Disteso su un marciapiede per osservare dall'alto la vergogna di non essere più l'uomo che volevo.Come trovarmi se non nello specchio della mia disperazione.L'essere che dorme in un cartone, mangia dal cassone della tua immondizia.Ma quale immondizia più grande del non essere, di una umanità perduta o mai avuta.
del 28 luglio 2008
Disteso su un marciapiede per osservare dall’alto la vergogna di non essere più l’uomo che volevo.
Come trovarmi se non nello specchio della mia disperazione.
L’essere che dorme in un cartone, mangia dal cassone della tua immondizia.
Ma quale immondizia più grande del non essere, di una umanità perduta o mai avuta.
Franco                                                         
 
Benvenuta tra i senzatetto
Treno regionale per Venezia. Lì mi aspetta Eleonora, passeremo assieme la sera.
Devo scrivere un articolo su “barboni e nuovi poveri”, così le ho chiesto di darmi una mano. E lei me la offre mettendo le mie mani all’opera. Non so bene che aspettarmi, ma sono così curiosa che qualsiasi cosa andrà benissimo.
Le informazioni che ho sono pressoché indizi: 17.30 ritrovo, alle 20 siamo in stazione a distribuire panini, La Ronda. Della serie vieni e vedi… io vado.
 
Ore 18.15, in campo Ognissanti aspettiamo Manuela. Lei mi spiegherà quali sono le iniziative de La Ronda, gruppo di giovani volontari che si occupa dei senzatetto di Venezia. Ci fa accomodare nel suo caotico appartamento ed inizia a raccontare:
noi siamo i ragazzi de La Ronda, andiamo in stazione tre volte la settimana, distribuiamo un pasto caldo, delle bibite, qualche capo d’abbigliamento, ma soprattutto parliamo con i nostri amici. Tutti pensano che andare a fare volontariato dai barboni significhi fare qualcosa per l’altro, noi invece andiamo a ricevere. Ci piace sederci sui gradini, per terra o sui loro cartoni per incontrarli, ma soprattutto per essere accolti da loro. Sera dopo sera si costruisce un rapporto, insomma, si diventa amici; il cibo è solo un pretesto per ritrovarsi. Per noi la sfida più grande è cercare di farli crescere nelle relazioni, perché solo così possono rompere le barriere che li costringono nella loro marginalità. Il nostro aiuto è un’occasione per liberarsi dalla strada, emanciparsi!
Io non credo di aiutare nessuno, semplicemente mi identifico con le persone che soffrono, perché anch’io in un periodo della mia vita sono stata davvero molto male. Ed è lì che ho sperimentato che se qualcuno ti sta vicino le cose possono cambiare. La sofferenza e povertà si possono superare solo mettendosi a guardare la realtà senza veli, con occhio critico, privi di illusioni o nascosti in menzogne. Per fare questo a livello sociale c’è bisogno di noi giovani,  della nostra forza e spirito profetico.
 
Che energia questa ragazza, un metro e quarantatre di potenza! Non posso perdere quest’occasione,  così le faccio alcune domande su i suoi “amici” barboni e le povertà che incontra.
 
Chi sono i poveri?
Nella mia esperienza poveri sono i senzatetto, persone prive di casa, lavoro e denaro, quindi senza mezzi per andare avanti. Questa è povertà materiale, ma sul marciapiede incontri anche povertà fisiche, uomini e donne con problemi mentali, ritardi o handicap. In assoluto però la carenza maggiore è quella spirituale; c’è gente povera di cultura, principi, fiducia nella vita, affetti. In questa situazione è facile abbandonarsi all’alcol, alla droga o a rapporti deviati; così oltre che poveri ci si ritrova anche schiavi.
 
Tu ci parli dei barboni  anche come persone ricche…
Sono persone ricche di storia, hanno molto da insegnare a chi vuole confrontarsi apertamente con la vita. Paradossalmente, nonostante siano soli, spesso abbandonati dai loro familiari, hanno molto affetto da donare. Sono i così detti “scarti della società” ad avermi insegnato l’accoglienza.
Io li considero come una famiglia acquisita: mi danno il calore della confidenza, il loro conforto e vicinanza.
 
Che cosa spera un barbone?
Ciascuno di loro ha aspettative diverse, la sfida per noi volontari è capire la cosa giusta da affidare a ciascuno, la chiave per entrare nel loro cuore e dargli speranza. Credo anche che per loro la speranza stia nel trovare una persona amica che li accolga ed ascolti il loro dolore.
La gente che vive in strada spesso sogna cose che non ha mai avuto o che ha perso, può essere la famiglia per Luca, un lavoro per Kalid mentre Josef desidera dei soldi da mandare a casa sua, in Romania.
In fondo, tutto si riassume nella speranza di tornare alla normalità da cui sono caduti e ritrovare i propri cari.
 
Cosa si intende per nuove povertà?
Molte povertà sono nate come causa di uno stile di vita troppo consumista, nel senso che molti si sono fatti trascinare in un vortice di lusso sfrenato e modelli di ricchezza che non hanno saputo gestire, arrivando a perdere tutto. Altri sono per strada a causa di debiti, molti dei quali contratti a causa della rottura dei legami familiari.
Di sicuro però, la più grande povertà di ieri e di oggi è il non riconoscere che si è un accattone,  questo significa non guardare in faccia la realtà, non accettarla. E così non si potrà mai risalire.
 
Poi è arrivata l’ora dell’appuntamento. I nostri “amici” ci aspettavano in stazione, noi con termos di caffè, sacchetti di pane e un carrello pieno di cibo ci dirigiamo verso piazzale Roma.
 
Congedo in agro-dolce
Tornando a casa vedo il mio viso riflesso sul finestrino. Mi guardo con aria interrogativa… Dopo una serata di Ronda, strette di mano, piatti caldi, polsi segnati da lamette, bottiglie di vino per dimenticare i dolori o farli un po’ intorbidare, chi sono allora i poveri?
In una sera l’umanità che sfioro, schivo ed evito si lascia incontrare, basta solo provare a bucare la bolla di indifferenza in cui vivo. E lì ho trovato uomini e donne senza nulla se non loro stessi, e allora senti che quello che ti offrono è un pezzo della loro vita nascosto in una stretta di mano o il racconto di un tratto del loro cammino.
 
 
Al ristorante vedrai 
Chi ti guarderà
Aspettando gli scarti
della tua sazietà
Solo pochi avanzi
danno un sorriso
Ad altri invece
possono far solo schifo
Chi si scalda le mani
col proprio fiato
 Chi invece dal caldo è soffocato
Dal termosifone dell'avidità
 Chiude porte in faccia senza pietà
 
Da “Senza Tetto” dei Peter PunkChiara Bertato
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