Omelia del Rettor Maggiore alla Messa di Maria Ausiliatrice

In questa festa di Maria Ausiliatrice vogliamo accogliere tutte le gioie e le speranze, le sofferenze e le angosce della umanità, e portarle all'altare e per intercessione della nostra Dolce Madre presentarle al suo Figlio, come fece nelle nozze di Cana. Maria è la donna che portandoci a Gesù ci rioffre poi al mondo come testimoni nuovi della vita più vera e della gioia più profonda.

Omelia del Rettor Maggiore alla Messa di Maria Ausiliatrice

da Teologo Borèl

del 25 maggio 2011

 

 

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

          Sono molto contento di celebrare con voi questa eucaristia nella Festa di Maria Ausiliatrice, proprio qui a Torino, in Valdocco, dove il nostro amato padre don Bosco ha vissuto e lavorato, dove ha voluto lasciare questa splendida Basilica come espressione della sua riconoscenza alla Madonna, cui considerava la vera fondatrice della sua opera a favore dei giovani, della Congregazione e di tutta la Famiglia Salesiana. L’eucaristia è il momento più significativo per presentare il nostro “Grazie” al Signore ed è bello che questo ringraziamento passi per le mani di Maria Ausiliatrice.

          La sua presenza materna è un grande dono per il Mondo, per la Chiesa, per l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per tutte le Comunità Religiose, per le Comunità Educative degli oratori e dei collegi, delle case di accoglienza e di tutte le presenze che sparse nel mondo svolgono la missione di rendere presente, visibile ed efficace l’amore preveniente di Dio attraverso l’educazione, l’evangelizzazione, la promozione umana, l’impegno sociale.

          Questa missione apostolica sorge dall’esercizio di sovranità del Signore Risorto, che ci ha assegnato il mondo, tutto il mondo e non solo il mondo giovanile, come terra di missione. E’ questa missione, che Don Bosco ha iniziato e sviluppato qui a Valdocco, che ci situa nel cuore della Chiesa e ci pone interamente al servizio della sua missione.

          “Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il criterio del quale ci possiamo fidare. Poiché allora Dio si è veramente manifestato.”

          Questa citazione dall’ultimo libro di Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, sul significato della Risurrezione di Gesù, fondamento della fede cristiana e del suo impegno nella trasformazione del mondo, oltre ad essere il caposaldo della nostra vita cristiana e consacrata e l’origine della nostra missione nel mondo, è particolarmente illuminante nel momento storico che stiamo vivendo.

          Innanzitutto stiamo assistendo alla cosiddetta “primavera araba”, che come vento impetuoso scatenato il 25 gennaio in Egitto si è propagato rapidamente nel Nord Africa e nel Medio Oriente. Il movimento, iniziato da giovani desiderosi di avere più libertà, più rispetto dei diritti umani e più opportunità di lavoro, ha suscitato la speranza che le proteste potessero portare alla caduta di governi dittatoriali e autocrati e facessero fiorire la democrazia. Oggi, dopo quattro mesi, il futuro continua ad essere incerto: le rivolte in Egitto non si fermano e l’esercito non è tanto disposto a cedere il potere reale; la Tunisia non riesce a trovare una via di governo accettabile e rispondente alle aspettative; aumenta il numero dei morti in Siria, Yemen e Bahrein; la guerra civile in Libia si prolunga senza che l’intervento internazionale giovi a trovare una via di soluzione. Nel frattempo i gruppi musulmani divengono più assertivi, cercando di strappare dalle mani dei giovani il tentativo del rinnovamento sociale, e la situazione delle minoranze cristiane torna ad essere precaria e potrebbe peggiorare.

          Poi il fortissimo terremoto, seguito da un devastante tsunami, che l’11 marzo ha colpito il Nord Est del Giappone, lasciando dietro di sé distruzione e migliaia di morti. Esso ha pure cagionato una grave preoccupazione per il controllo delle centrali nucleari, che rende necessario non soltanto lo spostamento di migliaia di persone, ma che conduce pure a una riflessione sull’energia nucleare e il suo rapporto con i fabbisogni della società, la sicurezza dell’umanità e la salvaguarda del creato.

          Cari fratelli e sorelle, Dio ci parla attraverso la creazione e la storia, anche se la loro parola deve essere decifrata dalla Rivelazione, in particolare dalla Risurrezione del Signore Gesù. In effetti, come dice il Papa: “Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il criterio del quale ci possiamo fidare. Poiché allora Dio si è veramente manifestato.”

          La nostra vita, intesa come testimonianza e missione, deve portare speranza, salvaguardia del creato, rinnovamento del mondo, pace e riconciliazione, libertà. Ciò è possibile a condizione di porre al centro l’uomo e la sua dignità, di aprire le porte alla partecipazione nelle strutture della società, di educare alla diversità, all’accoglienza, alla giustizia, al perdono. Le attese di cambiamento, le aspirazioni e gli ideali degli uomini e delle donne del nostro tempo, non possono essere né procrastinati e meno che meno traditi o sequestrati da coloro che vorrebbero ad ogni costo mantenere il potere o impiantare nuovi regimi, sotto il pretesto di cura della stabilità sociale.

          Sempre di più il nostro amore al creato e alla storia, come espressione del nostro amore a Dio e all’umanità, deve cercare di toccare il cuore della cultura e trasformarla con l’energia del Vangelo.

          Non sono tempi facili questi che viviamo, ma non siamo soli. Gesù ci ha lasciato come Madre sua propria Madre, che ci cura guida e protegge.

«Maria, Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei Cristiani»

          La Madonna infatti è stata per Don Bosco una presenza assai viva dal momento del “sogno dei nove anni”, nel quale Egli la accolse come madre e maestra sotto la cui disciplina si andò modellando il suo cuore di pastore dei giovani. Egli era solito dire: «Non possiamo errare: è Maria che ci guida». In lui erano radicate alcune chiare convinzioni.  Che Maria gli era stata sempre vicina. Che come «ispiratrice e guida», lo aveva accompagnato, con segni visibili di benevolenza e di protezione, nella fondazione e nello sviluppo della Congregazione, dell’Istituto delle FMA e di tutta la Famiglia salesiana. «Tutto è opera della Madonna», esclamava. Essa è «fondatrice e sostenitrice delle nostreopere», nostra «guida» sicura. Che come «madre e maestra» lo aveva sempre sostenutocon la stessa premurosa bontà, già manifestata nell’episodio di Cana (cf. Gv 2, 1-11). Che era stata Lei a guidarlo, passo dopo passo, ad elaborare un progetto educativo universalmente valido perla formazione della gioventù: il Sistema Preventivo (cf. Cost 20).

Maria nostro modello

          A Maria noi ci riferiamo anche come “popolo in cammino”, come cristiani che ogni giorno affrontano il combattimento della vita cercando di interpretare la propria esistenza secondo il cuore di Dio. In questo Maria ci è di grande aiuto e si propone a noi come modello da imitare. Vorrei qui richiamare alla vostra attenzione quattro lineamenti tipici che caratterizzano Maria come “Donna di Dio”. Atteggiamenti che costituiscono la sua bellezza più vera e che noi siamo chiamati a coltivare ed imitare:

-          la sua vita di fede, come capacità di apertura e di accoglienza della volontà di Dio, ben testimoniata nei vangeli, specialmente dall’Annunciazione;

-          la sua sollecitudine per i bisognosi, coloro che proprio a causa della loro povertà o abbandono hanno più bisogno di sperimentare che Dio li ama, come Essa fece visitando sua cugina o stando attenta a quanto succedeva nel banchetto di Cana;

-          la sua fedeltà nella prova, che è allo stesso tempo rivelazione che la salvezza si trova nella croce e partecipazione alla sofferenza, che Maria apprese e visse stando ai piedi della croce;

-          la sua gioia per le meraviglie operate dal Padre , avendo constatato la fedeltà di Dio alle sue promesse e le meraviglie realizzate in noi e, per mezzo nostro, nei giovani, che Maria plasmò nel canto del ‘Magnificat’.

A cosa ci chiama Maria?

          Abbiamo appena ascoltato il Vangelo di Cana. Questa parola del Vangelo così ricca di simboli e segni messianici è, oggi, un appello del tutto particolare per tutti noi, per sapere cosa dobbiamo fare nel momento storico che ci tocca vivere.

          Il racconto evangelico ci presenta Maria che, da vera donna, piena di bontà, è attenta ai minimi dettagli, si rende conto della mancanza del vino e capisce che la gioia è a rischio. Tutta la scena è ricolma di evocazioni bibliche cariche di simbolismo. Si deve ricordare che la salvezza è dipinta in più di un testo profetico come un banchetto abbondante di vini raffinati (cf. Is 25, 6), per un popolo privato del vino della felicità e della sapienza (cf. Is 55, 1-3), e che lo stesso Gesù riprenderà l’immagine in una parabola in cui paragonerà la felicità con la partecipazione al banchetto del Regno di Dio (cf. Mt 22, 1-10; Lc 14, 15-24).

          Tuttora, la grandezza di Maria consiste – per l’evangelista – nella sua capacità di scoprire, assieme al disagio di quella coppia sprovvista, la presenza di Gesù e di orientare verso di Lui: «Fate quello che vi dirà» (v. 5).

          A sua volta, Gesù – che prima aveva reagito un po’ duramente con sua madre – interviene e distribuisce effettivamente il “vino migliore” di quella felicità promessa per la fine dei tempi, come segno della pienezza della vita, della gioia e della felicità che lui ha portato al mondo. Il vino nuovo dell’alleanza è l’amore, ma questo dipende dalla glorificazione finale del messia, da quella “ora” che, attraverso la morte, porterà a compimento il mistero della manifestazione definitiva di Dio: «Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13, 1).

          Maria appare a Cana come credente e come generatrice di fede, come educatrice della fede dei discepoli in virtù della propria fede che l’ha portata a indurre Gesù a compiere segni che rivelano la presenza di Dio, la sua salvezza. Dice, infatti, il testo di Giovanni che, grazie al miracolo operato per sua intercessione, i discepoli credettero in lui.

          Alla scuola di Cana, Maria ci insegna, da Madre e Maestra, quattro atteggiamenti importanti per la nostra vita di credenti:

          In primo luogo, a condividere le vicissitudini degli uomini e delle donne. Nella sua semplicità, è eloquente la forma con cui comincia il racconto: “Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù”. Significa farsi solidali con le angosce e le tristezze, con le speranze e le gioie dei nostri contemporanei. Dunque nel momento presente non possiamo mantenerci indifferenti alla immane sofferenza o alle speranze di milioni di persone nel mondo.

          In secondo luogo, a essere attenti ai bisogni degli altri, a vivere non incentrati su noi stessi ma sugli altri. Il fatto che venisse a mancare il vino e che Maria se ne preoccupasse: “La madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino»” è una prova della sua capacità di osservazione per notare quello che manca. Significa conoscere la realtà e le implicazioni: la mancanza di vino pone a rischio la continuità della festa e significa la fine della gioia.  

          In terzo luogo, a scoprire la presenza di Gesù e a orientare verso di Lui, come l’unico che può rispondere ai nostri bisogni più profondi e ai problema esistenziali. Maria quasi sparisce dalla scena dopo aver detto ai servi: «Fate quello che vi dirà». Significa lasciare a Gesù il posto che gli corrisponde: è lui il messia, il Cristo, colui che fa abbondare il vino buono, il senso della vita e la sua pienezza nell’amore.

          In quarto luogo, ad essere credenti e credibili, così che sia la nostra propria fede quella che rende possibile la fede di altri. Il testo di Giovanni mette una piccola nota che sembrerebbe meramente redazionale, ma che ha una forza catechistica: «Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui». Significa collaborare con la propria fede perché gli altri possano accedere alla fede.

          Tutto questo è una chiamata, ancora una volta mediata da Maria, all’ascolto di Gesù: “Fate quello che Egli vi dirà”. Ed è pure un invito ad essere noi stessi nel mondo il “vino nuovo” del Regno.

          Tutti noi, cari fratelli e sorelle, che abbiamo avuto il dono di una formazione ed educazione ricca di valori autenticamente umani e cristiani, siamo chiamati ad essere questo vino nuovo. Persone nuove, capaci di propagare il bene che ha toccato e formato la vostra vita e far percepire la fede che illumina i vostri cuori. Così saremo, se accoglieremo in noi il “modo di essere e di vivere di Maria”.

          In questa festa di Maria Ausiliatrice vogliamo accogliere tutte le gioie e le speranze, le sofferenze e le angosce della umanità, e portarle all’altare e per intercessione della nostra Dolce Madre presentarle al suo Figlio, appunto come fece nelle nozze di Cana. Maria è la donna che portandoci a Gesù ci rioffre poi al mondo, come il vino nuovo che porta la letizia, come testimoni nuovi della vita più vera e della gioia più profonda.

          Invoco su tutti voi la benedizione di Maria Ausiliatrice. Sia Lei a continuare a guidare, accompagnare e proteggere l’Umanità, la Chiesa e l’intera Famiglia Salesiana. Amen.

Don Pascual Ch√°vez Villanueva, SDBTorino, 24 Maggio 2011

Don Pascual Ch√°vez Villanueva

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