Invita le parrocchie della Terra Santa a spegnere le luci per cinque minuti in solidarietà...
Di celebrazioni natalizie senza il cuore appesantito da guerre e violenze purtroppo a Betlemme non se ne ve vedono da tempo. Ma quest'anno l'intifada dei coltelli - che va avanti senza fare più nemmeno notizia sui giornali di tutto il mondo - e i tanti spezzoni mediorientali della «guerra mondiale a pezzi» rendono la situazione ancora più critica. E allora ancora più forti diventano le parole del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal nel messaggio di Natale, diffuso oggi a Gerusalemme.
Parole intrise di stanchezza e di esasperazione per il sangue che continua a scorrere. E che la Chiesa della Terra Santa ha deciso quest'anno di sottolineare con due gesti eloquenti: «La situazione attuale - scrive il patriarca - ci suggerisce di limitare gli aspetti più appariscenti delle celebrazioni a favore di un approfondimento del loro significato spirituale. Per questo invitiamo ogni parrocchia a spegnere per cinque minuti le luci dell’albero di Natale, in segno di solidarietà con tutte le vittime della violenza e del terrorismo. Parimenti, la Messa di Natale sarà offerta per le vittime e i loro familiari, perché possano riprendere coraggio e aver parte della gioia e della pace del Natale».
Il suffragio nel luogo specifico dove si celebra la nascita di Gesù. È il paradosso in cui c'è tutto il dolore dei cristiani del Medio Oriente, ma anche la fede nell'unica strada che può davvero cambiare le cose. «Che dolore vedere, ancora una volta, la nostra amata Terra Santa presa nel circolo infernale e sanguinoso della violenza - annota il patriarca Twal -. La sofferenza dei popoli di questa terra è la nostra, non la possiamo ignorare. Ne abbiamo abbastanza. Siamo stanchi di questo conflitto e di vedere la Terra Santa insanguinata».
Chiarissimo il messaggio rivolto ai leader politici di Israele e della Palestina: «Basta rimandare, basta con le esitazioni e i falsi pretesti! Rispettate le risoluzioni internazionali, ascoltate la voce dei vostri popoli che aspirano alla pace e agite nel loro interesse. Ciascuno dei due popoli della Terra Santa ha diritto alla dignità, a uno Stato indipendente e ad una sicurezza duratura». Ma è dura anche la denuncia che da Gerusalemme viene sull'atteggiamento dellacomunità internazionale rispetto ai conflitti che scuotono la regione: «Siamo di fronte all’assurdo e alla doppiezza più totali: si parla da una parte di dialogo, di giustizia, di pace e si promuove, dall’altra, la vendita delle armi ai belligeranti. A questi trafficanti d’armi senza scrupoli e senza coscienza diciamo: convertitevi».
«La risposta militare e l’uso della forza non possono risolvere i problemi dell’umanità», ammonisce il patriarca latino di Gerusalemme. Che indica anche alla politica la strada opposta, quella della misericordia annunciata dal Giubileo: «La misericordia è atto politico per eccellenza, a condizione di considerare la politica nel suo senso più nobile, cioè la presa in carico della famiglia umana a partire dai valori etici, dei quali la misericordia è una componente fondamentale, che si oppone alla violenza, all’oppressione, all’ingiustizia e allo spirito di sopraffazione».
Infine l'invito ai pellegrini a non abbandonare la Terra Santa, ma a continuare a visitarla, soprattutto in questo Anno Santo. «Non devono avere paura di venire - spiega -. Malgrado la situazione tesa, in questa Terra i loro itinerari sono senza rischi». Proprio domenica scorsa Twal ha aperto la Porta Santa di Gerusalemme al Getsemani, l'orto degli ulivi narrato nella Passione di Gesù. Una Porta al cui ingresso è stata significativamente posta una croce, il segno che indica la strada percorsa da Gesù in quel luogo per vivere fino in fondo la misericordia.
«La nascita di Cristo - conclude il patriarca - è segno della misericordia del Padre e promessa di gioia per noi tutti. Che questo messaggio illumini il nostro mondo ferito, consoli gli afflitti e gli oppressi, converta i cuori dei violenti».
Giorgio Bernardelli
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