Tra le tante cose della vita non perdiamo di vista ciò che conta davvero, ricordandoci che "l'essenziale è invisibile agli occhi" e che "non si vede bene che con il cuore".
del 14 ottobre 2009
Un rabbino, saggio e timorato di Dio, una sera, dopo una giornata passata a consultare i libri delle antiche profezie, decise di uscire per la strada a fare una passeggiata distensiva. Mentre camminava lentamente per una strada isolata, incontrò un guardiano che camminava avanti e indietro, con passi lunghi e decisi, davanti alla cancellata di un ricco podere. “Per chi cammini, tu?”, chiese il rabbino, incuriosito. Il guardiano disse il nome del suo padrone. Poi, subito dopo, chiese al rabbino: “E tu , per chi cammini ?”. Questa domanda si conficcò nel cuore del rabbino.
 
Questa storiella deve metterci subito in discussione! Sì, proprio all’inizio di quest’anno sociale, lavorativo, universitario dobbiamo già fermarci e porci questa fondamentale domanda: “Per chi cammino?” e “Per chi camminiamo?”. Non è un perdere tempo bensì è il modo migliore per guadagnarlo anziché scoprire che, dopo tanta strada e fatica, siamo andati da tutt’altra parte. Cosa significa? Facile! Spesso crediamo di essere nel giusto, di fare tutto meglio di altri, di essere sulla retta via; lo pensiamo in buona fede, ma questo non basta per seguire Gesù.
 
Anche il “giovane ricco” del Vangelo seguiva i Comandamenti, ma non ciò non bastava per la vita eterna. Non ti capita mai di pregare con tante formule, fare lunghe riunioni, ascoltare bei discorsi, ma di trovarti sempre allo stesso punto senza aver fatto qualche passo avanti nella fede? Non ti sembra a volte che le tue scelte personali in materia di cammino di fede e quelle del gruppo o comunità puntino verso il basso, al massimo verso il minimo indispensabile, piuttosto che verso l’alto o a prendere il largo? Il rabbino della storia era un grande studioso, sapeva molte cose, partecipava a tutti gli incontri come te, faceva il catechista, il maestro del coro, il volontariato, ma dov’era Dio nella sua vita? Per chi camminava, cioè per chi faceva tutto questo?
 
Dobbiamo lasciarci penetrare da questa domanda di senso riscoprendo personalmente o nel gruppo il dono del Battesimo, un “sì” che va rinnovato quotidianamente per la nostra salvezza e per quella dei nostri coetanei. Il resto sono solo discussioni, a volte vane o ridondanti, o al limite conseguenze, poiché non ci salveranno i tanti impegni in oratorio o in parrocchia, né il nostro essere responsabili di gruppi o associazioni, né la stima del prete o della suora, poiché siamo stati chiamati per altro, per qualcosa di più grande, per il cielo, tutte mete che non possiamo lasciarci sfuggire per il nostro egoismo, la vanagloria, il rispetto umano, i beni materiali, il desiderio di primeggiare, i mille impegni, l’ignoranza della Parola di Dio, l’autocentrarsi, l’autocommiserazione, la vanità, il sentirsi arrivati, ecc.
 
Caspita, quanti difetti! Tutti in noi, tutti in me? Non è vero, non è possibile, non accadrà mai; lo disse anche Pietro a Gesù, lo rassicurò della sua fedeltà e sappiamo come finì.  Ciò non deve spaventarci perché noi conosciamo la vera fine della storia, noi conosciamo il Vangelo che è la buona notizia di Cristo morto e risorto, degli Apostoli che superano le proprie debolezze nel nome di Gesù. Vale anche per noi, si tratta solo di ritrovare il “segreto” che ci è stato messo in cuore, quando abbiamo incontrato Gesù, la sua Chiesa, quando ci siamo preparati e abbiamo ricevuto pubblicamente la Comunione e la Cresima. Ce l’abbiamo dentro “il cielo”, le ali sono già ai nostri piedi, la strada è stata tracciata.
 
Coraggio e sta’ sereno!
 
Marco Pappalardo
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