhi tristi, mi ha risposto: «Per chi devo farlo?»
del 10 gennaio 2008
È uno dei miei pezzi forti quando parlo ai genitori. Racconto la storia di Alessandro, un ragazzo di 15 anni, capitato un giorno al Centro, direttamente dal Tribunale dei Minori di Milano: era da 8 mesi in fuga da casa e a casa non voleva tornare perché sua madre era del «mestiere» e guadagnava di più con i clienti che con Alessandro, tipico ragazzo di strada cresciuto nell’abbandono affettivo.
Otto mesi in fuga e si era sempre arrangiato, quando un adolescente normale non riesce a stare via un giorno solo dalla casa che contesta ma che gli dà sicurezza, vitto e alloggio gratis, oltre a tutto il resto del «bagaglio» tecnico del figlio del benessere, cresciuto senza provare il sapore della fatica, se non quella dello studiare.
È arrivato da me, che si rifiutava di cambiarsi e di lavarsi, perché a lui andava bene così. I ragazzi del Centro lo avevano battezzato «Munnezza», prima ancora d’aver visto il film che sta girando ora nelle varie sale cinematografiche. Quando al mattino era sceso dalla camera, sporco come vi era salito, gli ho chiesto: «Senti, Ale, perché non ti sei lavato?». Lui, guardandomi con occhi tristi, mi ha risposto: «Per chi devo farlo?». Perché? Per chi? Una bella differenza, dove si coglie l’abisso che c’è tra la domanda «razionale» dell’adulto e la risposta profonda, «di cuore», del ragazzo.
Perché? Lavati perché fai schifo alle ragazze, che incontri, perché ti si rovina la pelle, ti vengono ad abitare le pulci, fai schifo ai cani catalani, che io tra l’altro non ho mai visto, ma mi sembrava una buona frase ad effetto per motivarlo all’uso dell’acqua e sapone!
Per chi? Non aveva un «per chi» lavarsi, un per chi curare il proprio corpo, per chi studiare, imparare un lavoro, per chi vivere... Solo dopo aver trovato una persona, che se l’era preso a cuore, Alessandro troverà un motivo per lavarsi... per lasciare la strada, la vita del furto, della violenza, del vivere giorno per giorno, senza sogni e progetti.
Sembra una formuletta facile, non perché ma per chi, ma è una formula esigente, che ti impone di scegliere le persone prima delle cose, di metterti in gioco, invece di giudicare, stando a distanza, con criteri da manuale psicologico o sociologico.
Come diventi un «per chi», esci dall’anonimato del rapporto educativo, incontri nel profondo il ragazzo, un incontro a cuore aperto, che stabilisce legame, gioia di fare per rendere contento l’altro, anche «correggendo» e indicando cammini ardui, itinerari impegnativi: «Sono cambiato non perché mi hai detto tante cose, ma perché ho sentito che ero importante per te!».
Ragazzi che contano positivamente per qualcuno, non corrono il rischio di cadere in balia del primo che incontrano, di malintenzionati o di bulletti o, peggio ancora, di gente che seduce i giovani con «paradisi artificiali» che illudono ma non danno senso alla vita, anzi la ingabbiano.
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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