Salta, nell'emendamento di mediazione presentato dai relatori Antonio Leone (Pdl) e Ivan Scalfarotto (Pd), la contestata definizione di gender contenuta nella bozza iniziale. Ma restano le perplessità.
La commissione Giustizia della Camera va avanti sul disegno di legge in materia di omofobia. Salta, nell’emendamento di mediazione presentato dai relatori Antonio Leone (Pdl) e Ivan Scalfarotto (Pd), la contestata definizione di gender contenuta nella bozza iniziale. In sostanza – cassato l’articolo che individuava come genere quello riconosciuto sul piano soggettivo – il testo si riduce a un solo articolo mirante ad estendere gli effetti della legge Mancino contro le discriminazioni alle motivazioni legate a omofobia e transfobia. Ma restano perplessità per la equiparazione che viene configurata fra fattispecie diverse, e il reato di opinione che verrebbe così introdotto, obietta una quota consistente di parlamentari del Pdl e di Scelta Civica.
La commissione ha deciso di andare avanti a oltranza e nella notte ha approvato il testo con i voti di Pd e Pdl e Sel, astenuti Sc e M5S, contraria la Lega. La proposta avanzata domenica da vari esponenti del Pdl (Maurizio Lupi, Maurizio Sacconi, Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini), nel corso della Summer School promossa dal ministro delle Infrastrutture, di una moratoria su tutti i temi eticamente sensibili è stata bocciata dal Pd, che con il capogruppo Roberto Speranza aveva avvertito nel pomeriggio: «Per il Pd non è più rinviabile una legge che punisca le violenze e le discriminazioni omofobe e le consideri aggravante». Non era stato da meno Dario Franceschini: «Una legge che contrasti l’omofobia non c’entra nulla con i temi etici, riguarda il codice penale, e l’introduzione di norme efficaci che da troppo tempo attendono un’approvazione, è urgente e non più rinviabile», aveva sostenuto il ministro per i Rapporti col Parlamento.
Il testo Leone-Scalfarotto, però, non scioglieva tutti i nodi e non è accettata da una parte consistente del Pdl. In serata la presidente della commissione Donatella Ferranti (del Pd) si faceva interprete della linea del suo partito: andare avanti ad oltranza, accantonando tutti gli emendamenti, limitati a 5 per ogni gruppo, sì da poter chiudere e arrivare al previsto approdo in aula del testo il 26 luglio. Di particolare rilievo quello di Scelta civica, volto a escludere le opinioni religiose e culturali fra le fattispecie che potrebbero incorrere nell’aggravante della legge Mancino, sul quale si registrava il concorde impegno di Pdl e Pd (che inseriva una proposta in tal senso a firma, fra gli altri, Bindi, Bobba, Patriarca, Preziosi, Nardelli e Fioroni), e del governo, attraverso il sottosegretario Cosimo Ferri, a una benevola valutazione in aula.
Critica Eugenia Roccella: «C’era questo obiettivo temporale, ma con l’impegno di esaurire la discussione, che in questo modo viene invece contingentata e strozzata. Sarebbe stato più saggio prolungare l’approfondimento o accedere alla nostra proposta di mediazione».
Una situazione complicata di cui si faceva carico anche Mara Carfagna che, sia pur fra le fautrici della proposta di moratoria di domenica poi si era molto spesa, per tutta la giornata di ieri, per arrivare a una possibile mediazione: «Sono favorevole ad una legge che contrasti l’omofobia, sono favorevole anche al riconoscimento delle coppie omosessuali a – aggiungeva –, ma far digerire al mio partito questa legge non è facilissimo, ci sono opinioni da rispettare», annunciava la portavoce del Pdl alla Camera.
Della difficile situazione veniva investito, ufficiosamente, anche Palazzo Chigi, che preferiva non prendere parola sulla delicata questione, pur seguendone attentamente l’evoluzione. E l’emendamento serale del Pd, dopo che anche Famiglia Cristiana aveva segnalato il silenzio del partito sul tema, sembra farsi carico anche delle preoccupazioni del premier.‚Äã
Angelo Picariello
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