Una speranza per i giovani arabo-cristiani di Terra Santa. Ci troviamo in un territorio conteso e condiviso, al confine tra Israele e la Cisgiordania, nel cuore del conflitto israelo-palestinese. Non si direbbe che a pochi chilometri da qui ci sia il deserto...
del 16 ottobre 2010
Basta confrontare poche fotografie, scattate da un anno all'altro, per capire come stia cambiando la morfologia della popolazione che abita la Terra Santa. Nelle piccole strade di Betlemme o della città vecchia di Gerusalemme si accalcano, tra i luoghi sacri al cristianesimo, donne velate sempre più numerose, testimonianza di un esodo da parte degli arabo-cristiani che vivevano in queste città dal profondo valore spirituale e simbolico. Questa tendenza si sta espandendo in tutti i Paesi mediorientali, dove oramai i cristiani non superano solitamente lo 0,5 per cento della popolazione.
In questo contesto ferito da continui conflitti e annose divergenze si inserisce l'impegno di tante iniziative di congregazioni religiose, tra cui quella dei salesiani che propongono, con la loro cantina di Cremisan, con il centro artistico e con un museo che raccoglie una collezione di presepi, un nuovo modo solidale per trattenere i giovani arabo-cristiani nel Paese d'origine, offrendo loro una buona opportunità di lavoro.
Ci troviamo in un territorio conteso e condiviso, al confine tra Israele e la Cisgiordania, nel cuore del conflitto israelo-palestinese. Non si direbbe che a pochi chilometri da qui ci sia il deserto. Il paesaggio è quieto, profumato dal gelsomino e dagli abeti e pini che accompagnano i viali. Qui sorgono la cantina e la casa salesiana di Cremisan. Era il 1882, quando don Antonio Belloni, giovane missionario italiano appartenente al patriarcato latino di Gerusalemme, iniziò l'acquisto di vari appezzamenti di terreno in quest'area, per un totale di circa 64 ettari. La regione allora appariva arida e per lo più abbandonata. Appurata al contrario la generosità della terra, don Belloni decise di avviare una cantina che, grazie alla produzione e alla vendita del vino, potesse contribuire non solo economicamente al sostentamento dei religiosi e delle loro opere, ma soprattutto a quello dei poveri e dei giovani orfani presenti in quella zona, con il desiderio di offrire loro non solo un luogo dove vivere, ma anche un'adeguata formazione professionale.
Oggi l'area di Cremisan è una delle più belle località della Giudea, non solo per il suo ambiente naturale, ma anche per l'opera della comunità salesiana che, in oltre cento anni, ha fatto di quelle prime vigne e di quella prima cantina una vera e propria azienda agricola. La collina su cui sorge la casa, costruita sulle rovine di un monastero bizantino del VII secolo, si trova a cinque chilometri da Betlemme e a dodici da Gerusalemme. In un territorio immerso da così tanto tempo nel conflitto, il lavoro del salesiani si propone di essere un esempio pacifico di tolleranza per queste terre. Ma la storia di Cremisan e della sua cantina, nonché del centro artistico e del museo, punti di riferimento per l'economia locale, si scontreranno con quel muro che attraverserà anche i terreni di proprietà salesiana, creando notevoli difficoltà nella gestione dei vigneti e della cantina, nonché la grave perdita di lavoro per molte famiglie palestinesi, cristiane e musulmane. E sarà proprio questa la sfida per la comunità salesiana, che cercherà di diventare l'anello di congiunzione delle differenze. Il conflitto, la difficile convivenza religiosa, la chiusura dei territori non hanno impedito ai salesiani e ai collaboratori del Volontariato internazionale per lo sviluppo, di lavorare e di continuare nel loro impegno per la riqualificazione della cantina e del territorio, salvaguardando da un lato le specie vitigne autoctone e garantendo dall'altro posti di lavoro per la popolazione locale.
Oggi, a testimonianza di un progetto concreto, grazie anche all'interessamento di Riccardo Cotarella, uno dei maggiori enologi a livello internazionale, due giovani arabo-cristiani studiano in Italia, all'Istituto tecnico agrario di San Michele all'Adige, in provincia di Trento, per potere acquisire quelle competenze necessarie allo sviluppo della cantina di Cremisan. Questa iniziativa significa continuare a offrire possibilità di studio e di lavoro a chi, suo malgrado, è costretto a vivere tra confini che dividono, in territori eternamente imposti e contestati, in contraddizioni continue tra il credo religioso e la laicità politica e, spesso, alla tentazione di costruirsi un futuro altrove.
 
(©L'Osservatore Romano - 16 ottobre 2010)
 
Alessandra D'Asaro
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