Solo il cristianesimo ha la pretesa folle di trasformare quelli nel traffico con me da nemici da eliminare a figli dello stesso Padre e quindi fratelli con difficoltà e problemi importanti persino più dei miei...
del 15 ottobre 2010
          Il poeta Rilke s’imbatte in una elemosinante. L’amico che lo accompagna le dà uno spicciolo. Rilke tira dritto, ma giunto presso un fioraio compra una rosa e di ritorno solleva la donna e gliela regala. Il poeta coglie la sacralità ferita di quella donna, difende la sua dignità di “amata”, sacralità e dignità che l’anonimo spicciolo privo di uno sguardo negli occhi non riesce ad abbracciare e restituire. I poeti, con i bambini e i santi, sono i custodi del mistero.
          «Ora che nelle fosse / con fantasia ritorta / e mani spudorate dalle fattezze umane l’uomo lacera / l’immagine divina»: un altro poeta, Ungaretti, scorge, nelle deportazioni della II guerra mondiale, mani folli che strappano via dal volto umano ciò che lo rende umano: l’essere immagine di Dio. Di questo dobbiamo parlare quando accadono eventi meno apocalittici, ma non meno tragici come il coma del tassista o della donna rumena sfigurati da mani folli.
          Si leveranno malinconiche voci a significare nella modalità del piagnisteo o dello sdegno che la civiltà è al capolinea… Si girerà, in modo politicamente corretto, attorno all’unico vero problema centrato dai poeti: dove va a finire “la persona” se non vediamo più qualcosa di sacro nel volto “delle persone”? La perdita del senso del sacro nel quotidiano è la più grande tragedia della cultura contemporanea, la tragedia che ha causato nel secolo più ateo della storia due guerre mondiali.
          Tutti inorridiamo di fronte a casi come quelli descritti. Ma tutti noi, convinti di essere signori di minuscoli regni, soli al centro del creato, disprezziamo le persone che affollano il “nostro” vagone del metrò, intralciano la “nostra” coda al supermercato. Tutte le volte che non riusciamo a scorgere nell’altro una persona degna di tutta la nostra attenzione, la diminuiamo e diventiamo potenziali “omicidi”. Ma esiste un antidoto.
          La novità del cristianesimo, la vera buona notizia, è che Dio ha un volto umano e tutti gli uomini hanno quello stesso volto. Non è questione di “tolleranza”o “simpatia”, assolutamente insufficienti a sentire la realtà dell’altro tutto intero, ma è questione di “empatia”: sentire l’altro come qualcuno dotato della mia stessa dignità. Nella coda al supermercato la donna piena di pacchi non è una potenziale nemica da sconfiggere, ma qualcuno che ha una storia sacra, perché la storia di ogni uomo è sacra, perché quell’uomo è voluto dall’eternità da Dio.
          Questa è la configurazione esistenziale di base del cristiano. Solo il cristianesimo ha la pretesa folle di trasformare quelli nel traffico con me da nemici da eliminare a figli dello stesso Padre e quindi fratelli con difficoltà e problemi importanti persino più dei miei.
          Persona: volto di Dio. Per gli antichi era solo la maschera dell’attore. Cristo ha reso quella maschera il volto stesso di Dio, riconoscibile più direttamente nel debole (l’anziana in piedi, l’elemosinante in ginocchio, il barbone coricato…), ma presente in ogni volto umano (il manager abbronzato, lo studente svogliato, la portinaia chiacchierona…). Persona deriva dal lasciare passare il suono della voce amplificandolo (per-sonare): con la venuta di Dio in un volto la persona si riempie della voce stessa di Dio. Il volto dell’uomo amplifica l’immagine di Dio e lo rende tangibile.
          Una cultura, priva del mistero cristiano, non perde Dio, ma perde l’uomo, suo vero volto. Non è un caso che Benedetto XVI abbia parlato nel recente documento “Ovunque e sempre” della necessità di una nuova evangelizzazione, non solo dove il volto di Cristo non è noto, ma soprattutto dove è stato sradicato: «Si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili… Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l’uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose».
          Un pagano scorgendo il modo di comportarsi dei primi cristiani commentava: «Guarda come si amano!». Riportare nella maschera vuota di una cultura senza Dio la pienezza del volto di Cristo e quindi del Creatore è il compito dei cristiani anche oggi, in una cultura secolarizzata che, come diceva il poeta: «Per pensarti, Eterno, / non ha che le bestemmie».
Alessandro D’Avenia
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