Il 12 luglio è passato da questo mondo al Padre, nel suo monastero di Mont-des-Cats (Francia), p. André Louf, monaco trappista e autore spirituale tra i più noti anche in Italia.
del 23 luglio 2010
 
                  Il 12 luglio è passato da questo mondo al Padre, nel suo monastero di Mont-des-Cats (Francia), p. André Louf, monaco trappista e autore spirituale tra i più noti anche in Italia. Era nato a Leuven (Belgio) nel 1929 ed era entrato in monastero nel 1947, poco dopo la II guerra mondiale.
 
 
                  Nel 1963 è eletto abate di Mont-des-Cats, ministero che svolgerà per 34 anni, guidando la sua comunità con sapienza e discernimento negli anni del concilio Vaticano II e del successivo “aggiornamento” teso a una rinnovata fedeltà del monachesimo alle sue istanze evangeliche. Con la sua paternità spirituale ha formato generazioni di monaci, alcuni dei quali divenuti a loro volta abati di altri monasteri.
                  Lasciata la carica abaziale nel 1997 si era ritirato a vivere da eremita presso le suore benedettine di Santa Lioba in Provenza, e da lì non mancava di far udire la sua voce discreta e sapiente con la parola e gli scritti. Uomo nutrito alle fonti dei padri d’oriente e d’occidente, da “innamorato” competente aveva anche tradotto alcune perle del pensiero siriaco di Isacco di Ninive e di autori della mistica fiamminga.
                  Nel 2004, su invito di papa Giovanni Paolo II, p. André Louf aveva composto le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì santo al Colosseo.
                  Uomo senza confini e tenace ricercatore della Bellezza e dei suoi riverberi nella realtà, ci hanno sempre colpito in lui una straordinaria capacità di ascolto - nella cui qualità terapeutica credeva fermamente -, la potente forza di intercessione e la fedeltà alla preghiera di ogni giorno, il suo incessante ministero di consolazione, il discernimento penetrante sempre pronto a stendere il mantello del perdono sul male, il primato assoluto della misericordia e della condiscendenza (synkatàvasis) nei rapporti fraterni e verso i fatti della vita.
                  Rispetto a questi ultimi, ha sempre messo in guardia dallo sconfinare nell’amarezza, ammetteva la possibilità di momenti di tristezza che vanno ospitati con magnanimità e sorriso, e tuttavia, progressivamente di più, si affermava in lui la ricerca sempre più acuta della Luce, che egli trovava nei piccoli fatti quotidiani e nelle persone che incontrava, quali tracce della Luce increata, della Luce divina di cui ora è finalmente avvolto. Ha vissuto un’attitudine crescente allo sguardo di limpidezza e di sincerità, su di sé e sugli altri, di stupore e di meraviglia verso tutto il creato, nella convinzione che il bene rimane più profondo del male più profondo.
                  Così, grazie ad un apprendistato esigente e una perseveranza a caro prezzo era divenuto nel volgere di lunghi anni uomo di trasfigurazione. E la sua fiducia illimitata nella Grazia non ha mai rischiato derive di disincarnazione, ma è stata, piuttosto, radicale assunzione della debolezza, sull’esempio del Maestro mite e dolce di cuore che è passato facendo il bene, guarendo, sedendo alla tavola dei pubblicani e dei peccatori.
 
In questo link, troverai alcuni dei suoi testi e delle sue meditazioni.
Enzo Bianchi
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