Sembra che il mondo intero sia impazzito, che la situazione debba precipitare da un momento all'altro e che l'unica Legge valida sia quella mutevole del cambiamento...
Sembra che il mondo intero sia impazzito, che la situazione debba precipitare da un momento all’altro e che l’unica Legge valida, in questo continuo susseguirsi d’incertezze e paure, sia quella mutevole del Cambiamento; che tutto il meglio sia quello che arriva e il peggio ciò che si ostina a restare. E per chi osa opporsi alla equazione fra Nuovo e Buono, scattano fulminei disapprovazione sociale ed isolamento.
Per fortuna, però, a fermare questa deriva ci pensano le parole. Per fortuna c’è la parola «vita», che è e sarà sempre l’esatto opposto della parola «morte», e verrà sempre prima della parola «libertà», così che nessuno – se sceglie di non mentire – possa negare che dal momento del concepimento in poi ci sia «vita» e non altro, nel grembo di una donna, ed affermare che eliminare quella «vita», provocandone la «morte», possa essere esercizio di «libertà».
Per fortuna ci sono pure le parole «papà» e «mamma», le prime ad essere imparate dai bambini di tutto il mondo e le prime, oggi, finite nel micidiale mirino della Legge del Cambiamento, che vorrebbe sostituirle con «genitore 1» e «genitore 2», per nascondere la forza che il solo pronunciare «papà» e «mamma» puntualmente scatena: è la forza del Vero, di quello che il Falso non potrà mai negare ma solo, con pietosi paraventi lessicali, tentare di nascondere.
E per fortuna che c’è la parola «matrimonio», che sa di promessa vera solo se mantenuta, e sa di mater - di «mamma – sottolineando il fatto che la «famiglia» (altra parola della cui esistenza è bene essere grati) è compiutamente tale solo con «papà», «mamma» e «figlio», parola a sua volta speciale al punto che la Legge del Cambiamento, spesso, la vuole sostituita con «prodotto del concepimento», «zigote», «grumo di cellule», «feto», «embrione»
Ma per fortuna la parola «figlio» c’è, e resiste. Così come resiste, nonostante tutto, la parola «amore», che sa di cose belle e fa rima con una parola diversa solo in apparenza: «sempre». Perché l’«amore» è autentico solo se è per «sempre», e nei tanti per «sempre» che un genitore sussurra al figlio e il fratello assicura alla sorella e lui promette a lei non cambia, ma rimane com’è: forte, in grado di sopportare prove e regalare gioie. E capace, anche dopo anni e decenni, di farsi chiamare ancora così: «amore».
Giuliano Guzzo
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