Comunicato dell'Azione Cattolica sull'ennesima tragedia del mare. Non possiamo ignorare che alla porta di casa bussi un'umanità dolente che scommette la propria vita inseguendo il sogno d'un benessere negato, in fuga da luoghi in cui povertà e guerre sono l'insopportabile normalità. L'AC chiede che i Paesi da cui i migranti partono siano sostenuti.
del 15 aprile 2011
 
 
          L’ennesima tragedia del mare nel Canale di Sicilia in cui hanno perso la vita più di 250 migranti, tra essi molti bambini, ci chiede di andare oltre il cordoglio per le vittime innocenti.
          Non possiamo ignorare che alla porta di casa bussa un’umanità dolente che scommette la propria vita inseguendo il sogno d’un benessere negato, in fuga da luoghi in cui povertà e guerre sono l’insopportabile normalità. Anonime vittime sacrificate sull’altare delle ingiustizie generate dalle sperequazioni economiche, politiche e sociali. Persone arrivate dal mare con ancora negli occhi l’illusione di un futuro migliore, una promessa che spesso costa al “passeggero” tutto ciò che possiede. Nel corpo hanno la fame, la sete, migliaia di chilometri sotto il sole del Sahara e la lunga permanenza nei campi di sosta del Nord Africa.
          L’Azione Cattolica, raccogliendo l’appello di Caritas Italiana, chiede che, al di là dell’affrontare l’emergenza del momento, si sostengano i Paesi da cui i migranti partono e quelli attraverso cui transitano per evitare il perpetuarsi di viaggi allo sbaraglio come quelli che si concludono tragicamente nel Canale di Sicilia.
          Dalle informazioni che arrivano molti dei dispersi e dei sopravvissuti provengono dal Corno d’Africa: disperati che tentano il tutto per tutto, compreso affidarsi a chi lucra sulla loro sorte.
          La comunità internazionale ha oggi il dovere di supplire alla precarietà e alla fragilità di quei Paesi accompagnando il viaggio di chi fugge. In particolare, si possono creare dei percorsi facilitati, fasce di territorio protette, corridoi umanitari gestiti dalla comunità internazionale che servano a controllare il movimento delle persone, ma allo stesso tempo proteggerle da abusi e violazioni di diritti.
          Occorre inoltre evitare di tenere concentrate in un unico luogo, come a Lampedusa, tutti coloro che arrivano. Siamo un grande Paese, non possiamo temere l’arrivo di poche migliaia di persone. Non possiamo fingere che non siamo in grado di gestire la loro presenza o il loro passaggio verso altri luoghi d’Europa. Un permesso di soggiorno temporaneo è ormai necessario.
          Non ultimo, la comunità cristiana ha il dovere di esser tale: dobbiamo vedere in ogni persona umana l’inalienabile dignità della creatura che porta in sé l’immagine di Dio. Spetta a ciascuno di noi la responsabilità della salvaguardia dei diritti umani e il dovere della solidarietà per tutte quelle persone la cui vicenda storica non possiamo ignorare.
 
Fabio Zavattaro
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