Il Paese asiatico celebra Aitzaz Hasan Bangish, che ha affrontato un attentatore diretto al suo istituto ed è morto con lui. «Volevano una strage, volevano distruggere tutto».
In Pakistan Aitzaz Hasan Bangish è già stato paragonato a Malala Yousafzai, la 14enne che nel 2012 fu ferita dai talebani per quanto scriveva su istruzione e diritti delle donne. Il coraggio della ragazza premiata quest’estate all’Onu è lo stesso che ha avuto lunedì il 15enne del villaggio di Ibrahimzai, nord-ovest del Paese, che ha perso la vita dopo aver affrontato un kamikaze che stava entrando nella sua scuola.
LA DINAMICA
La sua storia in pochi giorni è diventata conosciuta in tutta la nazione, travalicando i confini e arrivando sulla stampa di mezzo mondo, che celebra e rende omaggio al sacrificio del 15enne. La ricostruzione di quanto successo quella mattina fa capire perché ora il villaggio di Ibrahimzai parla del ragazzo come di un eroe: Aitzaz e suo cugino si erano insospettiti nell’incontrare un giovane con l’uniforme della scuola che, proprio a loro, domandava dov’era l’istituto. Ulteriore sospetto aveva destato l’abbondante massa che l’uomo teneva sotto gli indumenti, a rivelare il giubbotto esplosivo tenuto nascosto. Così Aitzaz ha tentato di fermarlo: prima gli ha intimato lo stop, poi gli ha lanciato un sasso, infine lo ha inseguito e preso per le braccia. Il suo fisico abbondante (a scuola era chiamato “pehlwan”, lottatore) ha attutito l’esplosione, e ha fatto in mondo che le vittime dell’attentato fossero solo loro due e nessun altro dei 2mila studenti della scuola.
«È UN MARTIRE»
È il cugino Mudassar che racconta alla tv locale quei minuti drammatici: «Volevano una strage, volevano distruggere tutto». Gli fa eco il padre di Aitzaz: «È uno shahid, un martire. Ha fatto piangere di disperazione sua madre, ma ha evitato ad altre decine di madri di piangere i loro figli». Ora l’intero villaggio di Ibrahimzai chiede che al ragazzo venga dato il riconoscimento di “Nishan-i-Haider”, che è la medaglia più prestigiosa che possa essere offerta ad un militare. «Ci proviamo lo stesso, anche se Islamabad dirà che era un civile e non ne ha diritto». A rivendicare l’attacco è stato invece il gruppo Lashkar-e-Jhangvi, conosciuto per aver già portato avanti azioni delittuose contro gruppi sciiti del Paese, che sono quasi 35 milioni, un quinto della popolazione. Le violenze contro di loro sono sempre di più, a causa, si dice, di un’alleanza sempre più stretta tra miliziani anti-sciiti e talebani del Pakistan.
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