Parlami di Dio

Un mio amico, padre di cinque figlie, Daniele Castellari, ha scritto un libro con questo titolo, dove racconta, in modo felice, come genitori ed educatori possono narrare Dio ai propri ragazzi fin dall'infanzia. Si parla poco di Dio nelle nostre famiglie: sembra argomento tabù come quello della sessualità. Con troppa facilità i genitori lasciano ad altri, sacerdoti e suore, catechisti e catechiste, il compito della formazione religiosa, che mettono sullo stesso piano dei corsi di nuoto o di danza o di calcio, dove i ragazzi sono costretti a passare obbligatoriamente il loro tempo libero.

Parlami di Dio

da L'autore

del 19 gennaio 2008

Un mio amico, padre di cinque figlie, Daniele Castellari, ha scritto un libro con questo titolo, dove racconta, in modo felice, come genitori ed educatori possono narrare Dio ai propri ragazzi fin dall’infanzia.

Si parla poco di Dio nelle nostre famiglie: sembra argomento tabù come quello della sessualità. Con troppa facilità i genitori lasciano ad altri, sacerdoti e suore, catechisti e catechiste, il compito della formazione religiosa, che mettono sullo stesso piano dei corsi di nuoto o di danza o di calcio, dove i ragazzi sono costretti a passare obbligatoriamente il loro tempo libero.

Lasciare la religione fuori da ogni discorso, secondo l’antropologo e sociologo Clifford Geertz, «non equivale a mettere in scena l’Amleto senza il principe, quanto piuttosto a cancellarne la trama. Il mondo non va avanti solo grazie alla fede religiosa, ma senza di essa gli è difficile andare avanti».

È vero: Dio ha un suo riserbo, non si impone, si propone con amore. Tocca a noi rispondere, conoscendolo, stimandolo, comunicandolo come dono agli altri.

Una cosa è certa: se Dio prende casa in una famiglia, dove non esiste solo la preoccupazione per la salute fisica dei figli, per la loro istruzione scolastica, sarà più intensa l’attenzione al senso da dare alla vita, a mettere le basi per una retta coscienza del bene e del male, all’apprendere le leggi fondamentali del vivere insieme, a far maturare nei figli la consapevolezza di una vita che è preziosa e della quale bisognerà rendere conto a Chi ce l’ha donata, una vita che spazia oltre il tempo, nell’eternità.

Educare i figli quindi non è solo farli crescere nel benessere fisico, economico, psicologico, affettivo, ma nello star bene che nasce dallo scoprire di essere figli di Dio, parte della sua famiglia, la Chiesa, che trova in Gesù Cristo «la via, la verità, la vita».

Per questo compito non si richiede una laurea in teologia, ma alcuni interventi nel quotidiano, che testimoniano quanto sia importante il riferimento a Dio, al Vangelo, alla Chiesa: una preghiera prima dei pasti, la sera e al mattino; un commento ad un avvenimento televisivo, il cambiare canale perché la violenza o la volgarità offendono la dignità della persona umana, della donna; un giudizio critico su fatti di cronaca nera, un mettere in discussione stili di vita, la scelta di un quotidiano da leggere al posto di un altro; lo spazio nella biblioteca alla Parola di Dio, che è la Bibbia o il Vangelo da sfogliare qualche volta insieme; il sostenere le iniziative della parrocchia o dell’oratorio, partecipare ad incontri rivolti a genitori, la partecipazione alla Messa festiva...

Sarebbe errato e dannoso se alla domanda dei figli: «Parlami di Dio», si rispondesse: «Non tocca a me, chiedi al prete o al tuo insegnante di religione!». Questo avviene quando l’adulto è cresciuto analfabeta nella fede o lo è diventato, abbandonandola. Ma ci sarà sempre per tutti «un certo giorno» in cui non sarà possibile far finta di niente e il parlare di Dio potrebbe essere quella luce che illumina il mistero della vita e della morte.

Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano

don Vittorio Chiari

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