Il gesto dell'imposizione delle Ceneri apre oggi questo tempo di conversione all'unico necessario della fede cristiana: l'amore di Dio narrato in Gesù... Null'altro che questo grande mistero dell'amore deve allora attirarci nel tempo della quaresima ad andare nel deserto con Gesù, perché scopo di ogni azione cristiana, di ogni atteggiamento, di ogni sforzo può solo essere l'amore...
del 01 gennaio 2002
La quaresima è ormai divenuto un tempo eversivo nella nostra società votata al culto dell’“io”: un tempo di spogliazione da molte cose, ma soprattutto di allontanamento dalla philautía, dall’amore egoistico. In questo senso la quaresima è anche tempo di ritorno all’essenziale nello spazio stesso della fede: una ritrovata essenzialità nell’adesione al Signore che ci chiede solo di «praticare la giustizia, amare con misericordia e camminare nell’umiltà con Dio» (Michea 6,8).
Il gesto dell’imposizione delle Ceneri apre oggi questo tempo di conversione all’unico necessario della fede cristiana: l’amore di Dio narrato in Gesù. Nel suo messaggio quaresimale Benedetto XVI ci invita perciò a contemplare questo amore sostando ai piedi della croce con Maria, la madre del Signore, e con il discepolo amato. Gesù crocifisso, infatti, attira gli sguardi di tutti, interroga ogni essere umano perché proprio sulla croce - nella condizione di chi spende la vita per gli altri fino a morire - appare il grande mistero che abita il cuore di ogni uomo: il mistero dell’amare e dell’essere amati, il mistero dell’amore di Dio, eros e agape. Fino alla morte e alla morte ignominiosa in croce, fino a quel punto l’amore «folle» di Dio ha spinto Gesù, il quale ha mostrato come l’eros, la passione divina, l’amore estatico di Dio ha voluto unirsi all’umanità e manifestarsi come agape, carità gratuita che non chiede reciprocità. Sì, solo in Dio eros e agape, passione e carità sono uno stesso sentimento che attrae con forza indicibile ogni uomo.
Null’altro che questo grande mistero dell’amore deve allora attirarci nel tempo della quaresima ad andare nel deserto con Gesù, perché scopo di ogni azione cristiana, di ogni atteggiamento, di ogni sforzo può solo essere l’amore. Un amore gratuito nella sua origine divina, un amore preveniente che tuttavia chiede all’uomo, per poter essere percepito e accolto, un prezzo: il prezzo della disciplina, dell’ascesi, della purificazione. Richiede un lavoro paziente e sapiente come quello che lo scultore opera su un pezzo di marmo o di legno: si tratta di togliere, scalpellare, scavare per far emergere l’immagine, la vera immagine deposta in ciascuno di noi, l’immagine conforme a come Dio ci ha pensati, voluti e creati nel suo disegno d’amore. Sì, nel battesimo noi cristiani siamo stati inondati dall’amore di Dio sicché noi abitiamo questo amore, e questo amore abita in noi, ma non sempre ne siamo consapevoli e, anzi, sovente contraddiciamo questa nostra verità. La quaresima è quindi l’occasione propizia per rinunciare al nostro egoismo, per distogliere lo sguardo da noi stessi e tornare al nostro cuore, al quel luogo intimo che è abitato dallo Spirito di Dio che in noi grida: «Abbà, Padre!».
Ma per intraprendere questo itinerario di conversione, per percorrerlo tesi verso la gioia della risurrezione, per camminare nell’amore di Dio è necessario affrontare con consapevolezza una vera e propria lotta spirituale. Si tratta innanzitutto di applicarsi con assiduità all’ascolto della Parola di Dio, facendo tacere le molteplici parole che la soffocano nella nostra vita quotidiana.
Questo richiede il saper creare e difendere tempi di silenzio in cui si lasciano decantare fino a scomparire i molteplici pensieri, sovente inutili, che ci assillano: un silenzio svuotato del frastuono di voci inutili e riempito della Parola di vita che la chiesa ci propone nei quaranta giorni della quaresima; un silenzio in cui si possa percepire il soffio leggero dello Spirito che parla al nostro cuore; un silenzio che sia anche purificazione degli occhi dalla moltitudine di immagini che oggi ci turba con un fragore più forte del tuono; un silenzio che ci consenta di assumere in profondità l’altro e non di strumentalizzarlo a nostro uso e consumo. Così, ritrovando l’assiduità con il Signore, con la sua Parola, con il suo donarsi a noi nel pane e nel vino eucaristici, noi possiamo ricentrare l’intera nostra vita in Cristo.
La nostra lotta spi rituale quaresimale richiede poi un discernimento e una conversione riguardo a ciò che alimenta la nostra esistenza. Di cosa ci nutriamo? Cosa dà consistenza alle nostre vite? Quali alimenti fanno vivere il nostro corpo e il nostro spirito? Il digiuno è lo strumento che la chiesa antica, sull’esempio di Gesù stesso, ha da subito riconosciuto come privilegiato per questo discernimento spirituale. Astenersi da certi cibi, rinunciare per un tempo determinato ma significativo a questa funzione essenziale per la nostra vita umana ci riporta a questi interrogativi essenziali. Una pratica, quella del digiuno, che è stata allontanata dalle sue radici bibliche ed evangeliche, è stata dimenticata nella prassi concreta dei cristiani d’occidente, dove è ritornata sotto le spoglie di protesta, di «sciopero della fame» o, ancor più mondanamente, di una ricerca di benessere fisico in una società malata di bulimia. Ma la quaresima ci ripresenta il digiuno non come valore in sé, né come maschera per un’anoressia che disprezza il corpo, bensì come appello all’essenzialità anche nell’alimentazione, come solidarietà con chi quotidianamente non ha di che nutrirsi, come ripensamento dei nostri comportamenti e come rimando al cibo della Parola di Dio.
Accanto all’assiduità con Dio nella preghiera, accanto al silenzio per ascoltare la Parola di vita, accanto al digiuno per discernere il vero cibo, il «tempo per Dio» che è la quaresima ci chiama anche a un altro elemento di ascesi, del resto richiamato con forza anche in Avvento: la veglia. Associata proprio al digiuno e alla preghiera fin dalla predicazione di Gesù, la veglia cristiana è attesa del Signore e, come tale, interrogativo posto al nostro corpo su chi o che cosa tiene desto il nostro cuore. Come ben sappiamo dal nostro vissuto umano, solo l’amore ci rende capaci di stare desti: solo se amiamo qualcuno siamo disposti a rinunciare al sonno per anticiparne il ritorno, solo il chinarci amorevolmente verso la persona amata che soffre toglie il torpore dai nostri occhi e dal nostro cuore appesantito, solo il farci carico dell’altro ci permette di dimenticare il riposo che le nostre membra invocherebbero.
Anche qui, nell’intontimento spirituale che il frastuono incessante della nostra società finisce per provocare, la quaresima ci offre in dono la possibilità di fermarci e pesare quali parole e quali gesti ravvivano il nostro cuore, cosa lo fa ardere anche nella notte, cosa ne rianima il battito.
Il tempo di grazia della quaresima, allora, è davvero un tempo per tutto l’uomo, per una sua ritrovata unificazione interiore, per un suo riscatto da una vita svuotata di senso: ritrovare il «senso», il significato di quello che facciamo e diciamo per riscoprire il «senso», la direzione che le nostre vite devono intraprendere. In questo impegno ascetico, in questo sforzo spirituale cui il corpo è chiamato a partecipare, la liturgia della chiesa ci fornisce tutti gli elementi per poter riprendere la sequela del Signore nella gioia dello Spirito santo. È un cammino di autenticità: nessuna schizofrenia tra quello che si proclama e si celebra e quello che si vive in realtà: la conversione dev’essere reale, la preghiera davvero assidua, il digiuno concreto, la veglia sapiente e amante. Solo così ci predisponiamo a vivere la Pasqua, la morte e la risurrezione del Signore, liberi dai vecchi fermenti, come persone rinnovate dallo Spirito santo.
Allora vedremo realizzarsi anche per noi le parole del profeta Isaia: «La nostra luce brillerà come aurora, le nostre forze saranno rinnovate, la giustizia camminerà davanti a noi e la gloria del Signore ci accompagnerà. Se chiameremo il Signore, ci risponderà; se lo invocheremo, dirà: Eccomi!». Sì, con il cammino quaresimale vissuto con autenticità appresteremo un luogo al Signore e lo testimonieremo in mezzo agli uomini e alle donne con i quali ci ha fatto il dono grande di condividere le sofferenze e le prove ma anche la gioia e la speranza.
Enzo Bianchi
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