Pietro (e con lui tanti, anche oggi) pensa che se Gesù viene da Dio, come pretende, Dio lo salverà esibendo irresistibilmente la sua potenza e facendo giustizia dei suoi oppositori. Vuole separare Gesù dalla croce!
Letture:
Isaia 50, 5-9 Giacomo 2, 14-18 Marco 8, 27-3
Siamo arrivati a metà del vangelo di Marco, al capitolo centrale e decisivo. Nelle pagine precedenti erano emersi tanti interrogativi sulla figura, sull’operato, sull’insegnamento di Gesù: “Chi è costui? …” e tu ricorderai che lo scopo di questo vangelo è “dimostrare che Gesù è il Figlio di Dio” (Marco 1,1).
L’episodio odierno è ambientato nei pressi di Cesarea di Filippo, fuori dal territorio della Palestina, in pieno territorio pagano.
1. “Chi dice la gente che io sia?” questa domanda non è fatta per soddisfare la curiosità di Gesù, né per informare il lettore. Lo scopo è quello di mettere in evidenza il salto che c’è tra “gli uomini”, la gente, e i discepoli:
Per la gente Gesù è Elia, il Battista, uno dei profeti
Per i discepoli Gesù è il Cristo
Con questa domanda Gesù fa fare ai discepoli un passo avanti: fa luce sulla sua identità e anche sull’identità dei discepoli stessi. Alla luce di Gesù il discepolo trova anche se stesso.
2. “E voi ?”: è bello soffermarsi su questa domanda. Sembra di scorgere in Gesù quasi un’ansia affettuosa: i discepoli sono i suoi amici più cari, a loro tiene in un modo del tutto speciale; si avverte quasi nella sua voce l’attesa piena di speranza in una risposta diversa. In questo “e voi?” sembra esserci tutto l’affetto specialissimo di Gesù per i suoi (Ricordi l’altra frase di Gesù: “Volete andarvene anche voi?”).
In entrambi i casi c’è nella domanda di Gesù la stessa intensità: si capisce che è in un momento cruciale, si è come su un crinale. Dalla risposta dipenderà tutto l’avvenire dei discepoli come tali, il loro proseguire sulla via dietro a Gesù.
Oggi la domanda è rivolta a me, a te, che vogliamo essere discepoli del Maestro. “Chi sono io per te?” Férmati a riflettere, sentendo il suo sguardo posarsi su di te, incrociare i tuoi occhi, bussare alla porta del tuo cuore.
3. “Tu sei il Cristo”: alla prima domanda sulle opinioni della gente hanno risposto un po’ tutti; a questa solo Pietro. Non è un caso: significa che su questa risposta cade l’accento, proprio perché è Pietro a rispondere. Quando si tratta di cose importantissime c’è Pietro in prima linea, a sottolineare il diverso ruolo che occupa all’interno del gruppo dei Dodici.
“Tu sei il Messia, dice Pietro, Colui che attendevamo, la speranza e la gloria di Israele, colui verso cui la storia del popolo ha camminato; la promessa della sua venuta ha attraversato 1000 anni di storia, ha illuminato i profeti, ha consolato gli umili, ha spaventato i potenti… ora è qui. Sei tu!”
Siamo al cuore del mistero di Gesù, che si sta svelando e tutto questo è detto, professato e dichiarato da Pietro.
Eppure Pietro ha dato una definizione esatta solo nella forma; in realtà l’idea che ha in mente è totalmente distorta; sia lui che gli altri discepoli rimangono prigionieri della mentalità corrente che valuta la riuscita di una vita in base ai successi ottenuti e non si sono ancora resi conto che il Maestro, fin dagli inizi, ha considerato diabolica la proposta di prendere il potere e di presentarsi come un dominatore di questo mondo.
4. “Beato te, Simone!” così Gesù dice a Pietro, dopo la sua bella risposta “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio” . Ma subito dopo, la scena si capovolge e Gesù inizia ad annunciare quella che sarà la sua fine: “... il Figlio dell’uomo sarà rifiutato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi e sarà ucciso..!”
E qui Pietro, incoraggiato dal ruolo che ha assunto come portavoce della fede, si sente in dovere di intervenire. Chiama Gesù in disparte e “si mise a rimproverarlo” dicendogli che una cosa del genere non sarebbe mai successa. Pietro parla così in nome della sua fede: “Non ti capiterà mai!”, perché Dio non può morire, non può andare in croce! Se Dio è Dio, schiaccerà miseramente tutti i suoi nemici; Dio è Invincibile, leverà la sua potenza e nessuno potrà sconfiggerlo! Lui è il Potente, l’Altissimo.
Ma anche noi abbiamo di Dio l’idea che è il più Forte, che nessuno può farlo morire: che Dio sarebbe se ci fosse qualcuno più potente di lui? Avremmo perso in partenza!
5. Eppure di fronte a queste parole si leva durissima la reazione di Gesù: “Va’ dietro di me Satana! Perchè tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” Gesù mette Pietro al suo posto, al posto del discepolo, che aveva perso mettendosi davanti a Gesù. Da beato diventa tentatore! Ciò che suscita la secca smentita di Gesù è l’insopportabile rappresentazione (la maschera!) di Dio come Colui che, quando si tratta di affermare la sua signoria e di far conoscere la sua identità, è disposto a usare la potenza contro l’uomo.
Pietro (e con lui tanti, anche oggi) pensa che se Gesù viene da Dio, come pretende, Dio lo salverà esibendo irresistibilmente la sua potenza e facendo giustizia dei suoi oppositori. Vuole separare Gesù dalla croce!
4. La Croce, luogo dello smascheramento: venerdì 14 settembre sarà la festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Quanto segue può aiutarti a capire la bellezza di questa festa. L’aveva capito Paolo che scriveva: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”.
Gesù, figlio di Dio, in quanto crocifisso, ci svela il vero volto del Padre, che alla violenza e al peccato dell’uomo non oppone altro che un amore indifeso. Il vero volto del Padre suo può essere testimoniato solo dando la vita, liberamente e per amore. Qualsiasi altra rappresentazione di Dio (vendicativo, punitivo, capriccioso, settario, concorrente...: tutte immagini attuali al giorno d’oggi!) non testimonierebbe il Padre, perché la sua identità è solo ed esclusivamente il dare la vita, l’essere pura, gratuita e incondizionata oblazione di sé.
Per questo la risurrezione di Gesù non deve essere pensata come la rivincita di Dio sulla sconfitta della croce, ma come l’attestazione che sulla croce Dio non ha perso, ma ha vinto e regnato nell’unico modo in cui Egli sa vincere e regnare: dando la vita!
È il caso di ripeterlo: Dio regna su di noi liberandoci dal male, proteggendoci e custodendoci, dedicandosi a noi fino a pagare di persona. Dio rimane sempre e soltanto dalla nostra parte.
Allora si intuisce quanto Giovanni scriverà nella sua prima lettera: “Dio è amore!”, la rivelazione vertice dell’immagine di Dio. Dio fa consistere la sua divinità ( = il suo esser Dio) nell’amare e questo Gesù, il Figlio, ce lo ha dimostrato e rivelato.
Lascio a te il renderti conto di quanto siano blasfemi certi discorsi correnti sull’immagine di un Dio che castiga, punisce, si vendica, la fa pagare... Quanti amici hanno “perso” la fede in Dio perché un parente è morto di cancro, c’è stato un incidente in famiglia, un esame è andato male, …!
Credere in questo Dio, liberandoci da altre maschere nocive e idolatriche, è la fede che salva!
Sono passati 20 secoli circa, da quando il Vangelo di Marco è stato scritto eppure la maschera di un Dio che punisce, che prova gioia nello sconfiggere i suoi nemici (i peccatori e non solo), che dimostra la sua potenza sbarazzandosi degli avversari... è ancora presente.
Regalati del tempo per riflettere su questo testo chiave della “buona novella” che è Gesù e ringrazia!
Conclusione: in cammino verso Roma, dove avrebbe versato il sangue per la sua fede, Ignazio di Antiochia, nel 110 d. C., scriveva ai cristiani della capitale dell’Impero: “Ora incomincio a essere un discepolo!”. Aveva dedicato tanti anni della sua vita animando, come Vescovo, le chiese di Siria, eppure, solo in quel momento, lungo la via che lo conduceva al martirio, cominciò a sentirsi discepolo. Era sicuro di non ingannarsi: stava andando con il Maestro, verso la Pasqua.
Don Gianni
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