L'uomo non si rassegna mai al vuoto e ha perennemente bisogno di qualcuno o di qualcosa che gli dia entusiasmo e volontà di camminare anche su itinerari imprevisti o faticosi. Il vero problema non è dunque la mancanza di riferimenti, ma l'incapacità ad orientarsi verso i valori autentici.
del 22 settembre 2010
                   
          Manchiamo di riferimenti? È una frase che spesso si sente dire, con malinconia o con un senso di frustrazione, soprattutto se riferita ai giovani. Li si accusa (e in qualche modo anche ci si scusa) di non essere capaci di cogliere nella nostra società adeguati modelli di vita. Sentiamo la colpa di non aver saputo noi stessi indicare tali modelli. Abbiamo offerto piuttosto modelli di vita spensierata, di società dove i massimi valori sono successo e guadagno, o addirittura sopruso e menzogna.
 
          Da ciò ne segue un senso di smarrimento e una sfiducia nelle istituzioni, una sorta di anarchia dello spirito, che induce alla rassegnazione e al pessimismo su tutto il creato. Quando qualcuno sbaglia con errori che non sono solo da attribuire alla incapacità e all’errore personale ma sono come vere distruzioni del bene comune, a favore di un vantaggio privato, tutti ne ricevono una sgradita impressione e si domandano se esista davvero la possibilità di favorire un progetto comune.
          Quando poi tali gesti divengono in qualche modo maggioritari, la società si corrompe dall’interno e non è più capace di tenere insieme le persone. Si creano dei gruppi contrapposti che possono essere tra loro in completa disarmonia, fino a mettere in pericolo la capacità di collaborare anche nelle cose più essenziali. Il discorso che vale per una società vale anche per i gruppi religiosi.
          Quanto abbiamo sofferto tutti nella Chiesa Cattolica quando ci siamo resi conto della ipocrisia che era tra noi e della «sporcizia» di alcuni dei nostri fratelli. Ma ciò che ci ha rattristato è il fatto che i vescovi siano stati tutti accusati, o almeno sospettati, di coprire questi delitti. La Chiesa tutta ne ha subito una grande umiliazione. Essa ci aiuterà ad essere sommamente vigili in questo campo e a mettere in atto quelle strategie che possono far capire quali sono le inclinazioni di coloro che si rendono disponibili per un servizio alla comunità.
          Con questo non intendiamo aderire al pessimismo di chi dichiara di non avere più alcuna stima dei preti o dei religiosi e di non valutare positivamente il loro servizio. Ma tali comportamenti fanno sì che non si dia fede a quanti dicono di voler servire fedelmente il bene comune e non siano facilitati i comportamenti. Ma l’uomo non si rassegna mai al vuoto e ha perennemente bisogno di qualcuno o di qualcosa che gli dia entusiasmo e volontà di camminare anche su itinerari imprevisti o faticosi. Il vero problema non è dunque la mancanza di riferimenti, ma l’incapacità ad orientarsi verso i valori autentici. Possiamo domandarci se in altri tempi ci sia stata una analoga visione pessimistica. Dobbiamo riconoscere che è così.
          Ogni civiltà attraversa dei tempi oscuri, in cui pare che trionfino solo i malvagi, gli sfruttatori. Ma questo non è un motivo per dire che non esistono più profeti o testimoni. L’importante è cercarli con pazienza perché un profeta è sempre imprevedibile e non si trova nella melassa del sentire comune. Dobbiamo accettare di vivere in questa nebbia, ma sapendo che il Signore non ci abbandona e che ci sono tanti santi e testimoni anche nel nostro tempo.
          È ciò che ci si attende dagli educatori: aiutare a scoprire l’energia dello Spirito che ancora oggi è presente e ci vuole portare con efficacia a contemplare tutte le cose da un punto di vista superiore. In tutto questo processo sono responsabili soprattutto gli educatori, la cui opera deve aiutare gli uomini a scoprire i giusti valori. Si contrasta così il malessere diffuso dai media che spesso esagerano o danno troppo rilievo a singole situazioni negative.
          Fonte: Corriere della Sera 
card. Carlo Maria Martini
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