Anche i discepoli di Gesù spesso erano smarriti; avevano seguito Gesù, li aveva entusiasmati, aveva fatto nascere in loro modi nuovi di affrontare la vita, anche se non aveva nascosto loro previsioni di prova e di dolore. Avevano bisogno di uno squarcio di cielo nel grigiore della nuvolaglia della vita.
del 14 novembre 2006
 
Ci sono delle giornate nella nostra vita in cui fai fatica a tirare a sera, sembra di non trovare la motivazione vera per affrontare tutte le piccole e grandi difficoltà; tutto ti appare piatto, tutto sempre uguale, senza slanci, senza possibilità di vedere un risultato. Avevi sognato, ma i sogni si sono confusi e talora infranti. La vita sembra tutto un grigiore. E siccome non siamo capaci di sopportare o ancora peggio di guardare oltre, di salire su un baobab per guardare la vita da un punto di vista superiore, usiamo antidepressivi pensando che la questione sia di tipo chimico.
Anche i discepoli di Gesù spesso erano smarriti; avevano seguito Gesù, li aveva entusiasmati, aveva fatto nascere in loro modi nuovi di affrontare la vita, anche se non aveva nascosto loro previsioni di prova e di dolore. Avevano bisogno di uno squarcio di cielo nel grigiore della nuvolaglia della vita. Un giorno ne ha presi tre, i tre che nel Getsemani non riusciranno nemmeno a star svegli quando Gesù stava soffrendo le pene dell’inferno, prima di essere tradito, li ha portati su un monte, dal quale si domina una bellissima pianura e lì ha mostrato il suo vero volto di figlio di Dio, di uomo perfetto, di culmine della creazione, di connaturalità con Dio. Ha anticipato per gli apostoli il paradiso. Li ha resi felici, ha squarciato davanti a loro le nebbie del dubbio, della routine, della indifferenza e li ha portati per poco nel suo mondo di bellezza.
E’ stato solo per poco. Certo loro volevano che continuasse sempre. Ma la pienezza di Dio è oltre la nostra vita. Facciamo qui tre tende, ci mettiamo qui con te. Chi ce la fa a tornare a casa con il solito marito, i soliti figli, il solito tran tran? Quanti piatti devo ancora lavare nella mia vita? Quanti treni devo ancora prendere per poter essere felice? Quante liti devo ancora sopportare? Io starei bene qui, fuori dal mondo, a guardarti.
Proviamo invece a trapanare la nostra vita, sotto ci sta la possibilità di contemplare la bellezza del creatore. Abbiamo bisogno sempre più spesso di contemplare il Signore, di metterci in silenzio a comunicare con l’infinito, di fissare il suo volto per poter prendere forza per vivere, nutrire la nostra speranza.
Ma come lo posso contemplare?
mons. Domenico Sigalini
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