“Per questo sono venuto: per essere RE !”

“Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo”.

“Per questo sono venuto: per essere RE !”

da Teologo Borèl

del 19 novembre 2009

 

FESTA  DI  CRISTO  RE

22 novembre 2009

“Per questo sono venuto: per essere RE !”

 

 Letture: Daniele 7, 13-14             Apocalisse 1, 5-8                           Giovanni 18, 33-37

 

 

 

 

Il vangelo di domenica descrive Gesù di fronte a Pilato, prima della sua condanna a morte. In questa occasione, rispondendo alla domanda di Pilato che lo incalza, Gesù si proclama re: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo”. Di lì a poco sarà fatto flagellare, gli verrà messa sul capo una corona di spine e inizierà il suo cammino verso il Calvario.

 

Gesù è in una condizione di debolezza estrema, senza alcun potere, anzi all’ultimo gradino della scala sociale, quello riversato ai condannati a morte. Eppure, è proprio in questo momento che si proclama re. Come mi colpisce questo. Gesù afferma la sua regalità nel momento di maggiore spoliazione, invitando Pilato a guardare nell’ottica giusta la natura del suo regno, non caratterizzato dalle dinamiche terrene del potere. ”Il mio regno non è di questo mondo”. E’ un regno che cresce nei cuori e che ha la sua piena realizzazione in paradiso.

 

Ogni anno questa festa della regalità di Gesù mi riempie di speranza. E’ come riscoprirmi tra le braccia di un padre grande e potente, la cui forza è sempre maggiore di quella che riesco a pensare. E sentirmi così “figlia di Re”; anch’io forte della sua forza. Viva della sua vita. Libera, in quanto figlia di Dio.

 

La seconda lettura descrive quale sia la fonte della libertà dei figli di Dio, definendo Gesù con queste parole: “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno“. Essere figli, liberi, rivestiti di una dignità regale, significa dunque ricevere una vita nuova scaturita dal sacrificio di Gesù, dal suo sangue versato.

 

Mi viene in mente un’immagine che accosto all’esperienza di sentire Gesù re della propria vita, nell’accoglienza del suo sacrificio.

Faccio riferimento al film “Sette anime” che ho scoperto proposto sul sito del Progetto Tartaruga e che avevo visto al cinema diversi mesi fa. Questo film, pur presentando alcuni nodi controversi nella sceneggiatura, è la storia del sacrificio di una vita per salvarne un’altra: il protagonista dona il suo cuore alla donna che ama, gravemente malata e prossima alla morte, aprendo per lei una nuova possibilità di vita.

 

Ciò che fa Gesù col suo sacrificio: ci dona se stesso perché possiamo vivere una vita nuova, in lui. “Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me”- così scriveva san Paolo. Ovviamente la differenza tra Gesù e il protagonista del film è notevole: uno subisce la morte ingiustamente e l’altro se la procura con il suicidio. La vita resta pur sempre un bene indisponibile.

 

Quando si sperimenta la potenza della morte e la propria debolezza, si sente anche tutta la regalità del Cuore di Gesù innestato nel nostro petto e che solo, continua a farci vivere. Nel film la donna destinataria del trapianto è ritratta in una scena mentre ascolta immobile i battiti di quel cuore nuovo che le è stato messo nel petto: i suoi occhi esprimono tutta la gratitudine di chi sente di essere stato salvato; e si rigano di lacrime al pensiero del sacrificio che è alla base di quella salvezza e della sua nuova vita. E’ così che Gesù regna in noi: donandoci una vita nuova unita a Lui.

 

Il sacrificio di Gesù è avvenuto una volta sulla croce, duemila anni fa. Questo forse potrebbe apparire un fatto lontano, estraneo dalla nostra vita. Ma nell’Eucaristia esso si rinnova, qui e oggi, per ciascuno di noi. Non si tratta del ricordo di un evento passato, ma di una presenza. Come scriveva san Massimiliano Kolbe:

 

“Il Tuo Cuore non ha acconsentito a far sì che io mi dovessi nutrire unicamente dei ricordi del Tuo smisurato amore. Sei rimasto su questa misera terra nel santissimo ed oltremodo mirabile Sacramento dell'altare ed ora vieni a me e ti unisci strettamente a me sotto forma di nutrimento... Già ora il Tuo sangue scorre nel sangue mio, la Tua anima, o Dio incarnato, compenetra la mia anima, le dà la forza e la nutre.”

 

Le parole di san Massimiliano richiamano un vero “innesto” di vita in Gesù, una compenetrazione tale che non ci sia più posto per la lontananza, per la separazione. Così scriveva infatti san Paolo:“Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” Gesù ha attraversato e vinto per noi il male che ci può separare da lui; le sue ferite hanno pagato il nostro orgoglio, le spine che hanno bucato la sua testa la nostra superbia; il suo corpo denudato ha espiato la nostra mancanza di pudore e la nostra malizia. La sua debolezza è diventata la nostra forza.

 

Il dono dell’Eucaristia è la possibilità di ricevere questa forza e risorgere insieme a Lui, vincendo il male che è in noi.

 

Gesù ha voluto che la sua Pasqua si rinnovasse nei secoli attraverso i sacerdoti: “Fate questo in memoria di me”. A loro ha affidato i sacramenti dell’Eucaristia e della confessione per portare il suo amore nel corso della storia.

 

Il santo curato d’Ars scriveva così: “Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù”. E’ dolce richiamare queste parole alla luce della festa di Cristo Re e in questo anno- quello che va dal giugno 2009 al giugno 2010- dedicato dal Papa proprio ai sacerdoti.

 

Il Cuore, l’amore di Gesù, è alla base del suo sacrificio, dell’offerta di Se Stesso al Padre come vittima di espiazione per i nostri peccati. Gesù è un Re d’Amore. Nell’impotenza terrena, quella della sua passione, condannato a morte e torturato, ha manifestato l’onnipotenza dell’Amore e il vero volto di Dio.

 

A volte le circostanze della vita mettono tanti limiti all’amore, alla nostra capacità di fare il bene che vorremmo. In Gesù però ogni nostra piccola offerta, ogni dolore, ogni pezzo di vita, anche se sterile o inutile, donata a lui diventa salvifica.

 

Il vuoto che c’è nel nostro petto si riempie dell’amore di Gesù: questo significa essere figli di Dio, capaci di amare col suo cuore e di unirci alla sua offerta per la salvezza degli uomini. Un potere davvero grande: fare del bene inimmaginabile, non solo per la felicità terrena dei nostri fratelli, ma per la loro salvezza eterna.

                                                                                             

 

Studentessa universitaria

 

don Gianni

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