Omelia del Rettor Maggiore alla celebrazione del compleanno di don Bosco

Questo primo anno, che va da oggi, 16 agosto 2011, al 15 agosto 2012, ci offre l'opportunità di avvicinarci di più a lui per conoscerlo da vicino e meglio. Se non conosciamo Don Bosco e non lo studiamo, non possiamo comprendere il suo cammino spirituale e le sue scelte pastorali; non possiamo amarlo, imitarlo e invocarlo.

Omelia del Rettor Maggiore alla celebrazione del compleanno di don Bosco

da Rettor Maggiore

del 01 settembre 2011

 

 «Ciò che avete ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare»

Omelia messa di San Giovanni Bosco16 agosto 2011 - Colle Don Bosco (Ez 34, 11-12.15-16.23-24.30-31; Flp 4,4-9; Mt 18,1-6.10)  Carissimi ConfratelliCarissime Figlie di Maria AusiliatriceCarissimi Membri tutti della Famiglia SalesianaCarissimi Giovani           Sono assai felice di trovarmi assieme a voi a celebrare il compleanno di Don Bosco, proprio qui, dove lui è nato, dove lui ha sognato, dove lui ha maturato a poco a poco, e, accompagnato da Mamma Margherita e guidato da santi parroci, ha scoperto il meraviglioso disegno di Dio su di lui a favore dei giovani poveri, bisognosi, pericolanti.           Mi sono recato alla culla del nostro padre e dunque alla culla delle nostre origini per dare inizio al triennio di preparazione al bicentenario della sua nascita. Sarà un tempo di grazia, in cui siamo chiamati a una profonda conversione personale e a un qualificato rinnovamento pastorale, appunto per garantire la continuità della realizzazione del ‘sogno di Don Bosco’, che è ‘il sogno di Dio’. Questo periodo non vuole essere un nostalgico viaggio nel passato, ma un impegnativo cammino verso il futuro, sì da arrivare al 2015 avendo fatto nostra la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don Bosco. Egli sembrava non aver avuto altro nella vita che la preoccupazione per la felicità dei giovani, per lo sviluppo di tutti i loro doni, per la scoperta del loro progetto di vita, per il loro inserimento nella chiesa e nella società, per la loro piena realizzazione in Cristo.            Questo primo anno, che va da oggi, 16 agosto 2011, al 15 agosto 2012, ci offre l’opportunità di avvicinarci di più a lui per conoscerlo da vicino e meglio. Se non conosciamo Don Bosco e non lo studiamo, non possiamo comprendere il suo cammino spirituale e le sue scelte pastorali; non possiamo amarlo, imitarlo e invocarlo; in particolare ci sarà difficile inculturare oggi il suo carisma nei vari contesti e nelle differenti situazioni. Solo rafforzando la nostra identità carismatica, potremo offrire alla Chiesa e alla Società un servizio ai giovani significativo e rilevante. La nostra identità trova il suo riferimento immediato nel volto di Don Bosco; in lui l’identità diventa credibile e visibile. Per questo il primo passo che siamo invitati a fare nel triennio di preparazione è proprio la conoscenza della storia di Don Bosco.           La Parola di Dio che abbiamo sentito illumina molto bene la figura di Don Bosco. Ci fa vedere, infatti, come egli si è lasciato modellare dal Cristo, attraverso l’ascolto della sua Parola e la forza della Eucaristia. Ci permette capire dove risiede il suo carattere evangelico, quello che lo rende modello di sequela e di imitazione del Cristo. E’ così come Don Bosco diventa per noi un ermeneuta esistenziale del Vangelo: la nostra fedeltà a lui, alla sua missione, al suo carisma, al suo spirito ci assicura una vita autenticamente cristiana e identità carismatica. Da qui l’importanza per noi di conoscerlo. 1.      Conoscenza di Don Bosco e impegno per i giovani           Siamo invitati a studiare Don Bosco e, attraverso le vicende della sua vita, a conoscerlo come educatore e pastore, fondatore, guida e legislatore. Si tratta di una conoscenza che conduce all’amore, all’imitazione e all’invocazione.           Per noi membri della Famiglia salesiana, la sua figura deve essere ciò che San Francesco d’Assisi è stato e continua ad essere per i Francescani o Sant’Ignazio di Loyola per i Gesuiti, vale a dire il fondatore, il maestro di spirito, il modello di educazione ed evangelizzazione, soprattutto l’iniziatore di un movimento di risonanza mondiale, capace di proporre all’attenzione della Chiesa e della Società, con una formidabile forza d’urto, i bisogni dei giovani, la loro condizione, il loro futuro. Ma come fare questo senza rivolgerci alla storia, che non è la custode di un passato ormai perduto, bensì di una memoria vivente che è dentro di noi e ci interpella in funzione di attualità?           L’approccio a Don Bosco, fatto con i metodi propri della ricerca storica, ci ha portati a comprendere meglio e misurare la sua grandezza umana e cristiana, la sua genialità operativa, le sue doti educative, la sua spiritualità, la sua opera, comprensibili solo se profondamente radicate nella storia della società in cui visse. Nello stesso tempo, anche con una più approfondita conoscenza della sua vicenda storica, rimaniamo sempre consapevoli dell’intervento provvidenziale di Dio nella sua vita. In questo studio storico non c’è nessun rifiuto aprioristico delle rispettabilissime immagini di Don Bosco che generazioni di Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Salesiani Cooperatori e membri della Famiglia Salesiana hanno avuto, cioè del Don Bosco che essi hanno conosciuto e amato; ma c’è e ci deve essere anche la presentazione e la reinterpretazione di un’immagine di Don Bosco che sia attuale, che parli al mondo di oggi ed utilizzi un linguaggio rinnovato.           L’immagine di Don Bosco e della sua azione va ricostruita seriamente, a partire dal nostro orizzonte culturale: dalla complessità della vita di oggi, dalla globalizzazione, dalla cultura postmoderna, dalle difficoltà della pastorale, dalla diminuzione delle vocazioni, dalla “messa in questione” della vita consacrata. I cambiamenti radicali o epocali, come li chiamava il mio predecessore Don Egidio Viganò, ci costringono a rivedere tale immagine e a ripensarla sotto altra luce, per una fedeltà che non sia ripetizione di formule e ossequio formale alla tradizione. L’importanza storica di Don Bosco è da rintracciare, oltre che nelle «opere» e in alcuni suoi elementi pedagogici relativamente originali, soprattutto nella sua percezione, concreta e affettiva, della portata universale, teologica e sociale del problema della gioventù «abbandonata», e nella sua grande capacità di comunicarla a larghe schiere di collaboratori, di benefattori e di ammiratori. E mi auguro che questo primo anno del triennio di preparazione al Bicentenario ci porterà come frutto prezioso la riscoperta dei giovani, del loro mondo, delle loro angosce e sofferenze, delle loro attese e bisogni, e ci metterà in cammino incontro loro per diventare loro ‘compagni di cammino’ e guide competenti.           Considero provvidenziale che questa data accada tra la Solennità dell’Assunzione di Maria in Cielo e la Giornata Mondiale della Gioventù, che vedrà centinaia di miglia di giovani di tutto il mondo. Maria, entrata per sempre nello spazio di Dio, ci assicura la sua presenza materna e la sua guida educativa. La Giornata è l’occasione per rinnovare il nostro bel mestiere di “radicare e fondare i giovani in Cristo e renderli saldi nella fede”. Solo così potranno ritrovare il senso e la gioia della vita, che nascono dall’incontro con Cristo, e diventeranno suoi testimoni gioiosi e suoi apostoli entusiasti!           Essere fedeli a don Bosco significa conoscerlo nella sua storia e nella storia del suo tempo, fare nostre le sue ispirazioni, assumere le sue motivazioni e scelte. Essere fedeli a don Bosco e alla sua missione significa coltivare in noi un amore costante e forte nei confronti dei giovani, specialmente i più poveri. Tale amore ci porta a rispondere ai loro bisogni più urgenti e profondi. Come Don Bosco ci sentiamo toccati dalle loro situazioni di difficoltà: la povertà, il lavoro minorile, lo sfruttamento sessuale, la mancanza di educazione e di formazione professionale, l’inserimento nel mondo del lavoro, la poca fiducia in se stessi, la paura davanti al futuro, lo smarrimento del senso della vita. 2.      Motivazioni per lo studio della storia di Don Bosco           Sono indubbiamente numerosi i motivi che ci inducono a studiare Don Bosco. Dobbiamo conoscerlo come nostro Fondatore, perché lo richiede la nostra fedeltà alla istituzione cui apparteniamo. Dobbiamo conoscerlo come Legislatore, in quanto siamo tenuti ad osservare le Costituzioni e i Regolamenti che lui direttamente o i suoi successori ci hanno dato. Dobbiamo conoscerlo come Educatore, affinché possiamo vivere il Sistema Preventivo, preziosissimo patrimonio che lui ci ha lasciato. Dobbiamo conoscerlo in particolare come Maestro di vita spirituale, per il fatto che alla sua spiritualità attingiamo come suoi figli e discepoli; egli infatti ci ha offerto una chiave di lettura del vangelo; la sua vita è per noi un criterio per realizzare con caratteristiche peculiari la sequela del Signore Gesù.           Oggi sta crescendo in noi la consapevolezza del rischio che stiamo correndo, se non irrobustiamo i legami che ci tengono uniti a Don Bosco. La conoscenza storica, fondata e affettiva, aiuta a mantenere vivi questi legami; la formazione iniziale e permanente deve favorire gli studi salesiani. E’ trascorso ormai più di un secolo dalla morte di Don Bosco; sono decedute tutte le generazioni che direttamente o indirettamente sono venute a contatto con lui e con chi lo aveva conosciuto. Aumentando la distanza cronologica, geografica e culturale da lui, viene a mancare sempre più quel clima affettivo e quella vicinanza anche psicologica, che ci rendevano spontaneo e familiare Don Bosco e il suo spirito anche alla semplice visione del suo ritratto. Ciò che è stato tramandato può andare smarrito; il legame vivo con Don Bosco può venire spezzato. Una volta venuto meno il riferimento al nostro Padre comune, al suo spirito, alla sua prassi, ai suoi criteri ispiratori, come Famiglia salesiana non abbiamo più diritto di cittadinanza nella Chiesa e nella Società, privi come saremmo delle nostre radici e della nostra identità.           Inoltre tenere viva la memoria della propria storia è garanzia di avere una solida cultura; senza radici non c’è futuro. Perciò l’organizzazione della memoria storica e la possibilità della sua fruizione hanno una notevole importanza, come richiamo alle comuni radici che sollecitano a ripensare i problemi del nostro presente con una più matura consapevolezza del nostro passato. Ciò è garanzia, pur con le storiche trasformazioni e gli inevitabili mutamenti, che la nostra Famiglia continuerà a essere portatrice del carisma delle origini e a farsi vigile e creativa custode di una tradizione feconda.           Non per nulla il proemio e gli art. 21, 97, 196 delle Costituzioni attuali della Congregazione salesiana ci presentano Don Bosco “guida” e “modello”, e le Costituzioni stesse sono definite "testamento vivo". Espressioni analoghe si trovano anche nella regola di vita delle Figlie di Maria Ausiliatrice degli altri gruppi della Famiglia salesiana. Per tutti noi, che guardiamo a Don Bosco come nostro riferimento, egli continua ad essere il fondatore, il maestro di spirito, il modello di educazione, l’iniziatore di un movimento di risonanza mondiale capace di offrire alla Chiesa e alla Società, con una formidabile forza, l’attenzione ai bisogni dei giovani, alla loro realtà, al loro futuro. Non possiamo non domandarci se oggi la nostra Famiglia costituisce ancora una tale forza; se abbiamo ancora quel coraggio e quella fantasia che furono di Don Bosco; se all’alba del terzo millennio siamo ancora capaci di assumere le sue posizioni profetiche in difesa dei diritti dell'uomo e di quelli di Dio.  3.      Impegni per la concretizzazione di questo primo anno           A partire dalla conoscenza della storia di Don Bosco, i grandi punti di riferimento e gli impegni per questo primo anno del triennio di preparazione al Bicentenario potranno essere i seguenti. Ogni gruppo della Famiglia salesiana potrà ulteriormente concretizzarli.       La carità pastorale caratterizza tutta la storia di Don Bosco ed è l’anima delle sue molteplici opere. Potremmo dire che essa è la prospettiva storica sintetica attraverso la quale leggere tutta la sua esistenza. Il Buon Pastore conosce le sue pecore e le chiama per nome; egli le disseta ad acque cristalline e le pascola in prati verdeggianti; diventa la porta attraverso la quale le pecore entrano nell’ovile; da’ la propria vita affinché le pecore abbiano vita in abbondanza. La forza più grande del carisma di Don Bosco consiste nell’amore che viene attinto direttamente dal Signore Gesù, imitandolo e rimanendo in Lui. Questo amore consiste nel “dare tutto”. Da qui promana il suo voto apostolico: “Ho promesso a Dio che sino all’ultimo respiro della mia vita sarà per i miei giovani poveri”. Questo è il nostro marchio e la nostra credibilità presso i giovani!       Nella storia di Don Bosco conosciamo le tante fatiche, rinunce, privazioni, sofferenze, i numerosi sacrifici che egli ha fatto. Il buon pastore dà la vita per sue pecore. Attraverso i bisogni e le richieste dei giovani, Dio sta chiedendo a ogni membro della Famiglia salesiana di sacrificare se stesso per loro. Vivere la missione non è dunque un attivismo vano, ma piuttosto un conformare il nostro cuore al cuore del Buon Pastore, che non vuole che alcuna delle sue pecore vada perduta. E’ una missione profondamente umana e profondamente spirituale. E’ cammino di ascesi; non c’è presenza animatrice tra i giovani senza ascesi e sacrificio. Perdere qualcosa, o meglio, perdere tutto per arricchire la vita dei giovani è il sostegno della nostra dedizione e del nostro impegno.       Nel verbale di fondazione della Congregazione salesiana e soprattutto nello sviluppo storico della molteplice opera di Don Bosco, possiamo conoscere le finalità della Famiglia salesiana, che a poco a poco si andavano delineando. Noi siamo chiamati ad essere apostoli dei giovani, degli ambienti popolari, delle zone più povere e missionarie. Oggi più che mai ci impegniamo a comprendere e assumere criticamente la cultura mediatica e ci serviamo dei mezzi di comunicazione sociale, in particolare delle nuove tecnologie, come potenziali moltiplicatori della nostra azione di vicinanza e di accompagnamento dei giovani. Mentre siamo in mezzo a loro come educatori, come ha fatto il nostro Padre Don Bosco, li coinvolgiamo come nostri primi collaboratori, diamo loro responsabilità, li aiutiamo ad assumere iniziativa, li abilitiamo a essere apostoli dei loro coetanei. In questo modo noi possiamo dilatare sempre di più il grande cuore di Don Bosco, che avrebbe voluto raggiungere e servire i giovani in tutto il mondo.       I buoni propositi non possono rimanere vuote dichiarazioni. La conoscenza di Don Bosco si deve tradurre in impegno con e per i giovani. Come Don Bosco, oggi Dio ci attende nei giovani! Dobbiamo perciò incontrarli e stare con loro nei luoghi, nelle situazioni e nelle frontiere dove essi ci aspettano; per questo occorre andare loro incontro, fare sempre il primo passo, camminare insieme a loro. E’ consolante vedere come in tutto il mondo la Famiglia salesiana si sta prodigando per i giovani più poveri: ragazzi di strada, ragazzi emarginati, ragazzi lavoratori, ragazzi soldato, giovani apprendisti, orfani abbandonati, bambini sfruttati; ma un cuore che ama è sempre un cuore che si interroga. Non è sufficiente organizzare azioni, iniziative, istituzioni per i giovani; occorre assicurare la presenza, il contatto, la relazione con i giovani: si tratta di riprendere la pratica dell’assistenza e riscoprire la presenza in cortile.       Anche oggi Don Bosco si pone domande. Attraverso la conoscenza della sua storia, dobbiamo ascoltare gli interrogativi di Don Bosco rivolti a noi. Cosa possiamo fare di più per i giovani poveri? Quali sono le nuove frontiere nella regione dove lavoriamo, nel paese in cui viviamo? Abbiamo orecchi per ascoltare il grido dei giovani di oggi? Oltre alle già citate povertà, quante altre appesantiscono il cammino dei giovani di oggi? Quali sono le nuove frontiere in cui oggi dobbiamo impegnarci? Pensiamo alla realtà della famiglia, alla emergenza educativa, al disorientamento nell’educazione affettiva e sessuale, alla mancanza d’impegno sociale e politico, al riflusso nel privato della vita personale, alla debolezza spirituale, alla infelicità di tanti giovani. Ascoltiamo il grido dei giovani e offriamo risposte ai loro bisogni più urgenti e più profondi, ai bisogni concreti e spirituali.       Dalla sua vicenda personale noi possiamo conoscere le risposte di Don Bosco di fronte ai bisogni dei giovani. In questo modo possiamo meglio considerare le risposte che già abbiamo messo in atto e quali altre risposte dare. Certo le difficoltà non mancano. Si dovranno pure “affrontare i lupi” che vogliono divorare il gregge: l’indifferentismo, il relativismo etico, il consumismo che distrugge il valore di cose ed esperienze, le false ideologie. Dio ci sta chiamando e Don Bosco ci incoraggia ad essere Buoni Pastori, ad immagine del Buon Pastore, perché i giovani possano ancora trovare Padri, Madri, Amici; possano trovare soprattutto Vita, la Vera Vita, la vita in abbondanza offerta da Gesù!       Le Memorie dell’Oratorio di San Francesco, scritte da Don Bosco per richiesta esplicita del Papa Pio IX, sono un punto di riferimento imprescindibile per conoscere il cammino spirituale e pastorale di Don Bosco. Sono state scritte perché noi potessimo conoscere gli inizi prodigiosi della vocazione e dell’opera di Don Bosco, ma soprattutto perché assumendo le motivazioni e le scelte di Don Bosco, ognuno di noi personalmente e ogni gruppo della Famiglia salesiana potessimo fare lo stesso cammino spirituale e apostolico. Esse sono state definite “memorie di futuro”. Perciò durante quest’anno impegniamoci a conoscere questo testo, a comunicarne i contenuti, a diffonderlo, soprattutto a metterlo nelle mani dei giovani: esso diventerà un libro ispiratore anche per le loro scelte vocazionali. 4.      Conclusione           Carissimi fratelli e sorelle, concludo invitandovi ad accogliere questo tempo di grazia con il cuore aperto, pienamente disponibile al Signore che ci trasforma con la Luce e la Energia del Suo Spirito e, quindi, ad intraprendere questo triennio di preparazione al Bicentenario della nascita di Don Bosco con gioia e convinzione.           I Salesiani lo faremo ora rinnovando la nostra professione religiosa e ciascuno di voi è invitato a rinnovare la propria consacrazione battesimale e i propri impegni di vita. Diamo così ascolto a Don Bosco che, parafrasando l’Apostolo, ci invita oggi a imitarlo: «Ciò che avete ascoltato e veduto in me è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi» (Flp 4,9). Amen.  Don Pascual Chávez VillanuevaColle Don Bosco, 16 Agosto 2011 

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