L'ottimismo è una combinazione per aprire la cassaforte della vita ma ci vuole qualcuno che fornisca i “numeri” perché ottimisti non si nasce, si diventa.
del 03 gennaio 2011
 
          Nella vita di Don Bosco c’è una pagina di luminoso ottimismo: “Margherita entrò per prima nella nuova casa: tre stanzette nude e squallide, con due letti, due sedie e qualche casseruola. Sorrise, e disse al figlio: ‘Al Becchi ogni giorno dovevo darmi da fare per mettere in ordine, pulire i mobili, lavare le pentole. Ora potrò riposare molto di più’.
          Ripresero fiato, poi si misero tranquilli a lavorare. Mentre Margherita preparava un po’ di cena, Don Bosco appese alla parete un crocefisso e un quadretto della Madonna, poi preparò i letti per la notte. E insieme Madre e Figlio si misero a cantare. La canzone diceva: “Guai al mondo se ci sente / forestieri senza niente”.
          L’ottimismo è una combinazione per aprire la cassaforte della vita ma ci vuole qualcuno che fornisca i “numeri” perché ottimisti non si nasce, si diventa. Educare all’ottimismo significa prima di tutto creare e mantenere un’atmosfera familiare ricca di stimoli che nutra le quattro dimensioni più importanti della vita: fisica, affettiva, mentale e spirituale. Lo possono fare soprattutto i genitori con alcune semplici attenzioni.
          Dare ai figli una valida immagine di sé. Ammirate i vostri figli e dimostrate loro la vostra stima, fiducia e responsabilità. Il modo migliore consiste nel coinvolgerli sempre più nella vita della famiglia.
          Fornire loro dei punti di riferimento. Lo strumento più adatto sono i “no” che, soprattutto nei primi anni di vita “segnano” il cammino fisico e spirituale dei figli. I “no” siano sempre seri e attentamente motivati.
          Insegnare ai figli che i problemi si risolvono. I veri ottimisti si concentrano sulle cose che hanno e così non hanno più tempo per mettere a fuoco le ragioni della tristezza. In una famiglia che si dibatteva in grosse difficoltà, la madre trasmise a figli un messaggio di forte intensità: “È quando si fa buio che si possono vedere le stelle”. I figli non lo hanno mai dimenticato.
          Proporre delle mete e raggiungerle insieme. L’incertezza, l’oziosità, il “bricolage” morale provocano solo noia e pessimismo. Il potenziale umano è sbalorditivo, se solo decidessimo di usarlo. San Paolo, nella lettera ai Filippesi, scrive: “Infine, fratelli, prendete in considerazione tutto ciò che è buono, che è giusto, puro, degno di essere amato e onorato; ciò che viene dalla virtù ed è degno di lode” (Fil 4,8).
          Anche lui quindi pensa che noi possiamo scegliere i soggetti della nostra contemplazione e dei nostri pensieri: il contenuto della nostra mente è in gran parte a nostra discrezione e, facendo uso di questo potere selettivo, possiamo modificare il nostro mondo.Incoraggiarli sempre e abituarli allo sforzo. Evitate i falsi incoraggiamenti. Un incoraggiamento fasullo è in genere l’ultima cosa di cui un ragazzo ha bisogno. Semmai serve qualcuno che dica: “Siamo in un bel pasticcio ma, se tutti noi ci rimbocchiamo le maniche, possiamo fare qualcosa per uscirne”. Impedite loro di commiserarsi con troppa facilità o di prendersi mentalmente a calci.
          Esistono persone che vivono di catastrofismo, quasi fossero dei “telegiornali ambulanti” , prevedono guai a ogni istante, si sentono incapaci, inadeguati, colpevoli di tutto. Un bambino deve crescere senza pensare al “fallimento”. I figli devono essere educati alla fiducia in se stessi e nel futuro. Insegnate come si può dominare il proprio temperamento.
          Cercare la compagnia di persone ricche di speranza. È davvero vitale crescere in un ambiente ricco di stimoli costruttivi. Cercate un rinforzo sociale positivo.Coltivare la fantasia e la creatività. Donate loro abitudini intellettuali. Abituateli a vedere il bello, ascoltate musica, fate passeggiate, ridete spesso.
          Aiutarli a vincere i punti deboli. Devono essere e sentirsi “competenti” in qualcosa.Alimentare con cura lo spirito. La cosa peggiore che può capitare ad una persona è la perdita della forza dello spirito. Ma lo slancio spirituale tende ad “evaporare” nelle famiglie che non si ritagliano uno spazio per leggere e meditare sulla fede e, soprattutto, per pregare insieme.
          Da: “Educare all’Ottimismo”, Bollettino Salesiano, giugno 2006
Bruno Ferrero
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